L’Italia è il paese della polemica, si polemizza persino su uno spogliarello in salsa paesana alla festa del PD locale (VIDEO), quindi è strano che non sia partito lo scandalo sulla pubblicazione in rete del testo integrale del manifesto di Anders Behring Breivik trentaduenne autore delle stragi di Oslo (Qui il PDF).
Il malloppone è un’opera monumentale in formato PDF di ben 1516 pagine, ben lungi dalle 16.000 pagine di inchiesta fornite alla commissione parlamentare per le autorizzazioni a procedere per chiedere la custodia cautelare di Alfonso Papa, ma pur sempre un bel mattone da spulciare.
Il testo è naturalmente in lingua inglese quindi è probabile che gli indignati di professione o quantomeno il Moige, abbiamo pensato che il mix “molte pagine” + “lingua inglese” da solo potesse scoraggiare l’italiano medio più di qualsiasi censura.
Effetto ben maggiore fa infatti la foto del pazzo stragista che sorride dalla camionetta delle forze dell’ordine indossando un maglioncino rosso “Lacoste” e, in molti giornali online, con gli occhi rossi, aberrazione causata dalla luce dei flash che di solito si corregge con il fotoritocco, ma lasciata ad arte per conferire all’individuo un aspetto luciferino.
Breivik del neonazi ha poco, non ha la testa rasata, gli anfibi o il corpo disseminato di tatuaggi croceceltici alla stregua di un bodyguard qualsiasi di Michelle Hunzicker (leggi qui) e non va nemmeno a picchiare gli extracomunitari sui bus incidendo svastiche sulla pelle. E’ un ragazzone biondo, una via di mezzo tra Ronan Keaiting, leader dei Boyzone, una boyband slavata ad uso e consumo delle tempeste ormonali delle ragazzette di qualche anno fa e Thor, il mitico personaggio dotato di martello che tanto più si confà alle simbologie operarie marxiste.
Ma soprattutto il biondazzo scandinavo scrive, fiumi di parole direbbero i Jalisse, e schematizza incanalando dissenteriche disquisizioni ideologiche.
L’azione che poi è seguita alla teoria e che si è concretizzata con due stragi è il frutto di una considerazione banale. A parte la bomba fatta con il fertilizzante, tonnellate di fertilizzante che nemmeno Luca Sardella aveva mai visto, e che nelle modalità ricalca né più né meno le stragi di matrice islamica, Breivik si è recato su un’isoletta, bardato come un J.I. Joe, a sparare a raffica contro giovani inermi del partito laburista a convegno a forza di proiettili dum dum, quelli per abbattere gli elefanti.
Il ragionamento malato si basa su un concetto tanto semplice da sembrare quasi volgare, da cinepanettone: sono tutti lì riuniti, ci faccio un salto e in poco tempo risolvo la questione. Un po’ come l’idea dell’antipolitica tra i vecchietti in fila alle Poste in attesa di ghermire la pensione: “ci vorrebbe una bomba in parlamento quando sono tutti riuniti”.
Ma torniamo al documento.
Aprendo quello messo a disposizione su tutti i siti web di notizie ci si trova davanti una sorta di Treccani del delirio. Un indice ben dettagliato dei capitoli e sottocapitoli, un’introduzione che spiega per bene la genesi del testo e tremontianamente anche i costi sostenuti per redigerlo.
La lettura è scorrevole perché l’inglese è quasi tecnico, pomposo come per tutti i manifesti politici.
Ma il PDF di Breivik è più di un manifesto perché contiene quasi un libretto di istruzioni su come annientare la minaccia islamica e in generale l’ondata migratoria e di buonismo cosmopolita che secondo lui sta invadendo l’Europa e in particolare la sua terra di Norvegia.
Ce n’è un po’ per tutti, compreso l’attuale Papa perché non indice una bella crociata come si deve. L’aspetto religioso è come una sorta di colonna sonora sul testo senza mai sembrare frutto di un’esperienza religiosa seria bensì mitizzata, una Cavalcata delle Valchirie o se preferite l’ultrasuono che scaccia le zanzare dal desco familiare. Nel testo viene teorizzata persino la fondazione di una nuova religione europea.
Mi incuriosisce l’ultimo capitolo intitolato “Christian justification of the struggle” perché non mi suona nuovo e infatti il tema “la giustificazione cristiana per la lotta” è un caposaldo del manifesto ideologico di Theodor Kaczinsky meglio conosciuto come “Unabomber”, ben prima che questo nomignolo venisse affibbiato all’ingegner Elvio Zornitta e che un topo di laboratorio solerte gli smerigliasse le forbici di casa.
Salendo a ritroso nell’indice dal penultimo capitolo verso il primo, ci si rende conto rapidamente che tutto il documento non è altro che un aggregatore di idee revisioniste strampalate dove ci sono di mezzo anche i templari ma comunque non inedite, in alcuni passaggi presi a campione (leggerlo tutto in poco tempo è un’impresa che riuscirebbe solo all’onorevole Paniz (foto) già lettore assiduo di carte processuali in Parlamento) sembra un mix tra la trasmissione Voyager e un comizio di Borghezio.
Insomma il presunto genio sterminatore non è altro che un copiaincollista, una sorta di copista alla stregua di molti giornalisti di giudiziaria attuali ai quali capita pure di dover scappare dal terremoto in braghe di tela (video).
Che delusione! L’unico passaggio interessante a suo modo risulta la raccolta di istruzioni per confezionare una bomba con i fertilizzanti e altre storie paramilitari nel capitolo “Evaluating attack strategies: 1. Shock attacks, 2. Sabotage operations, 3. Manipulative proxy attacks” ma anche qua niente di inedito o di particolarmente sconvolgente.
Alla fin fine ci si trova di fronte ad una lunga omelia delirante con molto narcisismo e poca ciccia, un po’ come le articolesse domenicali di Scalfari su Repubblica.
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