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Il modello di Gheddafi: il massacro di Piazza Tien’anmen

Creato il 23 febbraio 2011 da Milleorienti

Il mondo arabo brucia, lacerato tra vecchi regimi autoritari, richieste popolari di cambiamento, esodi di disperati verso le coste Il modello di Gheddafi: il massacro di Piazza Tien’anmenitaliane e pericoli di nuove affermazioni del fondamentalismo islamico. L’Europa guarda attonita e impotente, e il nostro Paese fa la sua solita, pessima figura, in particolare nel caso della Libia, il cui regime l’Italia sostiene da trent’anni.  Complimenti anche ai nostri analisti politici esperti di mondo arabo, e ai nostri servizi segreti, tutti così brillanti nel prevedere la fine tumultuosa del regime libico, dove tanti interessi economici italiani sono presenti.

Di solito su MilleOrienti non si parla certo di nord Africa, ma oggi facciamo un eccezione per un personaggio che già più volte ha piantato le sue tende (letteralmente) nei parchi di Roma: il colonnello Gheddafi. Il quale volendo giustificare il massacro della popolazione libica ad opera dei soldati e dei mercenari al soldo del suo regime, si è rivolto al modello cinese: sono pronto a soffocare la rivolta nel sangue come fu fatto a Tien’anmen e a Falluja, ha dichiarato.

Per chi è troppo giovane per sapere o ricordare, ecco che cosa scrive Wikipedia:
«La protesta di piazza Tien’anmen (nota in Cina come incidente di piazza Tien’anmen, in lingua cinese: 天安门事故,

Il modello di Gheddafi: il massacro di Piazza Tien’anmen
pinyin: Tiānānmén shìgù) fu una serie di dimostrazioni guidate da studenti, intellettuali, operai nella Repubblica Popolare Cinese tra il 15 aprile ed il 4 giugno 1989. Simbolo della rivolta è considerato il rivoltoso sconosciuto che in totale solitudine e completamente disarmato affronta una colonna di carri armati: le fotografie che lo ritraggono sono popolari nel mondo intero e sono per molti un simbolo di lotta contro la tirannia»…

Ancora da Wikipedia:
«Ancora oggi le stime dei morti variano. Il governo cinese parlò inizialmente di 200 civili e 100 soldati morti, ma poi abbassò il numero di militari uccisi ad “alcune dozzine”. La CIA stimò invece 400–800 vittime. La Croce Rossa riferì 2600 morti e 30.000 feriti. Le testimonianze di stranieri affermarono invece che 3000 persone vennero uccise. La stessa cifra fu data da un sito inglese di Pechino. Le stime più alte parlarono di 7.000 – 12.000 morti. Organizzazioni non governative come Amnesty International hanno denunciato che, ai morti per l’intervento, vanno aggiunti i giustiziati per “ribellione”, “incendio di veicoli militari”, ferimento o uccisione di soldati e reati simili. Amnesty International ha stimato che il loro numero è superiore a 1000».

Complimenti dunque al Colonnello Gheddafi, per essersi auto-paragonato a chi si rese colpevole di una strage che è divenuta un “modello” per tutte le dittature, compresa quella libica Noi preferiamo, come modello, quello del rivoltoso sconosciuto che fermò i carri armati in mezzo alla strada, tenendo in mano un sacchetto della spesa. A ciascuno i suoi modelli.


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