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Il mondo è un palcoscenico

Da Se4 @londonse4

Shakespeare's_First_Folio_1623E’ di questi giorni la notizia ufficiale (dati alla mano, desunti dall’ultimo censimento) che la popolazione di Londra ha raggiunto gli 8 milioni di abitanti, con una crescita del 12 per cento nell’ultimo decennio. Questi dati, a seconda delle prospettive e degli orientamenti politici, possono essere letti in misura più o meno allarmante. Tuttavia, la popolazione di Londra non e’ certo nuova a queste fluttuazioni. La città ha da sempre attratto migranti, creando una forte domanda di beni e servizi. A partire dal secolo XVI, questa crescita ha avuto un impatto significativo sull’economia monetaria e Londra ha svolto un ruolo importante, trasformandosi nel centro predominante della  vita politica e sociale inglese. Sotto il Regno di Elisabetta I, la città subì una drammatica trasformazione, e la popolazione crebbe del 400% (!), raggiungendo le 200.000 unità. Tra i vari emigranti giunti a Londra tra il 1588 e il 1592, si trovava anche un attore e sceneggiatore di talento, originario di Stratford-upon-Avon. William Shakespeare, non solo seppe fare una rapida e brillante carriera (nel 1594 lavorava a corte, per the Lord Chamberlain’s Men), ma la sua compagnia teatrale divenne la più seguita in città. La mole di lavoro che Shakespeare ha lasciato ai posteri non è solo rimasta in auge per oltre 400 anni, ma ha contribuito a creare un’identità nazionale e ad arricchire la lingua inglese di oltre 3000 parole. Il teatro Elisabettiano era l’equivalente di quello che oggi rappresenta per noi il web. Il palcoscenico, con i suoi drammi e le commedie, apriva a nobili e popolani una finestra sul mondo, un mondo che da Londra e dall’Inghilterra si espandeva oltre, ai lidi dell’Italia e dell’Africa, fino alle propaggini dell’America. Al British Museum, i curatori Jonathan Bate e Dora Thornton, hanno ideato un modo affascinante per entrare nell’immaginario di Shakespeare, giustapponendo parole, testi e immagini. E, come le opere del grande autore hanno significati e associazioni diversi, così gli oggetti in mostra dialogano contemporaneamente su più livelli.
Grazie a questa mostra, ci viene presentato ciò che era noto ai contemporanei di Shakespeare, sia a Londra che a Stratford, in quanto a questioni sociali, religiose e politiche. Il visitatore è accolto con una vivace immagine di Londra e dei suoi teatri, delle risse e dei giochi, dei mercati e delle vie fluviali. E’ in questa sezione che si trovano oggetti interessanti, tra cui la forchetta rinvenuta di recente, negli scavi del Rose theatre. Ma questo è solo il preludio della mostra. In quello che segue, i curatori mostrano come Shakespeare abbia usato quello che aveva osservato e appreso in campagna, a corte, o nelle strade di Londra, per evocare i mondi immaginati nelle commedie. Il palcoscenico diviene dunque un luogo altro, in cui il pubblico inglese può esplorare luoghi lontani, al di fuori della propria esperienza, e dove storie ambientate a Venezia o l’antico Egitto riflettono le ansie e i dilemmi di una nazione.  Si va dal medioevo dei primi drammi scecspiriani, alla vita quotidiana raccontata nelle commedie, tra giardini, scienza e superstizioni, con grande caratterizzazione dei personaggi, per poi passare alle grandi tragedie, ambientate nell’antica Roma, in Egitto e nelle terre dei Celti. Agli oggetti provenienti da collezioni britanniche e internazionali, si affiancano brevi filmati, in cui gli attori della Royal Shakespeare Company recitano brevi brani, in modo da  riportare in vita le opere in mostra. Simbolicamente, il percorso espositivo si apre e si chiude con un volume delle opere di Shakespeare. Il primo è il celebre volume delle opere del Bardo, prima edizione completa, pubblicato nel 1623. L’altro, una raccolta economica stampata negli anni ’70. Aperto alle pagine del Giulio Cesare, si nota come Nelson Mandela, durante i duri anni di prigione, sottolineasse il passaggio che recita: “I vigliacchi muoiono molte volte prima della loro morte. L’uomo coraggioso sperimenta la morte una volta sola.”



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