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Si dice che Yorimitsu fosse stato accompagnato nella missione da Minamoto no Hosho e da quattro leggendari samurai al suo servizio, conosciuti come Shitennō (i Quattro Re Celesti): Watanabe no Tsuna, Sakata no Kintoki, Urabe no Suetake e Usui Sadamitsu, uno dei quali, nel manga di Go Nagai, è nientemeno che… (censura).In realtà, è probabile che la leggenda riporti in modo romanzato la vicenda reale di una banda di briganti o di rivoltosi, di cui Shutendoji era il capo, che si nascondeva sul monte Monte Ōe (大江山), nei dintorni di Kyoto. Questo gruppo avrebbe terrorizzato gli abitanti della città con continue scorribande il cui scopo era la rapina e il rapimento di giovani fanciulle. Non è un caso che il loro covo sia stato localizzato in una zona di passaggio qual era, per l'appunto, il monte Ōe: all'epoca Kyoto era la capitale del Giappone e il centro nevralgico delle principali attività commerciali, ma anche una città in decadimento, dove la rapina e l'omicidio non erano certo avvenimenti rari.Secondo una diversa interpretazione della leggenda, Shutendoji e la sua banda sarebbero stati profughi stranieri, probabilmente russi, giunti fortuitamente sulle coste giapponesi e costretti dal loro aspetto “esotico“ e dalla mancata conoscenza del giapponese a vivere appartati sui monti. Questo spiegherebbe il perché dei rapimenti di fanciulle, che servivano non per delle richieste di riscatto, ma per soddisfare gli appetiti di un gruppo di uomini soli e a perpetrare la loro stirpe. Se questo fosse vero, è possibile che Shutendoji, piuttosto che un singolo individuo in carne e ossa, non fosse altro che il simbolo vivente delle principali caratteristiche che i giapponesi attribuiscono agli stranieri.
Prima ho accennato a una possibile traduzione del nome Shutendoji, ma nel manga se n'è scelta una diversa, ovvero “il bambino dalla mano celeste”, cambiando i caratteri di bevitore di vino in quelli di mano celeste. D'altronde in giapponese, così come ogni kanji ha diverse letture, esistono suoni associabili a kanji differenti...
Ma veniamo alla trama del manga. In un cimitero un oni appare improvvisamente agli Shiba, futura coppia di sposi, con un bambino tra le fauci. Il bambino ha già un anno e l'oni glielo affida perché lo tengano con sé, dicendo loro che tornerà 17 anni più tardi, in quello stesso giorno, per riprenderlo: il suo destino, infatti, è quello di ritornare alla dimensione a cui appartiene. Il nome del piccolo, derivato da quello di Shutendoji, sarà Shutendo Jiro… Crescendo Jiro diventa un ragazzo bello, intelligente e pieno di qualità, ma anche solitario, perché i suoi genitori adottivi non gli hanno mai nascosto le sue vere origini: egli sa che dovrà abbandonare casa e famiglia per affrontare l’ignoto appena diciottenne, e l'enorme peso che porta nel cuore gli impedisce di fare amicizia con i suoi coetanei. Tutto questo è destinato a cambiare quando Jiro scopre che una serie di incidenti che gli capitano regolarmente da quando era piccolo sono tutto fuorché casuali, e quando trova le prove di non essere del tutto umano: c’è un’ombra, dalle fattezze di un oni, che si proietta dal suo corpo in determinati momenti, mentre una misteriosa e invisibile forza si manifesta al bisogno per proteggerlo dai pericoli… Il suo stesso corpo comincia a mutare, pur rimanendo esternamente sempre lo stesso. Purtroppo, con il risvegliarsi della vera natura di Jiro, i suoi nemici si scatenano per cercare di eliminarlo.
Nel prosieguo del manga c'è davvero di che divertirsi, tra la lotta all’ultimo sangue con una setta detta Buddismo Nero, viaggi interdimensionali e tra diverse ere, tra cui persino un'incursione nell’era del Giappone feudale… il destino del protagonista che si compie mentre il mistero delle sue origini viene svelato a poco a poco, fino al colpo di scena finale (chiarito nel penultimo volume, ma svelato già nel settimo e inutibile, con un po' d'attenzione, già molto prima).
Con “Shutendoji” l’autore ha creato una propria cosmogonia, riscrivendo l’origine degli oni ad uso e consumo di una storia dall’intreccio perfetto, dove presente, passato e futuro si intrecciano inestricabilmente. Il passato determina il futuro, ma ha avuto origine in esso! Se pensiamo che i fumetti giapponesi si leggono a partire da quello che per noi è il fondo, c’è davvero di che farsi venire il mal di testa… Se la coerenza logica del racconto ad un certo punto va a farsi benedire, come spesso accade quando si tirano in ballo paradossi temporali, il suo spessore non ne viene sminuito per nulla. Anzi. Nel riproporre l’eterna domanda “è nato prima l’uovo o la gallina?” Go Nagai ci dimostra che davvero un legame speciale con l’antichità è insito nel suo DNA.Questa vicenda di amore materno che è, in definitiva, “Shutendoji”, commuove davvero. E nell’immaginare che le divinità siano il frutto della mente dell’uomo, Go Nagai, in fondo, non fa altro che riesumare una consapevolezza vecchia di millenni, fin da quando l’uomo delle caverne utilizzava disegni stilizzati per dare forma ai propri pensieri, al proprio mondo e ai propri dei: quella che le leggi naturali che formalmente diamo sempre per scontate non lo sono affatto, e che la vera forza creatrice risiede all’interno della mente umana.
Termina qui il nostro excursus nell'incredibile mondo di Go Nagai. Ci sarebbero stati molti altri motivi per proseguire, considerata l'ampia produzione del mangaka giapponese, ma ciò avrebbe significato monopolizzare il blog per chissà quanto altro tempo ancora, con il rischio concreto di annoiare i miei lettori. Un giorno forse torneremo sull'argomento, chissà, ma per adesso voltiamo pagina e proseguiamo per la nostra solita strada.
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