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Il naufragio dei commenti

Creato il 17 gennaio 2012 da Faustodesiderio

In Italia il dramma ha sempre il volto della commedia. Per giorni si è cercato di capire il “perché” del naufragio della Costa Concordia e si è parlato di mappe nautiche incomplete, di eccessiva vicinanza alla costa, di fatalità ma poi  – come già ripetevano le donne sulla panchina il mattino dopo il naufragio -  si è capito che “tutto è accaduto per un favore”. La verità è venuta a galla e si è manifestata in tutta la sua tristissima commedia: il comandante Francesco Schettino ha portato la nave a infrangersi sugli scogli in omaggio al capo cameriere Antonello Tievoli, dell’Isola del Giglio, il quale quando, chiamato, è arrivato sulla plancia ha subito capito e ha detto: “Attenti, che siamo vicini alla riva”. Troppo tardi. Il transatlantico con tutto il peso della sua stazza andava proprio in quel momento a sbattere sugli scogli e il comandante senza cervello invece di dare l’allarme scappa dimostrando anche di essere senza cuore. Il naufragio della Costa Concordia è tutto qui: colpita e affondata. Come nella più classica e scherzosa delle battaglie navali su carta quando il professore è assente o distratto. Solo che qui è tutto vero: i naufraghi, i morti, i dispersi, i feriti, l’affondamento.

Tutto non per il destino cinico e baro, non per la forza cieca della natura, non per una lacuna nelle carte nautiche ma per un errore umano. Anzi, per essere precisi in modo chirurgico: per la stoltezza di un capitano che al timone di una delle navi da crociera più grandi del mondo si è messo a giocare con le vite dei passeggeri che gli sono stati affidati. Perché, si capisce, c’è errore e errore. E questo più che un errore umano è un errore disumano o, se volete, l’errore di un coglione.

Non ci sono scuse di nessun tipo. Provoca un disastro che quasi non ha precedenti. Uccide uomini e donne. Abbandona la nave quando tutti sanno, anche i bambini, che il capitano affonda con la sua nave ma non la lascia mai e poi mai se anche uno dei passeggeri non è stato messo in salvo. Giunto a riva pensa di voler mettere le mani sulla scatola nera perché dicendo bugie su bugie sull’accaduto sa molto bene come sono andate le cose e vuole cancellare le prove della sua stronzata. Telefona alla madre ottantenne e le dice: “E’ successa una tragedia, ma stai tranquilla, ho cercato di salvare i passeggeri. Per un po’ non vi potrò telefonare”. Anche alla madre racconta fesserie su fesserie: “Ho cercato di salvare i passeggeri”. Un uomo così va fermato e i magistrati della procura di Grosseto bene hanno fatto ad arrestarlo. Non solo perché così non potrà inquinare le prove  – come di fatto non ha potuto ma avrebbe voluto fare come dimostra la richiesta di recuperare la scatola nera fregandosene dei passeggeri -  ma anche perché in questo modo non farà altri danni a terzi e alla madre ottantenne.

Non ci sono scuse, però, neanche per commentatori, esperti e improvvisati naviganti dei sette mari che in questi giorni si sono prodotti in una serie di teorie sulla buona navigazione dai tempi dei Fenici fino ai giorni nostri. Tutti a dire: non si naviga così vicini alla riva. Volendo potrebbero anche aggiungere che non si naviga in una piscina, in collina e sulla terraferma. Insomma, ovvietà su ovvietà, a volte sono anche dettate dai tempi della comunicazione  – come si usa dire -  in “tempo reale” perché pur di comunicare bisogna dire qualcosa perché zitti non si può stare e così giù stronzate su stronzate (avverto che qui il termine “stronzata” è usato nel senso tecnico della parola, il senso usato nel volumetto del filosofo americano Harry G. Frankfurt, se poi il senso tecnico coincide con quello della lingua ordinaria, beh, non posso farci nulla). Chi ha fatto anche solo una crociera sa molto bene che un comandante degno del nome, se il mare lo permette e se conosce come le sue tasche le carte nautiche e i fondali reali, può avvicinarsi un bel po’ alla costa e dare quasi l’illusione ottica di toccare con mano la terra. Certo, non sono molti i luoghi dove questo si può fare, ma da qui a dire  – come purtroppo è stato detto in questo caso -  che le crociere andrebbero vietate nel Mediterraneo c’è davvero di mezzo il mare. Il Mediterraneo, al contrario, è proprio il mare delle crociere per eccellenza e l’Odissea che cos’è se non la crociera mediterranea più famosa non solo del mondo ma della Storia?

Non ci sono scuse per nessuno. Dobbiamo prendere atto che stiamo tutti lavorando e ragionando intorno a un disastro provocato da una grande gigantesca cazzata. Qui tutta la verità e la realtà è nella frase: il capitano ha condotto la nave sugli scogli. Il più imbecille degli errori umani. Pura stupidità. Contro la stupidità, diceva un grande poeta tedesco, anche gli dèi lottano invano. Infatti, ad ascoltare e a leggere della verità sul naufragio dell’Isola del Giglio tutti ci sentiamo impotenti e quasi non crediamo alle nostre orecchie e ai nostri occhi. Allora? Allora non c’è nient’altro da fare ora che essere severi. Ha ragione Pierluigi Battista nel suo articolo sul Corriere della Sera a chiedere severità, chiarezza, rigore, affidabilità. Tutte qualità che il comandante Francesco Schettino non ha e  – ammettiamolo -  tutte qualità che non sono proprio italiane. Ma ora ce n’è bisogno. Su quella nave si erano imbarcati per un viaggio di piacere e tranquillità tanti stranieri che non faranno ritorno in patria perché un irresponsabile (ma non pazzo) ha deciso di far navigare la nave fuori dalla rotta prevista. Un comandante inaffidabile. Ma l’Italia ha ora il dovere di essere affidabilissima nella severità, nel rigore, nella chiarezza. Senza tentennamenti, senza annacquare la triste verità dei fatti, senza timidezze e sentimentalismi. Un comandante di un transatlantico non gioca con la vita dei suoi passeggeri e tutto sogna tranne che passare alla storia della navigazione moderna come quel comandante che fece naufragio per uno sfizio e si mise in salvo senza salvare la vita ai passeggeri e al suo equipaggio.

“Comandante, lei deve risalire a bordo, è un ordine, non può abbandonare la nave” gli ripeteva l’ufficiale della Capitaneria di Porto di Livorno che, proprio come noi, non credeva a se stesso. La difficoltà dei commentatori a trattare il naufragio della Costa Concordia è tutto qui: la stupidità per sua natura sfugge alla prevedibilità dei comportamenti umani, in cielo, in terra, in mare. Qui tutto è tremendamente stupido. Proprio perciò non si aggiunga stupidità a stupidità dicendo che le crociere nel Mediterraneo sono pericolose.

tratto da Liberal del 17 gennaio 2012



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