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Il peccato originale

Creato il 03 luglio 2015 da Marcopress @gabbianone

Ero al Trombone (via Pracchiuso, Udine) e fummo trombati. Il mio amico FdB (che parrebbe Ferruccio de Bortoli, ma ne sa ben di più) mi sollecita in giornata a ricordare il “peccato originale”, come lo chiama in un folgorante tweet. Me ne ha parlato molte volte: una partita sliding doors: da una parte tutto, dall’altra niente. Lo capisco: erano le notti magiche di chi non aveva potuto comprendere, perché troppo bambino, i mondiali di Spagna. Insopportabile vederle finire così.
Accadde 25 anni fa, 3 luglio 1990, martedì. Arbitrava Vautrot: mi sembrava infallibile, non speravo in alcun favore. Allenava Vicini: la sua nazionale, tolta quella del ’78, giocò meglio di tutte. Vialli era in campo dal 1′, e forse non avrebbe dovuto, non dopo un mondiale come quello. Eppure fu proprio lui a consentire a Schillaci di buttarla dentro (fuorigioco, sbagliò l’uomo della bandierina, non Vautrot).
Non mi sembrò mai fatta. Ho sempre la sensazione delle partite. Anche se non ne prevedo il finale, ne colgo il cambiamento. Quella fu una partita destinata a cambiare. Lo si capì da come restò in bilico, da come la governammo con eccesso di facilità posto che di fronte c’era el barrilete cósmico, da come bastò l’ingresso di Troglio a toglierci fiducia. Vicini non reagì. Fino a quando, inevitabile, fummo raggiunti da un gol scemo. Un colpo di nuca, una cappella di Zenga.
Mi fu facile prevedere anche il finale. Le partite di calcio hanno un’anima, finiscono come debbono finire. Il merito c’entra ovviamente nulla. Entra Serena (figurati). Anche Baggio R. (eternamente a un passo dalla gloria, il momento più emblematico, più che il rigore di Pasadena, è quella palla che sfila via, a un palmo dal palo, contro la Francia nel ’98). Infine si tirano i rigori. Ne sbaglia uno l’enorme Donadoni. E un altro lo sghembo Serena. Goyco è bravissimo. Poi quell’enorme silenzio.



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