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Il Piano della discordia

Creato il 02 ottobre 2013 da Trame In Divenire @trameindivenire

«Un piano è innanzitutto un evento culturale, in quanto le trasformazioni che esso è in grado di indurre non si misurano solo con la sua cogenza tecnico-normativa (in Puglia scarsamente efficace, dato lo storico deficit gestionale e applicativo della pianificazione), ma anche con la capacità di trasformazione delle culture degli attori che quotidianamente producono il territorio e il paesaggio». [Angela Barbanente, dalla Relazione Generale al PPTR]

Il Piano Paesaggistico Territoriale Regionale della Puglia, varato il 3 agosto scorso, scontenta speculatori, predatori di suolo e politici conniventi. Di più, li lascia a secco.

Le ragioni ostative al Piano interessano in modo del tutto trasversale – dal Pdl fino al PD – larga parte del parlamento pugliese. Queste non-ragioni ritengo siano rinvenibili in queste poche righe tratte dalla relazione generale al PPTR. Il piano, infatti, dopo decenni di anarchia, in cui la legge Galasso è stata aggirata ad arte con lo strumento della deroga e con l’abuso, pone regole certe per far fronte, non solo al consumo di suolo, all’urbanizzazione (per limitarne quella selvaggia) e alle spinte predatorie degli speculatori. Soprattutto, il piano offre strumenti amministrativi innovativi per dare un futuro condiviso e sostenibile ai territori pugliesi, segnando una vera e propria inversione di rotta rispetto al passato. Appunto un fatto culturale. Questo preoccupa non poco chi, negli ultimi 30 anni non ha perso tempo per battere cassa abbruttendo e violentando, a volte irrimediabilmente, il territorio pugliese.

«Piani regionali per il paesaggio sono stati previsti per la prima volta in Italia dalla cosiddetta legge Galasso (L.431/85), e più di recente con nuovi contenuti e nuove attribuzioni di competenza dal vigente Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Il decreto legislativo 22 Gennaio 2004, n. 42, successivamente modificato con i D.lgs 156 e 157 del 2006, e 97/2008, all’art.135 prevede infatti che “le regioni, anche in collaborazione con lo Stato, nelle forme previste dall’articolo 143, sottopongono a specifica normativa d’uso il territorio, approvando piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, concernenti l’intero territorio regionale, entrambi di seguito denominati “piani paesaggistici”. Al medesimo articolo si prevede che i piani paesaggistici, al fine di tutelare e migliorare la qualità del paesaggio, definiscano previsioni e prescrizioni atte:

a) al mantenimento delle caratteristiche, degli elementi costitutivi e delle morfologie dei beni sottoposti a tutela, tenuto conto anche delle tipologie architettoniche, nonché delle tecniche e dei materiali costruttivi;

b) all’individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio compatibili con i diversi livelli di valore riconosciuti e con il principio del minor consumo del territorio, e comunque tali da non diminuire il pregio paesaggistico di ciascun ambito…;

c) al recupero e alla riqualificazione degli immobili e delle aree compromessi o degradati, al fine di reintegrare i valori preesistenti, nonché alla realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati;

d) all’individuazione di altri interventi di valorizzazione del paesaggio, anche in relazione ai principi dello sviluppo sostenibile».

Insomma, chi si oppone adduce scuse e motivazioni senza fondamento, parole in perfetto politichese, e solo nel tentativo disperato di conservare la propria rendita di potere, politico, economico e speculativo. Sono costoro, predatori del territorio e dei diritti.

Per chi ne avesse voglia e/o tempo, o per chi sentisse il dovere di capire cosa è stato fatto negli ultimi vent’anni, in netta violazione, innanzitutto del territorio, dell’ambiente e del paesaggio, e poi anche in violazione delle leggi e fin anche della Costituzione, può leggersi il Rapporto Ambientale e la Relazione Generale del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale. 

Vale la pena di leggersi anche le linee programmatiche dell’azione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali: qui.


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