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Il pluriverso culturale dell'approccio mediterraneo

Creato il 22 febbraio 2012 da Upilmagazine @UpilMagazine

Dopo il fallimento del Processo di Barcellona (1995), il rilancio dell’opzione di una Unione per il Mediterraneo, ad opera del presidente francese Sarkozy, ha riproposto la questione del ruolo che il Mediterraneo può assumere nel contesto dei processi di globalizzazione in corso, affermandosi come entità geopolitica di respiro strategico.
Da tempo la ‘questione mediterranea’ ha assunto uno statuto scientifico indiscusso e irreversibile grazie all’opera dello storico francese Fernand Braudel, che ha avuto il merito di valorizzare il pluralismo delle fonti culturali che hanno dato vita alla civiltà mediterranea, includendovi la tradizione greca e latina, la cultura ebraica e, infine, il mondo arabo-islamico.
Il Mediterraneo può vantare, come poche altre aree del pianeta, una struttura omogenea, coerente e originale. La singolarità orografica, il clima temperato e una vegetazione particolare hanno fatto del Mediterraneo uno spazio ecologico che per millenni ha favorito, lungo tutte le sue sponde, la formazione e la stabilizzazione di strutture abitative, di colture rurali e di sistemi commerciali spazialmente dislocati e frammentati, ma nello stesso tempo in stretta comunicazione fra loro: tutto questo ha identificato il Mediterraneo come un ‘pluriverso’ irriducibile di popoli, di lingue, di espressioni artistiche e di religioni che nessun impero, neppure quello romano, è riuscito a soggiogare e controllare stabilmente.
L’intensità delle relazioni comunicative, dei travasi culturali, dei rapporti commerciali, degli incroci demografici e degli scambi più diversi, inclusi i conflitti, le guerre, le crociate e le scorrerie piratesche, hanno contribuito a forgiare una comune base culturale e civile, nella quale la cultura europea si è intrecciata con la tradizione coranica.
Queste radici comuni non sono state divelte neppure dai più aspri antagonismi e hanno prodotto frutti ricchissimi. Non è un caso che l’area mediterranea vanti ancora oggi la più grande concentrazione artistica del mondo.
L’unità, l’originalità e la grandezza culturale del ‘pluriverso’ mediterraneo sono dunque un patrimonio storico e politico che oggi purtroppo rischia di essere cancellato e sopraffatto da strategie ‘oceaniche’ (in particolare statunitensi) che minacciano non solo la convivenza fra i popoli mediterranei, ma anche l'ordine e la pace internazionale.
Condividendo il pensiero di Danilo Zolo, per “alternativa mediterranea” si deve dunque intendere il tentativo di resistere, facendo leva su un recupero della tradizione e dei valori mediterranei, alla deriva ‘universalista’ e ‘monoteista’ che si propone di recidere ogni rapporto fra le due rive del Mediterraneo, subordinando l'Europa allo spazio atlantico e sottoponendo il mondo arabo-islamico ad una crescente pressione politica, economica e militare.
In questo complesso quadro, che ha come obiettivo la definizione di una “alternativa mediterranea”, assumono grande rilevanza alcuni contributi teorici che puntano esplicitamente all’integrazione delle culture nate e sviluppatesi sulle rive del Mediterraneo.
Uno dei punti cardinali della bussola esegetica dei singoli protagonisti del dibattito sul ‘Mediterraneo’ è rintracciabile proprio nella considerazione delle specificità fisiche, della natura del Mediterraneo, quale realtà ontologica primaria da cui tutto dipende, compreso l’uomo.
L’antropologia mediterranea è infatti spesso considerata una diretta e necessaria conseguenza del Mediterraneo inteso come luogo fisico: la natura, la posizione geografica, la conformazione geofisica e la condizione climatica del Mediterraneo rappresentano, quindi, la conditio sine qua non, la premessa necessaria che alimenta il discorso sul Mediterraneo.
Come sostiene Franco Cassano, l’unità fisica del Mediterraneo non è un’invenzione turistica ma un ancoraggio comune contro le divisioni, l’ancoraggio fisico e materiale ad una grande patria comune, una radice di pietra e di mare più forte delle diversità delle rive, di quella deriva dei continenti, delle religioni e degli orgogli etnici da cui sorge incessantemente la tentazione integralistica.
L’affacciarsi di più popoli in un solo luogo “stempera le differenze”, induce, quasi spontaneamente, all’ibridazione, al reciproco riconoscimento ed accettazione delle differenze: l’unità fisica del Mediterraneo diventa, quindi, un’ unità ideale.
È proprio a partire dall’idea del trionfo delle “civiltà” nel tempo e nello spazio, che diversi studiosi hanno costruito l’idea del Mediterraneo quale “pluriverso” culturale.
Per questo motivo il Mediterraneo è rappresentato come un vero e proprio “pluriverso di civiltà, di culture, di lingue, di universi simbolici ed espressivi da contrapporre come un’alternativa culturale e politica alle derive ‘oceaniche’ della globalizzazione”.
In questo senso, il Mediterraneo è inteso oggi, da diversi autori, come un laboratorio politico-culturale, irriducibile agli universalismi e, perciò, in grado di tracciare le linee del modello sociale, politico e antropologico che può salvare l’umanità dall’intolleranza e dal colonialismo.
Su entrambe le sponde del Mediterraneo, la globalizzazione porta con sé trasformazioni fondamentali. In un contesto in cui, per effetto degli incroci tra popoli e idee, i quadri e i punti di riferimento classici risultano in costante ridefinizione, il ritmo del cambiamento non consente sempre d’individuare quanto è rimasto di immutato all'interno delle diverse “civiltà” teatro di queste trasformazioni.
Tra il fatalismo rassegnato davanti ad una mondializzazione essenzialmente economica e le chiusure identitarie che producono esclusione, l’unica via che si offre a tutti per costruire un futuro comune consiste nel porsi insieme alla testa di questa evoluzione. Perché ciò avvenga, due condizioni devono essere soddisfatte: la fonte dei nuovi punti di riferimento per se stessi va cercata nel dialogo con l’altro, l'ambizione di costruire una “comune civiltà” al di là della legittima diversità tra le culture ereditate va condivisa da tutti.
Vi è quindi una “necessità” dell'Europa di costruire il suo futuro attraverso il dialogo tra le società e le culture, all’interno di un sistema complesso che coinvolga città, università, accademie e definendo aree tematiche su cui si realizzino accordi di associazione con la sponda sud del Mediterraneo per creare un denominatore comune alle terre a cui il Mediterraneo arriva.
Su questa capacità di realizzare un “approccio mediterraneo” nelle nuove relazioni tra le diverse sponde del Mediterraneo si giocherà ineluttabilmente la concreta possibilità dell’Europa di rivestire un ruolo di primo piano nel dialogo e nella collaborazione medium-terrarum.


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