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«Il Porcellum è stato partorito dalle scrofe di destra con l'aiuto dei verri di sinistra»: ipse dixit il Ragioniere a 5 Stelle

Creato il 24 agosto 2013 da Tafanus

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Ritardatari: capelloni con quarant'anni di ritardo

«Il Porcellum è stato partorito dalle scrofe di destra con l'aiuto dei verri di sinistra»: Così sentenziò tre mesi fa Beppe Grillo. Maiali di qua, maiali di là. Eppure, par di capire, quella legge sciagurata potrebbe restare in vigore anche alle prossime elezioni anche grazie ai grillini  (di Gian Antonio Stella)

È difficile infatti interpretare in maniera diversa, per quanto qualche pentastellato sia accorso a randellare i commenti sulla «retromarcia», le parole scritte dal leader genovese contro «il Nipote dello Zio», Enrico Letta, e quanti vorrebbero accelerare sulla riforma della legge che a parole tutti detestano: «Improvvisamente, dopo quasi otto anni di letargo sul Porcellum, hanno fretta, molta fretta di cambiarlo. Sanno che con il Porcellum il rischio che il M5S vinca le elezioni e vada al governo è altissimo».
Nessun confronto: «La legge elettorale la cambierà il M5S quando sarà al governo». E basta, «alle elezioni subito, con buona pace di Napolitano». Sottinteso, con la legge che c'è.
Ma come: è lo stesso Grillo che ad aprile diceva che «il Porcellum ha trasformato i parlamentari in yes men» e che «ci si può mettere d'accordo in un attimo: i tre gruppi principali si riuniscono, abroghiamo il Porcellum e poi andiamo a votare con la legge di prima»? Lo stesso che a luglio accusava gli altri («è ormai chiaro che vogliono tenersi il Porcellum») e dettava l'agenda a Napolitano con le parole «imponga la cancellazione del Porcellum e sciolga il Parlamento»?

Quanto la svolta possa confermare i pregiudizi di chi già diffidava dell'ex comico, entusiasmare i fedelissimi ostili all'ipotesi di una riforma bollata «super Porcellum» o seminare perplessità tra gli elettori non si sa. Grillo, che un po' tutti gli ultimi sondaggi prima della pausa estiva davano in rimonta dopo le flessioni primaverili, avrà fatto i suoi conti. Ma se è così si tratterebbe, appunto, dei «suoi conti»: cosa conviene al Movimento?
Gli stessi calcoli di bottega, piaccia o no il paragone, che spinsero nel 2005 la destra, decisa a boicottare una vittoria della sinistra data (a torto) per trionfante, a inventarsi il Porcellum. Il cui senso fu chiaro nel titolone di Libero: «Addio, caro Mortadella - Passa la riforma elettorale di Berlusconi. E per Prodi saranno guai». E ancora gli stessi calcoli che spinsero nel 2012 Pier Luigi Bersani, convinto d'avere la vittoria in tasca, a non scatenare l'iradiddio per cambiare l'odiata legge ma a «rassegnarsi» alla sua conferma fino a tirarsi addosso le ironie di uomini diversissimi come Cicchitto, Parisi, Casini o Ferrero.
Come sia andata nell'uno e nell'altro caso è noto: trionfi (drogati) alla Camera, caos al Senato. Perfino il boom nel 2008, quando per circostanze forse irripetibili riuscì a conquistare la maggioranza in 67 province (solo 17 a febbraio, contro le 40 del Pd e le 50 del M5S), bastò al Cavaliere a reggere faticosamente solo un paio di anni. Davvero Grillo pensa di poter fare meglio?
Auguri. Ma certo la sua scommessa su una vittoria grazie all'attuale legge elettorale che lui bollò come «contraria alla Costituzione» («Se la Corte costituzionale dovesse dichiararla illegittima avremmo un Parlamento di abusivi») è una scommessa già fatta da quelli che lui vorrebbe processare in piazza. Il guaio è che sul piatto non c'è solo il destino suo e dei suoi «boy scout». Ma molto di più.
Gian Antonio Stella


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