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Il potere temporale della Chiesa. Davvero uno scandalo?

Creato il 31 marzo 2015 da Appuntiitaliani
Pubblicato il marzo 31, 2015 da: webrex2612 Il potere temporale della Chiesa. Davvero uno scandalo?

Uno dei “punti caldi” della Storia della Chiesa è senza dubbio il cosiddetto potere temporale. Vediamo cosa significa. Per potere temporale si intende la sovranità politica del Romano Pontefice (il Papa) su uno o più territori.

Storicamente questo potere si fa iniziare con la cosiddetta Donazione del Castello di Sutri, quando il re longobardo Liutprando donò questo castello a papa Gregorio II, siamo nell’anno 728. Immediatamente il potere si sviluppò grazie all’alleanza tra il Papato e i Franchi dei secoli VIII e IX, alleanza che comportò la donazione alla Santa Sede di numerosi territori dell’Italia centrale.

Ed è proprio in questo periodo che si colloca la celebre Donazione di Costantino con la quale un imperatore romano, per l’appunto Costantino (quello dell’Editto dell’anno 313 che pose fine alle persecuzioni dei cristiani), avrebbe donato all’allora papa Silvestro I (siamo tra il 314 e il 335) Roma e l’Italia intera. Su questa Donazione si è detto e si è scritto molto; l’ipotesi più accreditata la giudica un falso…ma chi può dirlo con assoluta certezza?

Il potere temporale sembrò terminare nel 1870 con la presa di Roma da parte del Regno d’Italia (la famosa breccia di Porta Pia). Ma nel 1929, con i Patti Lateranensi tra il Governo fascista e la Santa Sede (il Papa di allora era Pio XI), venne costituito lo Stato della Città del Vaticano. E così il Papa e la Chiesa recuperarono una sovranità politica diretta, seppur su un piccolissimo territorio di mezzo chilometro quadrato.

Questa brevemente è la storia, ma ora domandiamoci: qual è la vera origine del potere temporale?

Domanda più che legittima perchè la Donazione del Castello di Sutri non rappresenta affatto l’inizio di questo potere; o, per lo meno, può esserne considerata l’inizio da un punto di vista giuridico ma non da quello teologico. Mi spiego meglio. La ragione del potere temporale è all’interno dell’essenza stessa del Cristianesimo e della Chiesa. Gesù disse che la Chiesa non è del mondo ma deve pur vivere nel mondo; ciò vuol dire che la Chiesa non può fare a meno di tener presente la dinamica con cui si svolge la vita del mondo, se nel mondo deve operare per esserne “lievito”.

Facciamo l’esempio della libertà di giudizio. Per essere effettivamente liberi nel giudizio bisogna avere, anche se piccola, una certa autonomia economica. Mario Rossi dipende totalmente da Giovanni Bianchi che gli dà tutto il necessario per vivere; qualora Mario Rossi si accorgesse che Giovanni Bianchi è un delinquente, andrebbe a denunciarlo? C’è da dubitarne. Penserebbe: e se Giovanni Bianchi andrà in galera, chi mi darà da vivere? Chi mi sosterrà? Se invece Mario Rossi fosse economicamente indipendente, allora sì che non avrebbe da temere nel fare il suo dovere denunciando chi merita di essere denunciato.
Lo stesso discorso vale anche per la Chiesa cattolica. Se dipendesse totalmente dal potere statale, potrebbe svolgere del tutto liberamente la sua missione o diventerebbe una sorta di cappellanìa del potere politico? Pio IX non cedette su Roma proprio per non diventare (sono sue testuali parole): “…cappellano di Casa Savoia”.

Spesso si dice che la Chiesa senza potere temporale (seppur piccolo) sarebbe molto più libera… sciocchezze! I fatti, fino ad ora, dimostrano che la rinuncia del potere temporale ha avuto sempre come esito non una maggiore libertà ma una sottomissione della Chiesa allo Stato.

Qualche esempio:
1.La Chiesa ortodossa volle rinunciare al potere temporale e si ritrovò con il famoso fenomeno del cesaropapismo, cioè la sottomissione e la strumentalizzazione da parte del potere politico.
2.Anche Lutero accusò il potere temporale dei Papi. Ci rinunciò, ma dovette pagarne conseguenze amare. Si accorse di aver bisogno dell’appoggio dei principi tedeschi e quando questi dovettero fronteggiare la rivolta dei contadini, Lutero stesso ne legittimò una feroce repressione. Disse ai nobili che potevano massacrare i contadini perchè si erano macchiati del peccato di ribellione.

3.Durante la Rivoluzione francese nacque la cosiddetta Chiesa costituzionale, fatta di preti che tradirono per paura delle persecuzioni operate dai rivoluzionari. Questi preti giurarono fedeltà allo Stato francese piuttosto che al Papa; ebbene, anche questa Chiesa dichiarò finito il potere temporale…e si ritrovò ad essere una semplice articolazione del governo rivoluzionario.
4.Lo stesso discorso vale per la cosiddetta Chiesa patriottica cinese che ha giurato fedeltà al governo comunista piuttosto che al Papa …e si ritrova ad avere prelati che sono, nè più e nè meno, funzionari del partito comunista cinese.

5.Per non parlare di quello che è accaduto nei Paesi dell’Est quando imperava il socialismo reale. Quelle Chiese che non godevano di autonomia politica ed economica (quelle protestanti e quella ortodossa) hanno con più facilità legittimato il potere comunista.

Soffermiamoci su questo periodo. E a riguardo preferisco far parlare Vittorio Messori che su un Vivaio (la rubrica che curava su Avvenire) del lontano 7 gennaio 1990, a proposito dell’allora recente rivoluzione rumena che aveva abbattuto la dittatura di Ceausescu, scriveva: “Davanti al collasso del sistema marxista dell’Est, tutti sottolineano il ruolo decisivo del ‘fattore R’. Il fattore, cioè, ‘Religione’ (…) Ma è davvero così? Dei distinguo precisi sono necessari. (Molte chiese) non hanno dato una testimonianza di coraggio cristiano; ma purtroppo sono state complici del sistema di oppressione. (…) l’ora della prova ha confermato che solo la struttura sovranazionale cattolica è in grado di reggere a un’aggressione ideologica e politica come quella messa in atto dai Cesari marxisti.

Le chiese, sia protestanti sia ortodosse, che si credevano più “libere” perché chiuse in un popolo, in un territorio, in uno Stato, in una tradizione nazionale, sono state aggiogate, svuotate dall’interno, ridotte a organi di un governo liberticida. (In Romania) la scintilla che ha dato fuoco alle polveri è la resistenza di un pastore calvinista, Laszlo Toekes, in lotta per i diritti della minoranza ungherese di Timisoara. (…) Il fatto è che, a caduta del regime di Ceausescu avvenuta, il coraggioso pastore ha dichiarato a chiare lettere che il vero, accanito nemico della sua lotta per la libertà era il proprio vescovo, Papp, a proposito del quale ha detto al quotidiano ‘Il Giorno’: ‘Questo sedicente uomo di Chiesa era un uomo della polizia segreta. Lui, che aveva avuto l’incarico di difendere la sua Chiesa e il suo popolo, fu l’autore di tutte le iniziative repressive, dando allo Stato la giustificazione per perseguitarci, definendomi persino, in un articolo, un traditore della Romania e un agente dei Paesi occidentali.’ (…)

Non se la passa meglio –prosegue Messori- la gerarchia di quella Chiesa ortodossa rumena il cui Patriarca, Teoclista Arapasu, il 26 dicembre si è affrettato a fare autocritica in cattedrale: ‘In questi decenni abbiamo vissuto momenti difficili e io e gli altri vescovi, dobbiamo ammetterlo, non abbiamo avuto il coraggio dimostrato ora dal popolo’. (…) Si ricorda tra l’altro come la Chiesa ortodossa, nel suo calendario liturgico, inserì il compleanno del tiranno marxista (Ceausescu), da celebrare con la stessa solennità del Natale e della Pasqua. (…) il pastore calvinista perseguitato ha detto: “Già il 15 ottobre il vescovo cattolico inviò un messaggio al mio vescovo, chiedendogli di smetterla con la persecuzione nei miei confronti. E’ stato il solo uomo di Chiesa a difendermi.’ (…) il problema –continua Messori- è nella concezione e, dunque, nella struttura stessa della Chiesa: ogni volta che, come perno a base della comunità, si è abbandonato il Papato, si è stati costretti ad appoggiarsi al Cesare di turno.

Con tutte le conseguenze che ne derivano. Staccatosi da Roma, il patriarcato di Costantinopoli divenne subito un organo della corte bizantina e poi, nei secoli, tutte le altre Chiese ‘autocefale’ divennero strumenti passivi del regime via via al potere, dagli zar ai partiti comunisti. Così anche per la Riforma, dove è il Principe, il Re, il Dittatore, e chiunque detenga il potere a guidare Chiese che non a caso vogliono essere ‘di Stato’.” Messori poi conclude: “E’ l’ennesima conferma di una vecchia legge: ciò che è tolto al centro sovranazionale, al Papato, non va alle Chiese ‘nazionali’. Ma, invariabilmente, a Cesare. Nessuna Chiesa che non poggi su un’autorità al di fuori dello Stato mai è stata in grado di reggere allo Stato.”

Parole, queste di Vittorio Messori, che valeva la pena ricordare …e che bisogna sempre far tornare alla memoria ogni volta che il discorso nostro o altrui cade su questo argomento.
Vengo adesso ad un’ultima, ma importante questione che può essere sintetizzata in questa domanda: ma se è bene che la Chiesa abbia un potere temporale, perché solo negli ultimi tempi essa si accontentata di avere un potere territorialmente piccolo, perché non ha fatto una tale scelta già in passato? Insomma, perché oggi la Chiesa si accontenta di un territorio di mezzo chilometro quadrato, mentre in passato difendeva (anche tenacemente) il suo dominio politico su territori vastissimi? E’ inutile nasconderlo.

E’ questo un argomento che scandalizza molti ed è tra i più utilizzati per far polemica nei riguardi della storia della Chiesa. Eppure, se ci si riflette, non c’è nulla da scandalizzarsi. Basta solo contestualizzare. Nella società contemporanea l’economia è il valore per eccellenza; e in politica interna e internazionale, di fatto, costituisce il parametro più importante. Oggi è così che si misura l’autorevolezza di uno Stato (fa testo il reddito pro-capite, il prodotto interno lordo, ecc.); e infatti abbiamo Stati piccoli (per esempio la Svizzera) che sono internazionalmente più autorevoli di immensi Stati poveri. Invece, nell’epoca premoderna e della prima modernità i criteri per misurare l’autorevolezza degli Stati erano diversi. L’economia aveva un valore relativo e gli Stati erano soprattutto giudicati per i loro possedimenti territoriali: più uno Stato era vasto, più era autorevole. Fatta questa premessa, chiediamoci: avrebbe potuto la Chiesa cattolica, nell’epoca premoderna e della prima modernità, accontentarsi di un piccolo territorio? Se il potere temporale è garanzia di libertà, e se in quei tempi l’autorevolezza di uno Stato si misurava solo con la vastità dei possedimenti territoriali, avrebbe potuto la Chiesa garantirsi la sua libertà con un piccolo territorio? In soldoni: se in quei tempi la Chiesa avesse deciso per uno Stato grande come l’attuale Città del Vaticano, sarebbe stata in balìa di re e d’imperatori.

Non per entrare nei fatti specifici che possono interessare relativamente, va ricordato che ci fu addirittura un tempo in cui l’Imperatore (in realtà più di uno) voleva nominare i vescovi; e il Papa giustamente vi si oppose essendo questa nomina di sua competenza. Fu il periodo cosiddetto delle Lotte per le investiture. Ebbene, l’allora papa Gregorio VII riuscì a tener testa all’imperatore Enrico IV, e di fatto riuscì ad avere la meglio, proprio perché “re” di uno Stato territorialmente autorevole. Se avesse avuto uno Stato di mezzo chilometro quadrato (l’attuale Città del Vaticano), Enrico IV lo avrebbe inghiottito in un sol boccone. Certo, su questi avvenimenti concorsero anche altri fattori, come l’autorevolezza spirituale del Papa e il suo potere di scomunica che nelle costituzioni medievali solitamente causava la perdita di legittimità della sovranità politica, ma è innegabile che anche questo fu un fattore determinante.

Studiare la storia con i parametri dell’oggi non solo è scorretto, ma è anche causa di grossolani errori di giudizio. Lo so che a molti fa piacere attaccare la Chiesa cattolica ed evidenziarne “errori” anche dove non ci furono, ma questi signori non si accorgono che così facendo fanno la figura degli ingenui, la figura di chi non sa nemmeno cosa è la storia e come la si studia.

Anche questo è paradossale: da parte dei laicisti ci si appella tanto alla necessità di “storicizzare” e di “relativizzare”, ma poi per la storia della Chiesa questi parametri non debbono valere più e, pur di attaccare, si giudica con i criteri della contemporaneità; cioè si legittima il più grande errore che nello studio della storia si possa fare.

Corrado Gnerre


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