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Il presepe della discordia

Creato il 27 dicembre 2014 da Abattoir

presepe_storiaÈ Natale! Così dice il calendario e devo crederci, anche perché ci sono le luminarie, i babbi natale (da cui fuggo per via di atavica avversione) e gli alberi luccicanti. Ma manca qualcosa, mi guardo attorno e so che manca.
Ehi! Qui nessuno fa il presepe!

Quanto mi manca fare il presepe, era una delle cose che adoravo di piú da piccola. Ogni otto dicembre cominciavo a rompere i cabbasisi a mia madre affinché allestissimo lo spazio per la mangiatoia, il bue e l’asinello.

Tutta eccitata andavo a recuperare la scatola dove pastori, pecore e pastorelle erano riposti. Tiravamo tutto fuori e ogni anno ci accorgevamo che c’erano sempre meno pecorelle e meno pastori, in compenso c’erano leoni, tigri e anche qualche dinosauro dalla collezione di animali di mio fratello, giusto per rimpinguare un po’ quel vuoto faunesco.
L’odore del muschio era inebriante, cosí come quello dei sugheri e la magia della costruzione delle montagne, tramite complicatissimo sistema di “appallottolamento di carte di giornali” e supporti vari, si rinnovava ogni anno.

Il maggior divertimento, almeno per me, consisteva nel piazzare i personaggi in modo armonioso (il che significava che non dovevano esserci spazi vuoti, con il risultato che sembrava la stazione Termini all’ora di punta!). Poi mettevamo le luminarie tutto attorno e la magia aveva inizio.

Era una presenza rassicurante, che illuminava le mie incursioni notturne verso il frigorifero. Lo guardavo e mi sentivo protetta. Gesù stava arrivando!
Certo, il nostro presepe era piccolo, mica come quello che vedevi in chiesa: grande e maestoso! O quello che facevamo a scuola… azz, ho detto scuola? Eh sì, noi a scuola facevamo il presepe ed eravamo ben felici di farlo,  nessuno si è mai permesso di dirci: “Che diamine state facendo?” o “fermi tutti, è un presepe quello?”, perché eravamo tutti ottusamente cattolici. Gli atei? no, niente atei nella mia scuola! Musulmani??? Avevo una compagna marocchina, SueEllen, come quella di Dallas, ma se ne andò prima di Natale, quindi nessun rompicoglioni con idee laiciste a impedirci di portare avanti la nostra tradizione. E preghierina e crocifissi in classe come se non ci fosse un domani.

E così sono cresciuta convinta che quella fosse una cosa giusta. Poi ho imparato che a scuola non ci vanno solo i cattolici, che esistono figli di genitori atei, che le scuole sono ormai multiculturali e improvvisamente sentii che c’era qualcosa di sbagliato in quel presepe, perché era come un’imposizione.
“La scuola è di tutti, è laica, non dovrebbe esserci nessun simbolo religioso”, così sentenziano gli atei più accaniti. Dall’altra parte, i cattoscemifanatici blaterano di tradizioni, di identità (e un presepe dovrebbe garantirmi la salvaguardia della mia identità?) di “vengono a fare i padroni a casa nostra” e altre amenità del genere. Ed ecco che il presepe, simbolo di gioia e condivisione, diventa il pomo della discordia, il grimaldello su cui sfogare rigurgiti razzisti, strumento per fare propaganda razzista di quarto ordine.
Inoltre, cari miei cattoscemi, ma qualcuno vi ha mai impedito di farvi il vostro presepino a casa? Magari da mettere vicino all’albero che, lo sanno tutti, è un simbolo cattolico a cui nessuno rinuncia. Ah, non è cattolico? Ah, scusate, credevo lo fosse.
E i bambini stanno a guardare, incapaci di capire cosa c’è di male in quel presepe o cosa ci sia di bello, che cosa significhi e perché i compagnetti dalla pelle più scura e dal nome difficile non partecipano? Loro non festeggiano il Natale, papà? E che festività hanno? Voglio saperlo, papà.
Intano, noi adulti, sordi alle loro domande, continuiamo a scannarci in nome di un Dio che mandò il figlio tra le genti a dire “Amatevi gli uni e gli altri”.
Aveva parlato invano.

 


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