Il fatto. Abito in Umbria e mi è capitato per ragioni personali ma anche no (vedi liste d’attesa lunghe un’era), di dover ricorrere a visite specialistiche “private” alias “a pagamento”. Già questo, di per se, non è un buon segno, evidenza del fatto che il Servizio Sanitario Nazionale spesso è inadeguato e del tutto insufficiente ad affrontare il problema Salute, ma questo meriterebbe un blog apposito, che francamente non mi sento di aprire, e perciò sorvolo.
Vorrei invece sottolineare la geniale idea, a stampo Regionale, di mettere una sovra- tassa, pari al 29%, a carico del paziente, su tali prestazioni. Trattasi di un vero e proprio ticket che grava sulle visite intramoenia, seppur svolte in studio privato e al di fuori dell’orario di lavoro del medico, a esclusivo beneficio della cassa regionale.
Concretizzando: una prestazione che prima costava € 70 ora ne richiede € 90, cui ovviamente vanno calcolate le relative imposte. Questo 29% in più, vorrei sottolinearlo di nuovo, grava esclusivamente su chi richiede la prestazione, ovvero sul paziente che molto probabilmente non ha ricevuto ascolto dal medico della Mutua, e non ha avuto alternative se non quella di mettere mano al portafoglio. Qual è lo scopo? Ovviamente colmare un ammanco nei conti del Servizio Sanitario pubblico, ammanco che sembra esserci solo in Umbria, visto che nessun’altra regione ha sentito la necessità di tale aumento, e ammanco che sarebbe la causa del cattivo funzionamento del “marchingegno Sanità”.
La conclusione. In tempo di crisi (l’aumento è in vigore da febbraio), la Regione ha introdotto un’altra tassa e per fare cassa è disposta a tutto. Una Regione, tra l’altro, che vanta decenni di propaganda (sempre andata a buon fine) a favore del cittadino, del piccolo, del bisognoso. Che proclama di stare dalla “tua parte”, che sbandiera solidarietà e miglioramento delle condizioni di vita per tutti, che infesta i muri della città con manifesti per dirti “GRAZIE”, ma che poi si accorge dell’ammanco e decide di tassare la Salute.