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Il primo batterio con un dna alieno

Creato il 28 ottobre 2014 da Dariosumer
Nel suo dna c’è una nuova coppia di basi, che non fanno parte delle quattro con cui è scritto il materiale genetico di tutti gli organismi presenti in natura
Il primo batterio con un dna alieno
(foto: Synthorx)
A, T, C e G: per miliardi di anni, l’evoluzione ha avuto a disposizione solamente queste quattro lettere per scrivere la storia della vita sul nostro pianeta. Si tratta delle sigle con cui identifichiamo adenina, timina, citosina e guanina, le basi azotate con cui sono costruiti i geni di tutti gli esseri viventi. Oggi, a questo “alfabeto della vita” si sono aggiunte invece due nuove unità. Come descrivono nel loro studio apparso su Nature, i ricercatori dello Scripps Research Institute di La Jolla, in California, sono riusciti ad inserire due nuove molecole all’interno del dna di un batterio, dimostrando che questi nuovi geni sono in grado di replicarsi e codificare per la produzione di proteine proprio come quelli naturali. Si tratterebbe a tutti gli effetti della prima forma di vita aliena mai apparsa sul nostro pianeta.
I primi esperimenti di questo genere risalgono agli anni ’60, ma per oltre mezzo secolo gli scienziati non erano mai riusciti ad andare oltre a semplici catene di dna alieno realizzate in provetta. Inserire nuove molecole in un filamento di dna infatti non è troppo difficile, e in passato gli scienziati erano riusciti anche a fare in modo che in questi filamenti isolati di materiale genetico le nuove basi codificassero per la sintesi di proteine. Aggiungere molecole aliene all’interno del delicato equilibrio che regola il genoma di una creatura vivente, però, è ben più complicato.
Gli esperimenti dei ricercatori di La Jolla sono iniziati nel 2008, quando in una lista di oltre 3.600 candidati riuscirono ad identificare due molecole promettenti, d5SICS e dNaM, che risultavano compatibili con i meccanismi enzimatici che regolano la replicazione dei geni e la sintesi proteica. Si trattava di un traguardo importante, ma restavano ancora moltissimi problemi da superare per riuscire ad introdurre le due molecole in un organismo vivente. “All’epoca non pensavamo neanche lontanamente che un giorno saremmo riusciti ad inserire questo paio di basi in un organismo vivente”, racconta Denis Malyshev, il primo autore del nuovo studio.
Il problema principale è che una volta inserite le nuove basi nel genoma di una cellula, questa non ha a disposizione le materie prime (le molecole d5SICS e dNaM) per riprodurre i geni alieni nei seguenti cicli di divisione cellulare. Negli ultimi sei anni i ricercatori hanno lavorato però alla questione, arrivando ad una soluzione. Hanno modificato un batterio E. coli, inserendo un gene proveniente da un’alga, che permette a d5SICS e dNaM di attraversare la sua membrana cellulare. I ricercatori hanno quindi inserito all’interno del genoma del batterio un piccolo frammento di dna (o plasmide) che conteneva le due nuove basi, e lo hanno finalmente visto replicare in ogni nuovo ciclo di divisione cellulare.
Il batterio creato dal team di Malyshev per ora contiene solamente una singola coppia di basi aliene, ma secondo i ricercatori ormai il gioco è fatto. “Se leggi un libro scritto con 4 lettere, non riuscirai probabilmente a raccontare molte storie interessanti”, commenta Floyd Romesberg, coordinatore del nuovo studio. “Ma se ti danno più lettere puoi inventare nuove parole, puoi trovare nuovi modi per utilizzare queste parole, e probabilmente riuscirai a raccontare storie molto più interessanti”.
In futuro, i ricercatori ritengono che con la loro tecnica si potranno creare cellule in grado di produrre nuovi tipi di amico acidi (una ventina di amino acidi compongono praticamente tutte le proteine esistenti in natura), per creare ad esempio proteine tossiche unicamente per le cellule del cancro. La vera sfida però, è ben più ambiziosa: creare un genoma che non contenga nessuna delle basi azotate normalmente presenti in natura. Sarebbe la prima forma di vita pensata e realizzata interamente dall’uomo.

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