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Il Rebechin a Trieste

Da Bloody Ivy
Rebechin con polpette e tartina di prosciutto cotto tagliato a mano con pioggia di cren grattugiato sopra, e un calice di vino

Rebechin con polpette e tartina di prosciutto cotto tagliato a mano con pioggia di cren grattugiato sopra, e un calice di vino

Il termine rebechin, che si può trovare in frasi come “Ciò, muli, andemo a farse un rebechin!“, è dialettale, e probabilmente il sinonimo italiano che più gli si avvicina è spuntino. Il verbo italiano da cui rebechin deriva è invece ribeccare, ossia beccare un’altra volta. In senso lato, beccare sta per ‘mangiucchiare qualcosa’ e, ribeccare è come dire ‘mangiucchiare di nuovo qualcosa’. Di nuovo, cioè qualche ora dopo aver fatto colazione, sebbene non sia ancora arrivato il momento buono per pranzare.
Ribeccare lo tradurrei con piluccare; e a Trieste si pilucca dopo le 10, attorno alle 11 o comunque in un orario che cada prima e non si possa confondere con l’ora di pranzo; anche la quantità di cibo non deve essere quella di un pasto normale. Piluccare, non rimpinzarsi perché è una pausa e poi si torna al lavoro. 

Talvolta si sente dire che il buffet in tarda mattinata, prima del pranzo, sia invenzione degli americani e che si chiami Brunch. No!!!
Questa abitudine dei buffet  è tipicamente triestina e si chiama Rebechin.


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I primi a mettere in pratica questa abitudine furono i lavoratori portuali, più precisamente gli scaricatori del porto che,  a metà mattina avevano già faticato tanto e sentivano i morsi della fame nonché il bisogno di riposare per riprendere le forze, ma non potevano certo anticipare un vero e proprio pranzo, e poi tornare al lavoro pieni come un uovo.
Il rebechin inizialmente era una consuetudine loro, che spezzavano così la dura mattina lavorativa per andar a mangiare qualcosa in uno dei tanti buffet della città, senonchè, iniziato dalla gente che lavorava al porto, questo rituale di metà mattina divenne sempre più apprezzato anche da altre categorie di lavoratori, e alla fine, questa abitudine piacque talmente che diventò una caratteristica in toto dei triestini.
Perché, se allo scaricatore di porto, il rebechin serviva veramente per ristorarsi, mangiando e riposandosi un po’, agli altri piaceva l’idea della pausa per rompere la mattina, scambiando qualche chiacchiera davanti ad un piattino con cose appetitose, mangiato in piedi al banco di un buffet.  Sì, perché per il rebechin non si va al caffè per ordinare una fetta di strucolo de pomi e un Capo in B, bensì nelle osterie e soprattutto nei tipici buffet triestini, locali con caldaia, dove la carne di maiale fa da padrona (qui uno dei più classici buffet triestini). 

Per il rebechin vanno bene la porzina, le luganighe de cragno (originarie della regione montana slovena della Carniola, da qui il nome), costine, carne di maiale bollita, il ‘cotto in crosta‘… Quest’ultimo onnipresente nei buffet triestini, è il prosciutto cotto, leggermente affumicato, che viene cucinato dentro una sfoglia di pane e poi servito caldo, tagliato rigorosamente a mano, a fette spesse e servito con cren; è il più tipico degli antipasti triestini anche se di origine boema, adottato dalla cucina triestina in tempi remoti. Le porzioni, ricordiamoci, devono restare mini.
Il piattino con il contorno può essere di melanzane impanate, come quelle tipiche greche, anzi è stata proprio la piccola comunità greca a farle conoscere ed apprezzare in città, patate in tecia, Liptauer o l’amatissimo piattino con i capuzi garbi. Il tutto da onorare con birra o un calice di vino.

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Si può anche optare per un rebechin con la cucina di mare, sardelle, sardoni panati, frittura di calamari, mussoli…
I mussoli sono molluschi bivalve, raccolti in Istria e poi distribuiti nei vari punti di vendita in città. Una volta erano considerati, da molti triestini, il modo più gustoso per fare il rebechin; erano comunissimi in queste zone e preparati e venduti agli angoli delle strade, insomma il classico street food come lo si chiamerebbe adesso. Trieste era piena delle mussolere poi, vuoi per un’improvvisa moria del mollusco che da abbondantissimo diventò merce rara e smise di essere così economico, ma soprattutto per le precauzioni igienico sanitarie imposte nel 1973 a seguito di casi di colera, la vendita ambulante dei mussoli diventò impossibile.
(Qui inserisco il link ad un post di Chefs4Passion che contiene le immagini dei mussoli, per chi non li conoscesse)

Il rebechin è un’abitudine ancora più che radicata a Trieste,  e le foto del post infatti illustrano  2 miei spuntini di questo tipo in città.

:)

Bloody Ivy


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