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Il risveglio della società civile

Creato il 01 dicembre 2010 da Ronin

Il risveglio della società civile

Il 28 novembre il sito Wikileaks diffonde in rete 250mila documenti riservati del Dipartimento di Stato americano.

Il 29 novembre va in onda l’ultima puntata di “Vieni via con me”, programma d’opinione che polverizza ogni record d’ascolti.

Il 30 novembre raggiungono la massima intensità, nel giorno dell’approvazione della legge, le proteste studentesche contro la riforma universitaria.

Tre fatti totalmente scollegati, certo. Ma forse no.

Se ci si pensa bene in questi tre eventi la matrice comune è il coinvolgimento della gente, con una forza che da tempo non si percepiva.

 

Il risveglio della società civile

1. Assange e le sue Gole Profonde non hanno fatto niente di incredibile o di drammatico come politici e funzionari cercano di far credere. E nemmeno hanno rivelato segreti (non è un caso che i documenti non siano classificati “secret”, ma soltanto “restricted” o al massimo “confidential”).

Anzi, lo scalpore delle rivelazioni deriva in buona parte dal fatto che confermano cose che quasi tutti già sapevano/pensavano. Qualcuno è rimasto sconvolto dal fatto che Berlusconi sia un inetto, che Sarkozy sia un egocentrico o che i governanti mediorientali siano doppiogiochisti? Davvero questi sono i segreti della diplomazia?

Ne dubito fortemente. I potenti sono solo imbarazzati e infastiditi dal loro sputtanamento pubblico. Così come accadrebbe a chiunque parlasse male di un amico, e poi questo lo venisse a sapere per vie traverse.

Le relazioni internazionali ci hanno abituato a sorrisi e strette di mano. Tutti amici, davanti alla stampa e alle televisioni. Era ovvio a chiunque che nel privato non potesse essere così, che culture e personalità così distanti, e spesso in conflitto, avessero rapporti molto meno amichevoli di quello che volevano farci credere nelle apparizioni pubbliche.

Ma vederlo nero su bianco fa tutto un’altro effetto. Spoglia il potere della patina ipocrita e buonista per restituirci un’immagine, se non reale, almeno più vicina alla realtà. Le antipatie, i rapporti di forza, le preoccupazioni, i dubbi, appaiono finalmente in tutta la loro problematicità. Il mondo si rivela essere ancora una volta, come se ce ne fosse bisogno, complesso, contraddittorio e decisamente impotente di fronte a sè stesso.

E per la prima volta, grazie a quella magia che è internet, è il mondo intero a rendersene conto, non solo gli intellettuali e le persone informate dei fatti.

“Il Re è nudo”, mai fu così vera questa espressione.

Il risveglio della società civile

2. “Vieni via con me” poteva essere un programma come tanti, in cui personalità di spicco dei più svariati campi si siedono per discutere dei problemi dell’attualità.

Per fortuna gli ideatori/conduttori sono abbastanza intelligenti e lungimiranti da rendersi conto che probabilmente questo format è ormai così abusato e snaturato da aver perso molto della sua capacità di far riflettere.

Invece di un’arena virtuale in cui una persona dice una cosa, quella successiva afferma esattamente il contrario e tutto va a finire in rissa verbale (o fisica), lasciando lo spettatore solo più irritato e sfiduciato di quando si era seduto, Fazio e Saviano hanno sperimentato qualcosa di nuovo.

O meglio, hanno riscoperto qualcosa che nuovo proprio non è, ma che forse, nell’era del “vince chi urla più forte”, era stato dimenticato: raccontare storie.

E’ un modo diverso di porsi: non c’è il confronto del botta e risposta, ma c’è l’opinione, il punto di vista. Ovviamente discutibile, ci mancherebbe. Si lascia per una volta perdere quella degenerazione del concetto di obiettività, per il quale se nello stesso momento non vengono interpellate tutte le possibili posizioni allora si è faziosi.
E invece è molto più utile, per il nostro cervello, ascoltare un pensiero come quello di Saviano, strutturato, umile e profondo, che tutti i dibattiti di Annozero. E di questo sono profondamente convinto.

I monologhi  li hanno definiti “lenti e didattici”: certo, fanno più comodo le frasi brevi e lapidarie, dei ragionamenti complicati. Il riduzionismo dei problemi piace molto ai politici, perchè permette di far sembrare tutto bianco o nero, buoni contro cattivi. Invece  spesso le sfumature e le ramificazioni sono il cuore della questione, e purtroppo questo necessità uno sforzo di comprensione e uno spogliarsi delle proprie idee già formate pregiudizialmente.

Ma i 10 milioni di spettatori (quasi un italiano su cinque) mi fanno pensare che forse alla gente non dispiace pensare, quando gliene si da l’occasione.

Poi è giusto che una persona ascolti tante voci e cerchi di non essere prevenuto nei propri ragionamenti. Ma per farli, i ragionamenti, la mente ha bisogno di essere informata e stimolata, grazie a persone più esperte che forniscano gli strumenti. E Vieni via con me fa proprio questo: solletica il cervello, fa venire voglia di capire più a fondo i problemi, e anche di impegnarsi di più nel trovare le soluzioni.

Ogni puntata mi ha lasciato con una bella sensazione, nei confronti di me stesso e del mondo esterno, come una voce nella testa che sussurra “Forza, che forse non tutto è perduto..”. Non capitano spesso sensazioni del genere, ancora più raramente quando si tratta di televisione.

Il risveglio della società civile

3.  Riguardo al terzo punto, invece, la mia posizione è ambivalente.

Da un lato, sulla scia di quanto detto, mi emoziona vedere le masse di studenti che protestano e rivendicano il diritto al proprio futuro. Non ho mai creduto a chi diceva che i giovani “d’oggi” sono ignoranti, superficiali e disinteressati. O meglio, ovviamente ce ne sono a bizzeffe, di ragazzi così, ma ce ne sono sempre stati anche in passato e sempre ce ne saranno, ma insieme ad un bella fetta che non si lascia scivolare le cose addosso. Con buona pace dei sempreverdi “ai nostri tempi.. Nel ’68.. l’impegno politico.. ecc”, sono ancora convinto che la mia generazione abbia tanto da dare e fare, e che i presupposti, se li si cerca bene, ci sono tutti.

 

Nel merito della questione, però, ho forti perplessità. Innanzitutto sul livello di informazione riguardo alla riforma. E con “informazione” mi riferisco al testo della legge, non all’articolo di Repubblica che la riassume nei punti e nei modi che preferisce.

Dobbiamo cercare di spogliarci di due cose: primo, di quella pigrizia mentale che ci porta a prendere le notizie di seconda mano, invece di andare alla fonte; secondo, dei preconcetti ideologici che spesso influenzano e addirittura manipolano il nostro pensiero. E’ quello che gli psicologi chiamano “self-serving bias”, cioè la tendenza a distorcere i fatti in direzione del risultato che vogliamo.

Non è facile, ma bisogna provarci. E provandoci si possono anche avere delle sorprese. Ad esempio, se si legge il testo originale del ddl Gelmini, facendo finta di non sapere da chi è stato fatto, forse ci si renderebbe conto che ci sono delle cose molto buone. Alcune discutibili, altre colpevolmente assenti, ma anche diversi elementi ragionevoli e innovativi. Elementi che potevano benissimo essere proposti da un governo di centrosinistra, e che in quanto tali sarebbero stati probabilmente apprezzati. Ed è questa la cosa che mi da più da pensare: ma se il tal disegno di legge, identico, fosse uscito dal governo che appoggio, invece che da quello che contrasto, penserei la stessa cosa su di esso? Lo contrasterei ugualmente? O mi convincerei che è buono solo perchè arriva dalla parte “giusta”?
Siete così sicuri della vostra risposta?

Ora non voglio mettermi a fare un elenco dei pregi e dei difetti dela riforma: sarebbe lungo e probabilmente meriterebbe un post a parte. Chiunque è perfettamente in grado di farlo da solo, e ci sono in giro molti articoli di ottimi giornalisti che analizzano nel dettaglio i punti salienti.

Volevo solo porre l’accento sulla questione del nostro modo di approcciare le questioni politiche: ci lamentiamo con i politici di essere più inclini a litigare fra loro che ad occuparsi dei veri problemi del paese, ed è tristemente vero, ma in fondo non viene anche a noi più facile avere delle idee preformate e “sicure”, invece di confrontarci sulla base di fatti e dati, e magari dover cambiare le nostre posizioni?

No, non sto diventando di destra.. Ma il mio cervello ha ancora il primato sulle mie posizioni politiche.

 

Comunque, dopo questi tre discorsi in apparenza (e anche in realtà) slegati, la cosa che più conta, per me, è la percezione di questo scuotersi dal torpore dei sensi, come se la società si stesse piano piano svegliando dal sonno in cui si è sempre cercato di mantenerla.

Forse non vuol dire niente, e probabilmente tutto continuerà come è sempre andato.

Però..


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