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Il ritorno dei bamboccioni

Creato il 28 febbraio 2010 da Adc
Il ritorno dei bamboccioniBamboccioni. Ultimamente sentiamo sempre più spesso questa parola: in tv, alla radio, la leggiamo sui giornali e su internet. Per chi non lo ricorda il primo ad utilizzare tale “simpaticissimo” termine per descrivere la meglio gioventù italiana è stato Tommaso Padoa Schioppa, ministro dell’economia del “governo” – se così si può definire – Prodi, era il 2007. Ma entriamo nello specifico. Per bamboccioni il caro ministro intendeva indicare tutti quei ragazzi o ragazze che, superati i trent’anni, vivono ancora a casa con mamma e papà. In altri termini, propose una legge per “incentivare” i ragazzi ad uscire di casa e raggiungere una propria autonomia. Naturalmente, tale proposta non fu presa in considerazione. E non abbiamo sentito più parlare di bamboccioni, almeno fino al 17 gennaio 2010, data in cui Renato Brunetta, il ministro in miniatura della Pubblica Amministrazione e dell’Innovazione (quello della lotta agli impiegati fannulloni e all’assenteismo, per intenderci), pronuncia in una trasmissione della radio Rtl 102.5 la fantomatica parolina: bamboccioni, appunto.
Da lì, è scoppiata una polemica che non accenna a placarsi. Brunetta ha infatti ricevuto critiche sia dalla sua maggioranza che dall’opposizione. Ma questo, almeno a me, interessa poco.
Vorrei fare un ragionamento su quello che realmente conosco, cioè sulla mia esperienza. Io ho ventidue anni e sono uscito di casa a diciannove, appena dopo la maturità. Da allora non sono più rientrato, salvo per qualche visita e le festività. Sono stato due anni a Roma e da due anni sono a Bologna. Questo, quindi, non farebbe di me un bamboccione. Ma solo in linea teoria. Se non avessi avuto alle spalle i miei genitori, non avrei potuto mai e ripeto MAI uscire di casa, a meno che non avessi desiderato abitare una panchina del parco, dell’università poi non ne parliamo. Come possono pensare, Schioppa, Brunetta o chi per loro che, oggi, in Italia un ragazzo possa uscire di casa e diventare autonomo appena terminate le scuole superiori se, nel nostro paese, perfino i laureati stentano ad affermarsi?
Ma torniamo alla mia esperienza. Io negli ultimi due anni ho cambiato svariati lavori, nessuno pagava più degli ottocento euro e parlo di full-time, non di part-time, che non si discostano dai quattro-cinquecento. Uno che ci fa con ottocento euro, quando, solo per avere un buco è costretto a spenderne almeno cinquecento al mese? E l’università, chi la paga? Da mangiare? Da bere? Non si esce più? Questa è la situazione in Italia, purtroppo, inutile nascondersi.
Proprio dall’università parte, a mio modesto parere, il problema. Non sono organizzate, non esiste una comunità vera e propria, il concetto di campus (a modello statunitense) non è che un lontano miraggio. In questo modo la soluzione di uscire fuori di casa finisce anche col perdere attrattiva. Perché uno, potendo studiare a casa facendo parte, così, di un nucleo consolidato, dovrebbe andar fuori e vivere da emarginato? La mia impressione è che alcuni personaggi del nostro panorama politico si esprimano su argomenti che non conoscono affatto, per darsi un’aria da salvatore della patria. Ma, nel nostro caso, questa patria non esiste. Siamo soli, rendiamocene conto una volta per tutte. Pardon, a parte quando si avvicinano le elezioni, in quei periodi ci sono tutti vicini, disponibili ad ascoltare la nostra voce e a sopperire ai nostri bisogni. Onorevole, no?

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