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Il ROI del Digital? La sopravvivenza!

Da Alesantambrogio @alesanta

ROI - return of invertelment concept in word tagE’ il cruccio dei Direttori Marketing e dei CFO. E’ l’Araba Fenice invocata dalle aziende per riuscire a definire correttamente gli investimenti e lo spauracchio per le agenzie che temono di vedere legati i propri compensi a KPI non sempre così facilmente definibili o collegabili con una semplice equazione causa-effetto. E’ il ROI, acronimo che significa Return on Investment, ovvero quanti euro posso ottenere come ritorno da ogni euro investito in attività digitali.

Assodato che il Web è un media estremamente complesso e articolato, viene naturale osservare che, se la discussione è tuttora aperta in merito al ROI delle attività di comunicazione tradizionali (ormai dette offline), sul mercato da decenni, non sorprende che il bandolo della matassa non sia ancora stato trovato per un media sulla scena da una ventina d’anni ma realmente esploso solo negli ultimi dieci.

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Questo è dovuto a molti fattori: al fatto che, come la comunicazione tradizionale, anche quella digitale è altamente segmentata. Così, come si cerca di ricavare il ROI dalle attività di Direct Marketing o di Pubblicità o di Relazioni Pubbliche, allo stesso modo si chiede il ROI della Fan Page o della SEO o del sito web, perdendo spesso di vista la visione globale. Questo è tanto più vero nello scenario attuale di convergenza dei media, non solo digitali, di cui si è più volte parlato in questo blog.

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La convergenza, infatti, mette in gioco scenari complessi, in cui i consumatori transitano da terminali differenti, anche nell’ambito della stessa ricerca, utilizzando piattaforme diverse e mischiando naturalmente l’esperienza online e quella reale. Misurare in modo troppo verticale (per esempio cercando di capire il ROI della pagina Facebook aziendale) o con metriche mutuate da altri media (come il numero di fan, quasi fosse l’audience di un programma televisivo) può quindi essere fuorviante. Sempre più occorre sollevarsi dal singolo strumento o veicolo per abbracciare una visione più ampia di impatto globale sul business. Anche perché non di soli Social Media vive il Digital.

La presenza deve essere sempre più articolata e richiede risorse per la corretta gestione dei molti strumenti: dal sito (ebbene sì, spesso i fondamentali sono ancora trascurati) alla SEO, dai Social Media all’e-commerce, dai siti di recensioni alla link popularity, dalla web reputation alla creazione e gestione di community. Senza dimenticare che Internet fornisce anche strumenti per ottimizzare processi e costi all’interno e all’esterno dell’azienda, permettendo di intervenire in modo profondo, per esempio, sulla gestione della supply chain, o attivando operazioni di crowdsourcing o sviluppando modelli collaborativi di gestione aziendale in grado di generare valore.

Lo sa bene Google, che in Veneto avvia un progetto per potenziare la presenza in rete dei distretti industriali italiani, spesso all’avanguardia per innovazione e creatività ma ancora carenti per la presenza web. In collaborazione con UnionCamere e il Ministero dello Sviluppo Economico il motore di ricerca finanzierà 20 borse di studio per giovani under 28 che cureranno il profilo internet di altrettanti distretti, partendo dal tessile veronese. L’obiettivo? La crescita economica. Secondo una ricerca di fattoreinternet.it, le PMI attive in rete hanno registrato una crescita nell’ultimo triennio pari all’1,2% a fronte di un calo medio del 4,5% delle pmi offline e un’incidenza dell’export cresciuta al 15% contro il 4%.

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Anche l’e-commerce è in forte ascesa, con oltre 7,2 milioni di italiani che lo usano abitualmente e 12 milioni di individui che hanno effettuato almeno un acquisto negli ultimi tre mesi (fonte: Netcomm set 2012). Uno scenario sempre più reale non solo nel B2C ma anche nel B2B che apre costantemente nuove prospettive soprattutto per le PMI.

In uno studio intitolato The Great Transformer: the impact of the Internet on economic growth and prosperity, un po’ datato (Ottobre 2011) ma tuttora valido sotto molti aspetti, McKinsey sottolineava come il valore del PIL collegabile a Internet fosse pari al 3,4% nelle economie più sviluppate. Un valore superiore a settori come l’agricoltura o l’energia. Inoltre, negli ultimi 5 anni, nelle nazioni più economicamente sviluppate, la crescita del PIL è stata guidata dal contributo di Internet per il 21% del totale.

Tradotto in pratica? E’ vero che Internet ha contribuito al calo dell’occupazione in molti settori, soprattutto dei servizi. Tuttavia, per ogni posto di lavoro distrutto, Internet ne ha creati mediamente altri 2,6 divenendo il più alto catalizzatore di sviluppo e di creazione di posti di lavoro nel mondo industrializzato. E se è vero che le grandi imprese hanno raccolto grandi vantaggi dall’utilizzo della Rete, lo studio condotto da McKinsey su 4.800 PMI in 12 nazioni ha evidenziato tassi di crescita due volte più rapidi in quelle che utilizzavano Internet e una più rapida internazionalizzazione del business. Internet ha permesso a molte PMI di diventare aziende globali.

Questo è tanto più vero in settori chiave dell’economia italiana come il Turismo, in cui la selezione di una destinazione, o una prenotazione, passa sempre più per Internet o per le forche caudine delle recensioni online. Non è quindi un caso se la Turchia, uno dei Paesi a più rapido tasso di crescita nell’utilizzo di Internet, abbia rapidamente scalato le classifiche delle destinazioni turistiche mondiali piazzandosi al sesto posto con una crescita record di quasi il 9% di visitatori sull’anno precedente. Un chiaro segnale di come sviluppo della penetrazione di Internet e sviluppo del business vadano di pari passo.

Anche se relativa a un solo settore e a un solo strumento, questa infografica, sviluppata da Tripadvisor a seguito di una ricerca condotta sugli utilizzatori è chiaramente esemplificativa di come Internet porti un impatto concreto sul business, con modalità in cui il ROI è difficilmente misurabile.

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Il ROI di una recensione positiva che si tramuta in prenotazione è infatti frutto di un processo articolato che si sviluppa innanzitutto offline – avere struttura e servizio all’altezza delle aspettative dei clienti – ma anche online – essere trovati nelle ricerche, disporre di un sistema di prenotazione autonomo o essere inseriti nei grandi portali, attività promozionali, ecc. – per portare clienti soddisfatti che scrivano recensioni positive.

Chiudo con una tabella ricavata dallo studio McKinsey precedentemente citato:

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La tabella mette in relazione lo stato dello sviluppo dell’infrastruttura web con il contributo al PIL generato da Internet. Gran Bretagna e Svezia, che godono di infrastrutture solide e sviluppate e di operatori telefonici forti, sono anche le nazioni che hanno l’incidenza maggiore di Internet nel proprio PIL. L’Italia è un fanalino di coda che sarà rapidamente superato anche da Brasile e Russia che si  muovono con tassi di crescita superiori al 10%.

Certo, l’infrastruttura portante è vitale e l’Italia sconta un ritardo dello Stato e degli operatori nello sviluppo della banda larga. Tuttavia occorre che l’infrastruttura non diventi un alibi. Oggi le aziende italiane, soprattutto le PMI, sottoutilizzano Internet sia per carenza di banda installata sia per sviluppo di iniziative Internet based. Marketing 2.0, Enterprise 2.0 non solo slogan da appiccicare a un sito di e-commerce o a una fan page, bensì sottintendono a veri e propri cambiamenti di mentalità per adottare le nuove tecnologie e metterle realmente al servizio del business.

Che conclusione trarre da tutti questi dati? Certamente non quella di smettere o di rinunciare a misurare il ritorno sugli investimenti nel digitale dato che, come per ogni attività di business, la misurazione resta un aspetto cruciale. Occorre però maturare l’idea che la scelta digitale non è più un’opzione e che, anzi, è uno strumento sempre più necessario alla sopravvivenza (prima ancora che allo sviluppo) di un’azienda moderna. Per cercare il ROI reale della presenza su Internet, occorre però smettere di guardare al dito e spostare l’attenzione sulla Luna. In altre parole smettere di cercare di misurare il ROI di ogni singolo strumento per valutare l’impatto sul business in chiave globale, sia in termini di maggiori ricavi così come di minori costi.

Il ROI del Digital? La sopravvivenza!
  Alessandro Santambrogio - Liquid


Filed under: Comunicazione Integrata, Digital marketing, News Tagged: Alessandro Santambrogio, CFO, direttori finanziari, direttori marketing, distretti, e-commerce, ecommerce, liquid, liquid communication, mckinsey, ministero sviluppo economico, piccole medie imprese, PIL, PMI, return on investment, ritorno sull'investimento, ROI, The Great Transformer: the impact of the Internet on economic growth and prosperity, turismo, unioncamere

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