Magazine Astronomia

Il Sole a scuola

Creato il 19 ottobre 2010 da Stukhtra

Astro.Net: una follia di successo

di Marco Cagnotti

Metti un tizio con un chiodo fisso. Metti una scuola che fa sperimentazione didattica. Metti un branco di studenti tendenzialmente fancazzisti (come tutti gli studenti). Mescola. Aspetta due anni e guarda che cos’è venuto fuori. Astro.Net, si chiama.

La scuola è l’ISIS Valceresio di Bisuschio, in provincia di Varese. Peschiamo dal suo sito Web la presentazione che offre di sé medesima:

“L’Istituto (…) è autonomo, per volontà degli Enti Istituzionali, dall’anno scolastico 2000/01, in riferimento al DPR n. 233/98 relativo al dimensionamento della rete scolastica. L’intento dell’Istituto è sempre stato quello di predisporre un piano di offerta formativa (P.O.F.) elaborato sulla base dei dati di realtà monitorati, afferenti alle aspettative e ai bisogni dell’utenza e all’analisi del contesto territoriale per rilevarne le necessità formative e le risorse derivanti dalla presenza delle forze economico, culturali, sociali, morali e assistenziali con le quali interagire per intessere rapporti e rafforzare la progettualità e la propositività degli operatori interni”.

Traduzione dal burocratese:

“Facciamo un po’ quel cazzo che ci pare, ma cerchiamo di farlo bene”.

Ispirato e mosso da questa filosofia, Mario Gatti ha cercato di unire l’utile al dilettevole, dove per “utile” si intende guadagnarsi la pagnotta come gestore del laboratorio di fisica dell’ISIS Valceresio e per “dilettevole” seguire la passione che lo affligge (pover’uomo) fin dai tempi dell’infanzia: il Sole. A Mario il Sole piace in tutte le salse e gli ha pure dedicato un sito Web, Solarspots. Mario non perde giorno, quasi non perde ora senza buttare un’occhiata all’ultima immagine arrivata da SDO, all’ultima variazione del flusso radio, all’ultimissimo flare che la stella ha spernacchiato in giro. Come mai? Non si sa. C’è chi si dà ai trenini, chi ai francobolli, chi al calcetto o agli scacchi. Mario Gatti si dà al Sole. Chi siamo noi per giudicarlo? Tanto più che pure noi, per la verità…

Il Sole a scuola

L'uomo del Sole. (Cortesia: M. Gatti)

Ma non divaghiamo a torniamo ad Astro.Net: un progetto messo in piedi da Mario negli ultimi due anni scolastici e in procinto ormai di addentrarsi nel terzo. Per farci spiegare che cos’è, in che cosa consiste, come funziona, che cos’ha funzionato e che cosa è andato storto e perfino come può cambiare le esistenze delle persone, abbiamo incontrato per l’appunto Mario insieme a tre sue “vittime”: Charlotte, Chiara e Giorgia. Ovvero tre studentesse che, insieme alla loro compagna Ilaria, sono rimaste intrappolate nelle maglie di Astro.Net. Loro quattro sono la squadra di punta, er mejo der mejo venuto fuori dal progetto.

Mario, come nasce il progetto Astro.Net?

Mario: Nasce dalla richiesta di un docente di scienze della nostra scuola, che nel 2008 è venuto a chiedere a me, che sono il gestore del laboratorio di fisica, di immaginare un progetto didattico al di fuori della normale attività scolastica. Lui pensava a qualcosa di biologia. Io, che sono impallinato per il Sole, ho preso la palla al balzo e ho proposto di portare il Sole dentro la scuola. Così è nata l’idea di coinvolgere gli studenti nello studio del Sole.

E come si studia?

Mario: Effettuando osservazioni sistematiche e regolari della fotosfera e della cromosfera, per calcolare ogni giorno il Numero di Wolf, e dell’attività sul lembo solare.

Perché proprio il Sole? In fondo il tuo collega pensava alla biologia e…

Mario: Perché piace a me. (Ride)

Ah, ma se la metti così…

Mario: No, guarda, ci sono anche ragioni più oggettive. Per cominciare, il Sole si può studiare di giorno. Se avessimo organizzato un’attività astronomica di altro genere avremmo dovuto far venire gli studenti di notte, con la necessità di avere le autorizzazioni dei genitori e con tutte le complicazioni che puoi immaginare. Invece durante il giorno i ragazzi sono già a scuola e possiamo inserire l’attività nel programma scolastico. Poi per studiare il Sole servono strumenti che non costano troppo e che non sono molto ingombranti: alla portata di una scuola, insomma.

E gli studenti coinvolti sono stati tanti?

Mario: Il primo anno 150, il secondo 85 nuovi e 36 reclutati durante l’anno precedente.

Ma adesso è appena iniziato un nuovo anno scolastico e…

Mario: …e ancora non posso darti delle cifre precise, perché non abbiamo ancora deciso quali classi far partecipare. Però posso anticiparti che ci sarà di sicuro una quarantina di osservatori suddivisi in gruppi di sei persone al massimo.

Fra i docenti qual è stata la reazione?

Mario: No comment.

Eh?

Mario: (Si rabbuia) No comment, ho detto.

Come sarebbe?

Mario: Sarebbe che non lo so. Al di là delle poche persone che hanno collaborato con me seguendo gli studenti e al di là di alcuni insegnanti di fisica e di matematica, non sono mai stato contattato da altri né ho mai avuto occasione di scambiare qualche opinione. D’altronde quest’attività era limitata al nostro gruppo e forse molti docenti nemmeno sanno che esiste. Diciamo che probabilmente c’è stato qualche piccolo problema di comunicazione interna.

Magari avresti potuto organizzare una giornata di informazione per la scuola.

Mario: Ci avevo pensato e avevo anche trovato un nome adatto: Solar Party. L’ho proposto a chi sta sopra di me, ma non se n’è fatto nulla, forse per problemi organizzativi.

Queste le non-reazioni in alto. E in basso? Gli studenti come hanno preso questo progetto didattico?

Mario: Inizialmente non hanno reagito per niente.

Classico: da studenti. Le cose piovono dall’alto e si piglia quel che capita.

Mario: Già. Probabilmente non sapevano nemmeno come sarebbe andata a finire.

Charlotte: All’inizio ci hanno messo davanti questi fogli con le macchie e ci hanno spiegato che cos’avremmo dovuto fare…

Chiara: …ma non è che capissimo bene il senso o il fine ultimo dell’operazione.

Giorgia: Mario continuava a ripetere: “Lo capirete presto, lo capirete presto”.

Chiara: Per la verità l’abbiamo capito solo alla fine dell’anno.

Il Sole a scuola

Er mejo der mejo: da sinistra, Chiara, Charlotte e Giorgia. (Cortesia: M. Gatti)

Va bene fare il disegno… Ma non avete avuto una reazione tipica da studenti che subiscono tutte queste menate, queste sperimentazioni didattiche, qualcosa del tipo “Cheppalle!”?

Ragazze: (In coro) Nooo…

Giorgia: Anzi! Il primo anno il lavoro si svolgeva durante le ore di mate e di fisica. E a volte ci andava anche bene: perdevamo ore di teoria o di esercizi e facevamo altro.

Chiara: All’inizio eravamo tutti contenti.

Mario: A questo aggiungi che, soprattutto durante il secondo anno, ho sentito crescere una reazione decisamente positiva. Io penso che molti di loro credano in quello che fanno, che non partecipino solo per fare un piacere a me. Magari si divertono anche. Sentono che è un’attività che li arricchisce sul piano scolastico ma anche umano, perché lavorano con persone al di fuori della loro ristretta cerchia di conoscenze. Il primo anno, pionieristico, lo hanno un po’ subito. Ma durante il secondo li ho sentiti più partecipi. Per me è stato molto soddisfacente.

Ragazze, se siete state selezionate come squadra “di punta” e siete qui oggi a raccontarcela, evidentemente quest’attività vi ha appassionate. Perché?

Charlotte: A me le materie scientifiche sono sempre piaciute. E quest’attività mi ha permesso di scoprire quella che mi piace di più.

Giorgia: Sì, ma lei è fuori.

In che senso “è fuori”?

Giorgia: Nel senso che, invece di uscire, Charlotte sta a casa a leggere libri di fisica.

Charlotte: E allora? A me piace!

Giorgia: (Ride) Tu vivi su un altro pianeta e stai ancora cercando le tue radici.

Chiara: Io ho la mente meno scientifica di Charlotte. A me questo progetto è piaciuto perché ho scoperto qualcosa che non sapevo: che sul Sole ci sono delle macchie. E poi l’ambiente è sempre stato molto amichevole. Ci siamo trovati bene fra noi studenti e anche con Mario.

Mi sembra che tu insista soprattutto sull’aspetto sociale di quest’esperienza…

Mario: Sì, Chiara è la più filosofa.

…e allora, Chiara, ti sarebbe andato bene anche infilzare spilloni nelle farfalle?

Chiara: No, anche a me interessa molto quello che facciamo. Però, se dovessi farlo in un ambiente umano poco gradevole, non lo farei.

E tu, Giorgia?

Giorgia: Anzitutto sto capendo che tutto questo ci servirà molto e avrà un effetto sui risultati scolastici.

Molto pragmatica.

Giorgia: E poi a me piace qualsiasi cosa nuova si possa imparare: tutte le cose che comincio sono così. In questo caso mi interessa soprattutto la connessione fra il Sole e la Terra. E so che quest’anno capiremo quali effetti provoca il Sole sul nostro pianeta.

Bene, esaurito l’aspetto sociale della faccenda, entriamo allora nello specifico scientifico. Come si è sviluppato questo progetto?

Mario: Beh, il primo anno è stato solo di addestramento. Gli studenti si sono limitati a riprodurre i disegni della Specola Solare Ticinese, a classificare i gruppi, a calcolare le coordinate eliografiche e il Numero di Wolf, e in più hanno ricevuto qualche rudimento di fisica solare. Il secondo anno i nuovi studenti hanno ripreso daccapo questo lavoro, mentre fra quelli che l’avevano già svolto ne sono stati selezionati alcuni, particolarmente meritevoli, che hanno cominciato a mettere le mani sul telescopio. Inoltre hanno approfondito i concetti di fisica sul materiale prodotto da me. Ed è stato un errore.

Il Sole a scuola

Tutto comincia con i disegni... (Cortesia: M. Gatti)

Un errore?

Mario: Sì, perché non l’hanno letto.

Proprio da studenti. Immagino che tu li avrai adeguatamente cazziati per questo.

Mario: Eh, ma anch’io avevo forse dato loro troppa roba da leggere. Magari anche in inglese. Loro hanno riconosciuto con sincerità di aver messo da parte questo materiale senza utilizzarlo più di tanto. E io ho apprezzato molto questa loro sincerità. Così quest’anno impariamo lavorando.

Scusa, Mario, ma non funziona mica così. Il capo sei tu. Sei tu quello che comanda. Ci vuole un pugno di ferro in un guanto di acciaio. Gli studenti ubbidiscono e zitti. O no?

Giorgia: Guarda che ormai Mario per noi non è un professore. Il rapporto è ben diverso e soprattutto va anche al di là dell’attività scolastica. Noi ci rivolgiamo sempre a lui quando abbiamo qualche difficoltà. Per esempio, se ci va male una verifica, andiamo da lui a piangere. E fra l’altro ci costa pure una bella fatica, anche perché dobbiamo fare due rampe di scale per arrivare al laboratorio.

Mario: (Ride) Vedi, io ho sempre cercato di costruire quest’attività in modo collaborativo. Il primo anno per me erano ragazzi che si avvicinavano a un’attività nuova e praticamente sconosciuta. Durante il secondo anno li ho considerati degli apprendisti. Adesso, con il terzo anno del progetto, io li vedo come colleghi di lavoro. E fra colleghi si discute e, se qualcuno sbaglia, chi ha commesso l’errore lo riconosce e cambia tecnica. Io ho accolto le loro critiche, peraltro sempre motivate e costruttive. Così quest’anno impareranno lavorando. Saranno loro a chiedermi del materiale di approfondimento, se ne sentiranno il bisogno, altrimenti cercherò di fornire loro le nozioni in modo operativo.

E quest’anno che cosa farete?

Mario: Anzitutto gli studenti che avevano cominciato il progetto l’anno scorso inizieranno a propria volta le osservazioni. I più anziani le proseguiranno, ma quest’anno aggiungeranno anche il monitoraggio dell’attività geomagnetica. Infatti alla fine dell’anno dovranno sostenere esami di geografia astronomica, geologia e fisica dei campi elettromagnetici, ma nessuno pensa mai di far studiare com’è fatto il Sole e com’è fatta la Terra per poi collegare insieme le due cose attraverso il “collante” dell’elettromagnetismo. Perché, alla fine, la storia è tutta qui. Io invece ritengo che per loro sia molto interessante e utile. E per questo lo faremo insieme.

Giorgia: E’ ovvio. E’ la cosa che ci interessa di più. Così quest’attività diventa non più parallela al programma scolastico, ma trasversale.

Mario, quale pensi sia il vostro maggior successo?

Mario: Senza dubbio il fatto di essere diventati un Osservatorio ufficialmente accreditato presso il Solar Influences Data Analysis Center (SIDC) di Bruxelles. Pensavamo di riuscirci nel 2011, ma ce l’abbiamo fatta con un anno anticipo.

Benvenuti nella squadra, allora.

Mario: Per un anno ci terranno sotto osservazione, almeno finché il nostro coefficiente di riduzione per il calcolo del Numero di Wolf non dimostrerà di rimanere costante. Poi saremo ufficialmente parte anche noi, come scuola, del network degli Osservatori.

Naturalmente non sono tutte rose e fiori. Accanto alle soddisfazioni, in questo progetto quali sono state le principali difficoltà per i ragazzi?

Mario: Il progetto si è accavallato con altre attività scolastiche, perciò di sicuro hanno subito qualche disagio. L’orario scolastico è stato sconvolto in alcune occasioni e sono dovuti restare a scuola più a lungo.

Giorgia: L’anno scorso nella nostra classe in 12 abbiamo dovuto dedicare a questo progetto un’ora in più alla settimana. E… sai com’è: il nostro tempo libero lo consideriamo sacro. Non era facile, quando i nostri compagni andavano a casa. Però il clima fra noi era buono, perché eravamo pochi e motivati.

Mario: Fra l’altro, l’anno scorso Chiara, Charlotte e Ilaria si sono sciroppate un discreto numero di disegni anche durante le vacanze di Natale. Infatti dovevano allinearsi con i disegni che facevo io, che a mia volta cercavo di allinearmi alla Specola. Però ci siamo riusciti: i nostri Numeri di Wolf erano praticamente uguali.

Il Sole a scuola

La macchia! Dov'è la macchia? (Cortesia: M. Gatti)

E quali sono state le difficoltà per te?

Mario: La fatica fisica. All’inizio avevo sulle spalle la gestione di sette classi, poi di cinque classi e sette gruppi di osservazione. Dovevo preparare le esercitazioni, correggerle, archiviarle, preparare gli strumenti, pubblicare i risultati sul sito Web… alla fine dell’anno scolastico ero ridotto uno straccio. Non so se avrei retto, se fosse durata ancora una settimana. Ero proprio stanco fisicamente.

Loro sono studenti e fra qualche mese andranno a fare altro nella propria vita. Ma per te, Mario, tutto questo sbattimento… onestamente, chi te lo fa fare?

Mario: Io mi diverto come un matto. Godo di una fortuna comune a pochi: avere un lavoro che è anche il mio hobby. Se non mi occupassi di studiare il Sole per lavoro, lo farei da solo, a casa mia. Perché, te l’ho detto, mi diverto.

Ragazze, per chiudere… quali sono i vostri progetti per il futuro? Questo progetto li ha influenzati in qualche modo?

Charlotte: Mio padre mi aveva suggerito di andare a studiare biologia e in effetti avevo già sviluppato un interesse per le scienze. Però quest’esperienza mi ha dato molta soddisfazione e ho scoperto che cosa mi piace davvero. Perciò voglio studiare fisica.

Fisica?

Charlotte: Esatto.

E pensi di farcela? E’ una bella sfida. O forse una bella sfiga…

Charlotte: (Perplessa) Mah! Non lo so. Andrò un po’ allo sbaraglio.

Chiara: Io invece so che questa non è la mia strada. Mi è piaciuto quello che abbiamo realizzato, ma ho capito che è troppo complicato per la mia testolina. Però non so che cos’altro farò.

Quindi per te quest’esperienza è un fallimento?

Chiara: No, no. E’ solo che io non mi trovo con la fisica che si studia a scuola.

Giorgia: Io invece ho scoperto che c’è un’altra parte della fisica, una parte che posso apprezzare più di quella che facciamo in classe. E voglio andare a studiare matematica per diventare insegnante.

Insegnante… di matematica? Ma tu sei fuori come una grondaia!

Giorgia: Perché? A me piace insegnare! Anche all’interno del progetto, Mario mi ha dato la possibilità di presentarlo durante gli Open Day della scuola.

Mario: Giorgia è portata per queste cose. Quest’anno mi piacerebbe farle tenere qualche lezione alle new entry, gli studenti che cominciano per la prima volta. Così proverà davvero che cosa significhi insegnare…


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