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“Il sospetto”, uno sceneggiato da Friedrich Dürrenmatt

Creato il 02 marzo 2015 da Temperamente

Il sospetto. Vi siete mai chiesti cosa fosse?  Dürrenmatt forse sì, e da qui è partito per raccontare la sua storia, con tutta una serie di interrogativi. Cosa spinge l’anziano commissario Hans Barlach a indagare sul medico nazista Nehle, torturatore nel campo di concentramento di Stutthof, un boia che uccideva le sue vittime durante terribili operazioni chirurgiche? È un impulso irrazionale il suo, un inspiegabile bisogno di giustizia? O desidera che la ragione trionfi sul caos e sull’assurdo? E, soprattutto, cosa spinge un uomo a sospettare di qualcuno?

Queste e altre domande si agitano nella mente di chi guarda Il sospetto, sceneggiato televisivo tratto dall’omonimo libro di Friedrich Dürrenmatt; domande che, come schegge impazzite, si sottraggono a una risposta definitiva.
Daniele D’Anza dirige (1972) una trasposizione impeccabile e angosciante, girata quasi tutta in interni, in cui la tensione è nelle parole dei personaggi, interpretati da grandi attori come Paolo Stoppa, Mario Carotenuto e Adolfo Celi.

E non è esagerato parlare di nostalgia per la televisione degli anni ’70, una televisione ingenua, profonda e lontana, i cui livelli difficilmente verranno raggiunti in futuro. Ma poco importa. Ciò che colpisce de Il sospetto, oggi e sempre, è il lento sprofondare nello stesso incubo del commissario Barlach, un uomo disposto a tutto pur di stanare un pericoloso criminale nazista, un aguzzino che, in una lussuosa clinica di Zurigo, continua la sua corsa al massacro. Insieme al medico Hungertobel e all’evanescente amico Gulliver, Barlach scopre che Nehle operava solo volontari, i quali, se sopravvissuti alle torture, sarebbero stati rimessi in libertà, in un gioco sadomasochistico che fa esplodere qualsiasi netta distinzione tra vittima e carnefice. Alla fine, il messaggio è evidente: il bisogno di fare giustizia è naturale quanto quello di commettere crimini e aberrazioni, un bisogno irrazionale, per il quale ogni spiegazione è inutile.

Non resta che «i morti seppelliscano i morti» e che un Dio, lontano e imperscrutabile, ci assista, in silenzio, nella nostra battaglia.


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