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Il suicidio, un sintomo del progresso?

Creato il 19 novembre 2014 da Pietro Acquistapace
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Tonga, un’immagine da cartolina

Questo blog si è più volte occupato del suicidio, in particolare per il suo essere manifestazione di crisi economica e culturale. Il suicidio è sempre stato un tema del quale non si parla volentieri, quasi come possedesse una carica eversiva ben più inattaccabile della rivolta, il suicida ponendosi definitivamente fuori dall’ordine costituito, facendo quindi “altro” non può di fatto essere condannato, la sua voce continua a riecheggiare. Il suicidio è spesso riconducibile alla perdita di certezze, siano queste individuali o collettive. La globalizzazione ha di fatto scardinato le società tradizionali, sostituendo al mondo conosciuto un mondo lontano, ignoto e spesso veicolato dai mezzi di informazione che lo propagano in forma stereotipata e superficiale. Il suicidio è un vero e proprio fantasma internazionalista che unisce regioni del mondo estremamente diverse fra loro.

A prima vista le isole del Pacifico, ad esempio Tonga, sono quanto più simili al paradiso si possa immaginare, perdute nel blu dell’oceano e immerse in panorami da documentario, sfondo ideale per miriadi di pubblicità televisive. Eppure qui il suicidio è realmente un’emergenza sociale, visto che in questo angolo di mondo si rilevano alcune tra i tassi di suicidi più alti al mondo. Recenti ricerche hanno messo in luce come tra le cause principali ci sia la frustrazione per il non riuscire a sostenere le sfide economiche e sociali imposte da un mondo che cambia a ritmo vertiginoso. Sempre più connessi ad un’economia mondiale, anche sugli atolli è arrivata la crisi economica con il suo carico di disoccupazione. Il tasso più preoccupante di suicidi si ha tra i giovani che vedono andare in pezzi il loro universo relazionale. La frustrazione dovuta al mancato raggiungimento di uno stile di vita globalizzato sta letteralmente togliendo risorse al futuro di queste isole.

Problematiche simili si hanno in una zona completamente diversa ma altrettanto isolata: i territori del nord del Pakistan. Qui la modernità è iniziata con la costruzione della Karakorum Highway, cui è seguito un radicale stravolgimento della vita delle popolazioni nord-pakistane, con la dissoluzione delle tradizionali strutture locali di potere. Il caso pakistano mette in rilievo le contraddizioni della modernità che allo stesso tempo offre possibilità individuali, attraverso elementi quali la diffusione della scolarizzazione, a fronte di una frantumazione delle reti collettive e conseguente insicurezza diffusa. Non è un caso che qui ad essere più colpite dai suicidi siano le giovani donne, che nonostante l’ansia emancipatrice dell’Occidente, si trovano due volte sole: per la rottura dei cardini su cui la società in cui sono cresciute si reggeva e per il loro percorso sulla via dell’istruzione che le aliena dai ruoli tradizionali.

Il suicidio quindi come compagno di strada dei primi passi verso la modernità. A dimostrarlo potrebbe essere il fatto che in Cina il fenomeno ebbe il suo picco negli anni ’90, ma in questo caso i soggetti più colpiti erano gli anziani, in particolare le donne delle aree rurali. Il treno dei suicidi sembra quindi correre sul binario dell’identità, sia per la perdita della tradizionale che per il mancato raggiungimento della “nuova”. I primi ad esserne colpiti sono gli anziani fino a quando la società ormai avviata verso il moderno, integrata in un contesto globale, non offre modelli irraggiungibili ai giovani, che a questo punto diventano a loro volta protagonisti delle tristi statistiche. In realtà ancora oggi in Cina il suicidio è socialmente presente, anche come protesta contro l’obbligo della cremazione, a scapito della sepoltura, provvedimento che si pone il fine di risparmiare terra da utilizzare ad altri scopi.

Almeno a giudicare dalle fonti ufficiali i paesi in stato di avanzata modenità sarebbero meno colpiti dal fenomeno del suicidio, qui infatti le persone sono bene o male ormai state “inquadrate” ed il problema non si ha più nella perdita di certezza, almeno per quello che riguarda le strutture sociali. La modernità a questo punto relega il suicidio a fasce marginali, non integrate, concentrandosi sulla stabilizzazione e la repressione del malessere, da qui l’abuso legalizzato di farmaci e psicofarmaci. Il suicidio è riservato a chi si trova fuori dalla cittadella, combattuto per la sua carica improduttiva diventa il rifugio di chi, diventato povero, si ritrova a vivere uno stato pre-moderno, privato del suo potere d’acquisto. Senza andare a scomodare riferimenti letterari quali Camus ed il sempre citato Kirillov, possiamo dunque dire che il suicidio rappresenta un campanello d’allarme, ma anche un elemento estraneo che inceppa l’ingranaggio.

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Fonte immagine: Wikicommon


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