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IL TAMBURO DI LATTA - di Günter Grass

Creato il 17 aprile 2013 da Ilibri
IL TAMBURO DI LATTA - di Günter Grass IL TAMBURO DI LATTA - di Günter Grass

Titolo: Il tamburo di latta
Autore: Günter Grass
Anno: 1959

Quando Günter Grass ha ricevuto il Nobel per la letteratura, in mezzo a quegli accademici travestiti da pinguini in smoking, sarebbe stato mirabolante che i passi verso la premiazione fossero scanditi da Oskar con il suo tamburo. Il rullo dissacrante di Oskar avrebbe dovuto fare da colonna sonora a quell'evento.

Chi è Oskar?

Oskar è il protagonista de "Il tamburo di latta", romanzo allegorico e surreale che Grass scrisse sul finire degli anni Cinquanta dopo aver metabolizzato il nazismo, al quale il giovane scrittore aveva aderito, essendo poi diventato uno stimato socialdemocratico.

Un libro monstre, per il contenuto esuberante e pittoresco che vi è narrato, ma anche per l'aspetto fisico dell'eroe principale.

Oskar è deforme, difforme, abnorme, rispetto al resto della gente e delle circostanze. È un nano con la gobba, mostruoso emblema della deformità nazista del periodo, che a tre anni ha deciso di non crescere più e di suonare un tamburo dal quale non si separa mai.

Ha una nonna che ha avuto due mariti; una madre che gli darà due padri, quello biologico e quello legale; un figlio del quale sarà padre biologico anch'egli. Il tutto tra l'avvento del nazismo e la sua discesa.

È dissacrante in chiesa, nelle parate, nei locali, con il suo tamburo di latta che metterà anche al collo di Gesù in chiesa per farglielo suonare. E rompe i vetri con il suono della sua voce, fracassando vetrine per dar modo alla gente di rubare i gioielli.

Per la dote di distruttore di vetri verrà espulso da scuola, facendosi però una cultura sua con i testi che gli passa la moglie del pasticcere.

Tra l'arresto della sua crescita e la sua ripresa a trent'anni, c'è tutta l'epopea nazista. Sarà un caso che smetta di crescere con l'avvento del nazismo e decida di crescere alla sua fine?

Il testo è un libro di memorie che Oskar rivive all'interno del manicomio dove è rinchiuso perché accusato di omicidio: è stato un suo amico a denunciarlo a seguito del ritrovamento di un dito con un anello infilato di una donna in un campo.

"Il mio infermiere non può dunque essermi nemico. Ho preso a volergli bene, a questo controllore appostato dietro lo spioncino. Appena mi entra nella stanza, gli racconto vicende della mia vita".

Il nano con la gobba è cinico, scaltro, opportunista, ma anche generoso, affettuoso, tenero.

La madre si suicida con un'abbuffata di pesce dopo aver scoperto di essere nuovamente incinta: teme di mettere al mondo un altro figlio come Oskar.

Il padre putativo muore ammazzato da una fucilata dei nazisti per aver ingoiato una spilla che lo stava strozzando, per una serie di equivoci tragicomici.

"Non mi posso nascondere, nemmeno quando sono più in vena di lamentele, che è stato il mio tamburo, anzi sono stato io stesso, il tamburino Oskar, a portare alla tomba prima la mia povera mamma, e poi Jan Bronski, mio zio e padre."

Per un periodo sarà preda di una nana da circo con la quale allestirà spettacoli per le truppe tedesche, rientrando a casa il giorno prima del terzo compleanno di suo figlio Kurt.

Oskar ama Maria, che sposa un altro, ma lo renderà padre. A suo figlio regalerà un tamburo di latta.

Qualcuno vede in Oskar la trasfigurazione della Germania nazista: ha portato lutti a tutte le persone che gli hanno voluto bene.
Altri vedono nel tamburino la resistenza al nazismo, lo sberleffo con le mazzate sul tamburo e con i soffi vetricidi. Una pernacchia alla grandiosità e alla magnificenza del terzo Reich.

Günter Grass ha fatto i conti con il suo passato nazista, ha sviscerato drammi, caricature e passioni folli con questo suo romanzo. Avrebbe potuto fare ammenda e percuotersi i testicoli a suon di bottigliate, cospargersi il sale sulle ferite autoprodotte con la carta vetrata. Invece ha  fatto un lavoro egregio. Ci ha catapultato in luoghi dai nomi improbabili, in situazioni grottesche e paradossali, in un calderone di sentimenti disparati e tutti validi, suscitando commozione e identificazione anche in un essere sgraziato come Oskar.

"Può essere che la mia gobba e la cassa toracica tanto convessa quanto stretta, iniziante già sotto il mento, sottolineassero con sufficiente contrasto la bellezza della mia mano, del mio occhio, l'aspetto piacente della mia capigliatura. Ad ogni modo accadeva abbastanza spesso che infermiere, nella cui stanza di guardia io sedevo, afferrassero le mie mani, giocassero con tutte le mie dita, fossero tenere anche coi miei capelli, e nell'uscire si dicessero l'una all'altra: "Quando lo si guarda negli occhi, si potrebbe facilmente dimenticare tutto il resto."

Anche dopo venti anni dalla lettura de Il tamburo di latta sopraggiunge la malinconia per l'atmosfera creata da Grass con il suo capolavoro. Il fatto che sia stato anche nazista non pregiudica alcunché: uno scappellotto può bastare.

  

 

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