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Il Tao della precarietà.

Creato il 22 dicembre 2010 da Enricobo2
Tutta la filosofia che sta alla base della cultura orientale è sempre stata molto attenta al problema della stabilità, considerando l'equilibrio del corpo e della mente, fondamentale per il benessere psicofisico. Lo stesso concetto di salute è legato in maniera indissolubile al mantenimento di uno stato di armonia, di non conflitto, di sostanziale mancanza di contrasti tra le diverse parti del corpo. Il corretto fluire delle cose per eliminare l'instabilità tra i diversi stati è la fonte di ogni tipo di benessere inclusa l'assenza di malattia, che è poi il loro concetto di salute. Che questo punto di vista sia o no estremo è da discutere, ma non si possono disconoscere i vantaggi della stabilità. Invece pare che nel nostro mondo si sia affermato un concetto addirittura opposto che vuol farci credere che l'instabilità sia un valore non solo da difendere, ma da incentivare, quasi che l'essere sempre sul punto di perdere qualcosa, migliori l'efficienza, il risultato. Quindi via libera, santificandolo, al precariato in ogni sua forma, soprattutto quando questo maschera il più bieco e deteriore sfruttamento della gente. Si parte dal non se ne può fare a meno, e via con è utilissimo per entrare nel mondo del lavoro, al crea occupazione, fino a il fatto è che la gente non ha più voglia di lavorare.
Non c'è modo più bieco e falso di far passare il modo più truffaldino per sottopagare chi lavora tenendogli un cappio al collo e negandogli ogni qualunque elementare diritto, per un amorevole e ponderato sistema ideato da benefattori del popolo che pensano solo al proprio benessere. Davvero vomitevole. Ora nessuno nega il fatto che ci sia la necessità da parte di chi ha bisogno di un lavoratore per tre mesi abbia la possibilità di avere un contratto ad hoc, così come a chi vuol mettersi a disposizione per un lavoro in modo parziale, sia possibile farlo. Questo è un bene, anzi stabilizza una zona grigia non correttamente contemplata. Ma la truffa, con strizzata d'occhio, parte quando questa tipologia di contratto viene estesa in maniera finta, facendo passare per temporaneo quello che non è. Si finge che un ragazzo ti serva per tre mesi o anche solo per uno, poi gli si rinnova il contratto all'ultimo giorno all'infinito, per tenerlo sulla corda e stringergliela a poco a poco attorno al collo, privandolo di avere un futuro normale. La parte che approfitta pensa di essere furbissima, guarda come li abbiamo fregati, adesso siamo noi a cavallo all'asino. E non si rendono conto, che questo avvilire chi lavora per te, ti porta soltanto disamore per il lavoro, per la tua azienda, un rapporto malato in cui non c'è più fedeltà morale tra le parti, in cui si cerca solo di prendere il massimo che si riesce ad arraffare, ad imparare per poi andarsene dal primo altro che ti offre una minima condizione migliore.
Con una totale ed assoluta perdita di efficienza, di cui poi gli stessi indecenti responsabili, si chiedono il perchè stupiti. Eppure sarebbe così facile regolamentare efficacemente una necessità reale e giusta che preveda che chi ha davvero bisogno di dare lavoro a qualcuno per tre mesi o voglia offrire la propria attività in modo parziale lo possa fare in modo corretto, che esca dalle varie zone grige preesistenti. Basterebbe che questo tipo di rapporto fosse meno conveniente dal punto di vista finanziario, così che verrebbe attivato solo da chi ne ha la reale necessità. Fine automatica del falso e dei furbacchioni. Invece la deriva di questo stato di instabilità precaria crescente è sempre stata la stessa nella storia. Viene un momento in cui la corda sempre più tesa, sempre più sottile e fragile, si spezza e allora sono lacrime e sangue. Il corpo della società disequilibrata si ammala irrimediabilmente ed è malattia, rivoluzione e guerra, in un cupio dissolvi catartico, fino a che si crea un nuovo equilibrio, non necessariamente migliore, certamente diverso.

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