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Il tema energetico nella visuale iperlogica

Creato il 11 maggio 2012 da Elvio Ciccardini @articolando

Energia: intervista allo scienziato Vincenzo Caprioli
a cura di Giuliana Poli

L’Iperlogica è una disciplina scientifico-filosofica che si propone di riconsegnare al pensiero umano la capacità di scegliere tra opportuno e inopportuno, conveniente e sconveniente, logico e illogico, relativamente a temi di vasta portata sociale. Notizia di questi giorni è che nasce una nuova piattaforma creata da Enel Green Power, Edison, Cesi, Gse, Pwc e Politecnico di Milano, dedicata a promuovere l’energia verde nella sponda sud del Mediterraneo. Il “Res4Med” rappresenta il primo passo tra le iniziative internazionali sulle rinnovabili ed è nato per dialogare con le istituzioni e favorire gli investimenti energetici nel Mediterraneo. L’idea è quella di puntare sull’energia pulita e creare un network attivo tra Italia e la Tunisia…

Chiediamo a Vincenzo Caprioli, padre dell’Iperlogica, il motivo per cui, nella sua filosofia, si parla di “riconsegna”; questa affermazione sottintende che oggi, su questi temi, a scegliere non sia il pensiero umano, scientificamente consapevole, libero e coerente: per colpa di chi e perché in tema di energia non si agisce con ragionevolezza? Il Res4Med parla di energia pulita ma esiste davvero?
”Non si agisce con ragionevolezza poiché i più formidabili ostacoli al ragionamento corretto sono le opinioni di massa, luoghi comuni dati per scontati, ed interessi economici che non pongono al centro l’uomo ma il mero profitto. A proposito di energia, il luogo comune più pernicioso oggi è che possa esistere un’energia pulita. Usciti da un periodo storico, che considerava “Manna dal Cielo” qualunque opportunità di sfruttamento energetico, siamo entrati nel periodo storico che riconosce, all’abuso di risorse fossili (carbone, petrolio, gas fossile), la responsabilità di alterazioni climatiche e quant’altro. Si parla ovunque di energie rinnovabili e pulite, anche se nessun tipo di energia è propriamente pulita in senso assoluto; le valutazioni che bisogna sempre fare sono quelle di mettere in comparazione i costi con i ricavi, cioè se produrre una certa quantità di energia è conveniente in termini economici e soprattutto ambientali. Se poi l’utilizzo dell’energia solare, dell’energia eolica è in aggiunta, anziché in sostituzione dell’energia da risorse fossili, significa che il miraggio di una transizione facile favorisce il perdurare degli abusi vecchi accanto ad abusi nuovi.
In natura, persino l’energia rinnovabile e ubiquitaria in assoluto più accessibile, cioè quella solare, ha imponenti risvolti di nocività; basti pensare al fenomeno erosivo da essa indotto (sgretolamento di rocce e manufatti) e all’effetto biocida esercitato da alcune sue componenti (raggi gamma, raggi UV). Dove c’è poca vita, nei deserti ad esempio, l’energia solare fa molti danni, sgretolando particelle di roccia o di terra e attivando reazioni chimiche, per lo più di natura ossidativa. Ciò che rende pulita l’energia solare sono: il filtraggio atmosferico e gli ecosistemi. Sono stati questi ultimi a modificare, in senso virtuoso, il flusso di energia. Essi si sono organizzati nel corso di miliardi di anni per sfruttare al meglio l’energia radiante che nutre direttamente gli organismi fotosintetici e scalda quelli eterotrofi, trasformando in biomassa; le enormi quantità di fitoplancton e zooplancton che popolano gli oceani, e che rappresentano il primo anello delle catene alimentari marine.
Sempre di energia solare hanno bisogno boschi e foreste sulla terraferma; grazie al pigmento verde fotosensibile (la clorofilla) le foglie dei vegetali trasformano il biossido di carbonio dell’aria in ossigeno e materia organica zuccherina.
La perfezione dei sistemi biologici, che utilizzano energia radiante, è assoluta e generosissima: essi, infatti, svolgono compiti di interesse generale (assorbimento e conversione dell’energia, ossigenazione dell’atmosfera, sottrazione di CO2) accanto a compiti di utilità propria (accumulo di riserve zuccherine e amidacee), che però tornano ad essere di utilità collettiva nel momento in cui essi divengono cibo per altre forme viventi”.

A proposito del fotovoltaico perché secondo lei non è un’energia pulita? Questa risposta è importante se considera che i nostri migliori paesaggi italiani sono ormai tappezzati di questi impianti e la cementificazione dei territori ha causato una perdita di 600 mila ettari tra territorio naturale ed agricolo dal 1950 al 2000?
“Lei ha messo il dito nella piaga: un territorio come quello italiano, ad altissima densità di popolazione e cementificato molto oltre il limite sostenibile, non ha certo bisogno di campi fotovoltaici. Ben vengano invece il fotovoltaico, il solare termico ed il solare termodinamico su superfici artificiali già esistenti (i tetti di capannoni, immobili etc.) o superfici comunque non fruibili da alcun tipo di vegetazione. Ben vengano altre energie rinnovabili, entro un’ottica anzitutto di risparmio e razionalizzazione”.

Alla luce di quanto affermato come risolverebbe “con ragionevolezza” le energie che abbiamo a disposizione e quale buon uso farne in relazione alle spinte economiche che ne promuovono l’utilizzo? 
“Anzitutto occorre una percezione sociale non “bulimica” dell’energia, che è solo uno strumento aggiuntivo a ciò che la natura può dare abbondantemente, se non degradata. Noi stiamo pagando un prezzo altissimo per cose che facciamo male, usiamo tanta energia, sporchiamo e distruggiamo senza averne neanche un ricavo economico, tutto diventa uno spostamento di denaro. Per esempio negli anni ’40 alcuni scienziati tedeschi avevano dimostrato la cancerogenicità delle fibre di amianto, e nonostante questa scoperta è stato inondato il mondo con questo materiale che ha procurato innumerevoli decessi ovunque. Oggi finalmente, l’amianto, è stato messo al bando, ma ancora è un problema non risolto. Il risultato finale è che i danni diretti e le bonifiche imposte son costate 100 volte più di tutti i paventati vantaggi economici. Si pensi poi all’enorme morìa di api che sta avvenendo in tutto il mondo da un paio di anni a questa parte, con pesanti ricadute anche sulla frutticoltura che ha bisogno della loro funzione impollinatrice. La causa sono questi nuovi insetticidi denominati nicotinoidi i quali in grado di decimare le famiglie di api che hanno portato in alveare polline o nettare contaminato. La civiltà umana “spara” nell’ambiente sostanze che s’insinuano nelle catene alimentari e i cui effetti sono visibili dopo decenni d’uso. L’ecotossicologia può fare qualcosa per prevedere i danni, ma le interazioni possibili sono troppe perché sia possibile testarle tutte. Se la società stessa è priva di logica, i risultati della ricerca assumono le funzioni di armi a disposizione di un folle. Quindi bisogna cambiare, ma il cambiamento vero richiede però anche quella revisione profonda delle convinzioni scientifiche, a vari livelli, che la mia disciplina promuove anche nei campi dell’economia, della salute e dell’etica e che rappresenta il buon senso, fare cioè delle scelte che rimettano al centro l’uomo e la natura. Sviluppare il solare e le forze energetiche prodotte dalla natura come per esempio l’acqua, significa riconsegnare alle famiglie e cioè al popolo un po’ di autonomia economica dalle “corporations” e ciò ha un valore sociale poiché responsabilizza la gente e una  politica di riconversione.

Da studi effettuati la domanda di energia crescerà dell’1,5% all’anno in media fino al 2030. Cosa pensa di questa smisurata richiesta di energia?
“Le argomentazioni su crescita demografica e fabbisogno energetico sono una litania non sense che ascoltiamo da decenni. Un obeso di 160Kg non ha bisogno di più cibo, chi gliene fornisce sempre di più è un criminale. Così come l’obeso deve tornare ad essere persona sana e funzionale, la società moderna deve ricollocare un territorio risanato al centro delle sue attenzioni ed organizzarsi a vivere di ciò che esso può fornire senza danni collaterali. Rimane altresì positivo che grosse società prima orientate sull’energia fossile e sul nucleare cerchino di riorganizzarsi su altre basi”.


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