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Il teschio più santo

Creato il 06 novembre 2014 da Salone Del Lutto @salonedellutto

A un’appassionata “fu-turista” la Sicilia sa sempre riservare grandi emozioni sia che rientrino in un programma stabilito a tavolino, sia che si tratti di sorprese. Pur essendoci stata nei giorni dei morti, non sono entrata in nessun cimitero, preferendo concentrarmi su catacombe chiese e castelli. E proprio in un castello ho trovato lei. La nonna più illustre della storia…

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Ph. Roberto Mammana

Ph. Roberto Mammana

Superata di poco Cefalù, imbocchiamo l’uscita Castelbuono-Pollina e la strada comincia a inerpicarsi fra i tornanti del Parco delle Madonie. Questo posto incantato, prima d’oggi, lo associavo a una sola parola: la “manna”, che non ha nulla a che vedere con la sostanza piovuta dal cielo secondo la Bibbia, ma è il magnifico prodotto di un albero, il Fraxinus ornus, che dà dolci stalattiti bianche, utilizzate spesso in pasticceria. Il secondo motivo per cui ho imparato a conoscere Castelbuono, però, è davvero legato alla Bibbia, al Nuovo Testamento, per la precisione, e alla famiglia più celebre di cui il testo sacro riporta le vicende. Infatti è proprio a Castelbuono, all’interno della cappella palatina del castello edificato dai Ventimiglia a partire dal 1316, che è custodita una delle reliquie più ambite di tutti i tempi: il teschio di Sant’Anna, madre di Maria e nonna di Gesù.

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La sua è una storia avventurosa perché, prima di trovare la sua collocazione definitiva tra i colli madoniti, compì lunghi viaggi, dalla Terra Santa alla cattedrale francese di Apt, e fu spartito in più frammenti che si sparsero in tutta Europa. Colui che ne ottenne le parti più consistenti, barattandole coi suoi possedimenti in Lorena e occupandosi della ricostruzione del teschio – le parti mancanti furono sostituite con placche di bronzo – fu Guglielmo Ventimiglia, membro di una famiglia di nobili e mecenati che per secoli condizionarono, nel bene e nel male, la storia borgo. Inizialmente, la reliquia fu collocata a Geraci, dove i Ventimiglia avevano stabilito la propria residenza, ma nel 1454 fu trasferita a Castelbuono, che la famiglia elesse a nuova capitale.

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Le avventure del sacro teschio, però, non finirono qui perché, il 25 luglio 1603, quando il marchese Giovanni III da Ventimiglia si apprestava a celebrarne la festa, si accorse che la reliquia era stata sottratta. Lutto: le campane suonarono a morto, gli addobbi di gioia furono sostituiti da manti neri e il cordoglio cittadino proseguì per anni finché il 22 gennaio del 1615 nel convento di Santa Lucia del Borgo a Palermo un frate zoppo dalla nascita non rinvenne il cranio mentre stava zappando l’orto e, appena l’ebbe tra le mani guarì dalla sua infermità. Sant’Anna era stata ritrovata, e poteva finalmente fare ritorno a casa.

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Dal 1683 al 1687, per volere di Francesco IV Rodrigo Ventimiglia, le fu allestita una nuova cappella, al piano nobile del castello, i cui fregi e decori furono realizzati in stucco da Giuseppe Serpotta. Nella parete in fondo, in posizione centrale sopra l’altare c’è la nicchia con il reliquiario contenente il sacro teschio. Realizzato nel 1521 su commissione di Isabella Moncada, moglie di Simone Ventimiglia, il prezioso contenitore è sormontato da un busto d’argento della stessa Sant’Anna, e per la maggior parte dell’anno è celato alla vista. La nicchia, infatti, è chiusa da una grata e ci si deve accontentare di sbirciare per cogliere qualche scintillio d’argento o provare a distinguere le fattezze del cranio.

Ph. Roberto Mammana

Ph. Roberto Mammana

Tuttavia, il “rapimento” è assicurato dalla ricchezza degli stucchi. Ai due lati della nicchia putti gioiosi sorreggono festoni al cui interno sono raffigurate scene di vita della santa: le nozze tra Anna e Gioacchino e la presentazione al Tempio di Maria. Per il resto è un rincorrersi di immagini su fondo oro, in un horror vacui molto armonico, che non può non destare meraviglia. Elementi vegetali, aquile, angeli e putti, ma anche qualche presenza un po’ più inquietante, qualche essere celeste che diventa un satiro o una maschera teatrale, nello sguardo e nel riso. Qualche demone sparpagliato qua e là. A guardare gli stucchi del Serpotta mi sarei fermata per ore, e avrei voluto conoscere il significato di tutti i simboli aggettanti dalla parete. La cappella di Sant’Anna è piccola, ma avvolge completamente. E t’induce a trascorrervi del tempo. In compagnia di putti, demoni e del sacro teschio.

Ph. Roberto Mammana

Ph. Roberto Mammana

Quel teschio che io non ho potuto vedere, ma che ogni anno, nel corso dei festeggiamenti della santa, viene esposto, omaggiato, portato in processione e infine benedice tutti i presenti prima d’essere nuovamente riposto nella sua teca. I festeggiamenti sono lunghissimi: durano in tutto una decina di giorni e culminano il 27 luglio, il giorno consacrato alla santa patrona. Pur non avendovi preso parte immagino vi si possa trovare un po’ di quel calore spettacolare che invade le strade di Siviglia al passaggio della Macarena, il venerdì della semana santa. E immediatamente ho voglia di seguire il teschio di Sant’Anna nella sua processione per le vie strette di Castelbuono, di scivolare piano sulla cera che cola sul lastricato, di sentire le bande che suonano per il teschio della nonna più santa del mondo.

Ph. Roberto Mammana

Ph. Roberto Mammana

Ma a Castelbuono vale davvero la pena passare anche in un altro periodo. Perché la cappella in sé vale la visita così come il Tesoro di sant’Anna, che ora è esposto negli antichi appartamenti dei Ventimiglia, allo stesso piano dell’edificio riconvertito in museo civico. E non fosse per sant’Anna, ne varrebbe la pena per provare la dolce manna nella produzione della pasticceria Fiasconaro o – anche – i funghi dell’osteria Nangalarruni. Andiamo?

di Silvia Ceriani
Le foto, tranne alcuni casi indicati, sono mie.

Per saperne di più
Sant’Anna, storia e leggenda
La guida di Castelbuono, Edizioni Mercurio
Maria Concetta di Natale e Rita Vadalà, Il tesoro di Sant’Anna nel museo del castello dei Ventimiglia a Castelbuono, Flaccovio Editore, 2010

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