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Il trabocco di Emiliana De Vico

Creato il 27 ottobre 2012 da Junerossblog

Il trabocco di Emiliana De Vico

Carissime amiche, dopo la pausa riprendiamo il nostro consueto appuntamento con le “Nuove penne”. Il freddo si sta avvicinando e che cosa c’è di meglio di una storia d’amore che ci riscaldi il cuore?   Oggi è la volta di Emiliana De Vico. Il racconto parla di un tema a noi molto noto, quello dei matrimoni combinati. La protagonista, Elisa, è infatti innamorata di Antonio ma è costretta dalla famiglia a sposare un altro uomo. Come ben sappiamo molte donne sono state e sono tutt’ora vittime di questo destino. Che cosa farà la nostra Elisa? Si piegherà al volere dei genitori, continuando a sognare l’amore di un uomo che le è negato oppure smuoverà mari e monti per vivere la sua vita come vorrebbe?Lo scoprirete solo leggendo!;)   Quindi buona lettura e non dimenticate di lasciare il vostro commento!!!!SereJaneP.s. Vi ricordo inoltre, per chi ancora non lo avesse fatto, che siete sempre in tempo a mandarci i vostri racconti! Noi siamo sempre felicissime di leggerle e di condividerli con le nostre amiche! Seguite le istruzioni: LINK 
Il trabocco diEmiliana De Vico“Torna da me”, sussurrò alla pioggia che le bagnava il volto proteso verso l’alto. Sentiva i granelli di sabbia sollevati dal vento in piccoli mulinelli sulle labbra che non smettevano di recitare una preghiera. L’aroma di donna mescolato con quello della speranza aleggiava all’interno del trabocco, dove lei vegliava sul mare agitato. Elisa inspirò a fondo sperando che la vitastesse finalmente tornando da lei. Sentiva la coscienza forzare lo spazio e il tempo per raggiungere la piccola imbarcazione salpata ormai da un mese insieme alla piccola flotta di pescherecci del paese. Tutte erano all’ormeggio tranne una. Gli occhi arrossati per lo sforzo erano fissi all’orizzonte in quella notte senza luna. Eppure Elisa percepiva l’odore del suo uomo misto a quello così familiare del mare avvolgerle il cuore in un morbido abbracciò fatto di cascemir. Il trabocco si proiettava sull’acqua rombante come una finestra sul mondo liquido e spumoso. Avvicinandola a lui. Sentì lo sbatacchiare delle reti ancora appese ai sostegni in attesa che qualcuno calasse gli strascichi nell’acqua salmastra. Il suono e gli scricchiolii riempivano le sue orecchie ma non sfioravano la sua concentrazione. Gli occhi neri e lucidi come l’ebano laccato percorsero mille e mille volte il tragitto che la barca di Antonio avrebbe dovuto compiere per tornare all’insenatura e portare i marinai in salvo. Ogni notte si recava sul trabucco e aspettava. Se poi un temporale rumoreggiava forte innalzava una preghiera al Signore alzando il tono della voce per sovrastare il fragore dei venti, stretta in uno scialle consunto e troppo sottile per proteggerla. Ma quella era l’ultima notte, poi avrebbe dovuto abbandonare la veglia anche se mai avrebbe smesso di pregare per lui. Strinse le mani a pugno contro il petto, vedendo anche nel buio il luccichio dell’anello che le gravava sull’anulare sinistro. L’anello di un altro. Il singhiozzo si librò da quel pontile, volando sul pelo dell’acqua in attesa di essere raccolto dall’uomo che tante promesse le aveva lasciato prima di partire. Promesse che il suo cuore aveva accettato. Promesse che la sua mente aveva liquidato come impossibili. Le lacrime scesero lungo le gote mentre la disperazione si concretizzava in un peso doloroso alla base del costato. Il chiarore dell’alba sarebbe presto arrivato mentre una cantilena la incatenava sul pontile traballante: “fai presto amore mio”. Ma già il porpora si mescolava al viola dell’alba per poi sfociare in un rosso acceso tra le nuvole gonfie di pioggia e ancora la barca di Antonio fluttuava lontano dalla risacca. La sua veglia era giunta al termine pensò piegando il capo. Quello era il giorno del suo matrimonio con un uomo che non era Antonio. Scelto dalla sua famiglia e imposto al suo corpo come di consuetudine per le giovani in età da marito. Ma la sua anima sarebbe stata di quel marinaio che col canto l’aveva stregata. Tremò sotto il peso dei ricordi mentre con gli occhi della mente lo vedeva seduto sul molo a cucire le reti strappate e cantava per lei. Morì pensando di non poter udire più la sua voce. Di non sentire più la trama ruvida dei palmi sul corpo.Di non gustare più le labbra saporite spaccate dal sole e dalla salsedine. Si avvicinò ai pilastri di legno, scricchiolanti sotto le onde del mare e guardò l’acqua schiumante tra i pali di sostegno del trabocco. Un’idea lampeggiò improvvisa nascendo dall’inconscio che sapeva che quella barca veleggiava in lidi che mai corpo umano avrebbe potuto calpestare. “E se venissi io da te?” chiese al cielo venato di colori troppo sgargianti per un giorno così triste. I piedi si portarono un poco più vicino al bordo della piattaformaed Elisa chiuse gli occhi contro gli spumosi che giungevano fino al tetto. Liberò il dito dal peso dell’anello facendolo scivolare nel nulla e cantò mentre lasciava che il corpo di donna che troppo aveva desiderato divenire di Antonio cadesse verso quell’acqua che le aveva preso il futuro.  Gridò! Come sempre quando quell’incubo la faceva boccheggiare tra le onde delle lenzuola ingarbugliate attorno al corpo madido di sudore.“Tesoro ancora brutti sogni?”. Elisa annuì stringendosi dipiù al corpo del marito, cercandone il calore e trovando la pace tra le braccia che la cingevano. “Sono qui con te, non temere”. Marco la trattenne nonostante sentisse le resistenze del corpo morbido.“Direi piuttosto che sei sotto di me”. Elisa cedette al destino stendendosi sul dorso muscoloso di suo marito.Impresse un baciò sulle linee granitiche dei muscoli inspirando forte l’aroma di uomo e …  salsedine? Per un attimo l’odore così familiare del mare le arrivò nitido alle narici come se fosse ancora sul bordo del trabocco.Chiuse gli occhi stretti stretti vedendo le linee del volto dolce di Marco divenire più marcate come quelle di un marinaio con la pelle cotta dal sole. “Vorrei tornare a casa”, disse in un soffio sapendo già che non poteva far ritorno al luogo che l’aveva vista sprofondare anima e corpo.“Un giorno tornerai, ma non ora” quella era la risposta che Marco le dava da anni.Aveva ragione! Casa significava trabocco e trabocco a sua volta disperazione. Il passo era davvero breve tra disperazione e Antonio. Si girò nel cerchio caldo e sicuro di quelle braccia che anni prima l’avevano salvata. Non aveva mai raggiunto le onde fresche dell’Adriatico, sotto i ponteggi dei trabocchi, né le rocce scure e graffianti degli scogli. Si era impigliata alle reti che i pescatori avrebbero dovuto buttare, restando sospesa anima e corpo, tra le funi odorose di pesce e sale. Ingarbugliata tanto quanto la sua anima era libera da costrizioni. Fino a che Marco era arrivato trovando un dolce pesodondolare dal trabocco. Non aveva detto nulla, né aveva avuto la forza di raccontare il perché di quel tuffo nel vuoto che l’aveva insaccata come un salame. Le braccia forti l’avevano issata, stretta e trattenuta, avvolgendola col profumo di resina di pino tanto in disaccordo con gli odori del mare, fino a che il suo nome non era divenuto il suo, dinanzi a quel prete che avrebbe dovuto celebrare un'altra unione. Di notte, ancora oggi, recitava una preghiera al cielo. Eppure ora il suo cuore era in pace. Lontano dal mare, dal trabocco e dall’attesa. Era tra le dita di quell’uomo di montagna che l’avrebbe  tenuta al caldo e al riparo, tra gli odori del legno di bosco e di vegetazione e che mai l’avrebbe lasciata per il dolce richiamo del mare che ancora le cantava nelle vene.
Emiliana De Vico

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