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Il trasloco di San Martino

Creato il 13 novembre 2011 da Renatocappon

Il trasloco di San MartinoRicevo una puntuale riflessione di Dino Scantamburlo

Silvio Berlusconi a San Martino

Nella cultura contadina del Veneto San Martino segnava  il tempo dei traslochi, spesso imposti da padroni avidi e prepotenti a contadini nullatenenti e incapaci di sostenere oneri e balzelli pesanti.

In Italia, proprio in questi giorni sta avvenendo qualcosa del genere, ma con rapporti capovolti, perché– questa volta – è il padrone che viene sfrattato,

dato che la popolazione non accetta più di farsi governare da un cavaliere che, è bene ricordarlo:

- fin dall’inizio ha scambiato il servizio di governo e l’interesse comune con la ricerca di interessi e salvaguardie personali, familiari e delle sue attività economiche, ritenendolo carica proprietaria (non si era mai visto dal 1861 un presidente del Consiglio che intrecciasse – e in maniera spavalda e spregiudicata – gli interessi suoi con quelli del Paese da lui governato! Tanto meno, che si facesse approvare leggi – e così numerose! – ad personam, per tutelare le sue imprese e se stesso, obbligando i cittadini a pagare i suoi avvocati fatti diventare da lui parlamentari per fare le leggi di cui poi si servissero);

- di conseguenza, ha imposto una cultura di governo che appartiene ad altre attività, ma non è quella necessaria al governo del bene e dell’interesse di tutti (infatti, ha elevato a criteri di comportamento la salvaguardia di alcuni interessi forti, furberie e bugie, condoni, sondaggi,…);

- senso dello Stato e rispetto delle istituzioni? Spesso le ha irrise e svillaneggiate quando, in base alla sua mentalità, potevano urtare i suoi interessi;

- ha ridotto l’Italia ad ancella dipendente dell’Europa, non condividendone il progetto politico e, in fondo, non sostenendo più di tanto neppure quello economico;

- ha consentito, e al solo fine di durare, che un partito di non più del 10% di elettori (Lega) condizionasse fortemente le scelte di governo, imponendone anche di rozze e strampalate.

 

Con tre evidenti sostanziali fallimenti:

   < Doveva creare una “grande rivoluzione liberale”: non se ne vedono i risultati.

< Doveva, lui, imprenditore riuscito, ben governare l’economia: ha nascosto la gravità crescente della situazione, rinviando fino a quando è stato coattivamente obbligato, l’adozione di misure impegnative. Intanto, il debito pubblico è pericolosamente salito e le prospettive di lavoro e di previdenza per i giovani sono divenute allarmanti.

< Doveva rinnovare profondamente la classe politica: ne ha prodotto una, spesso improvvisata, beneficiaria di sue personali cooptazioni e riconoscimenti e perciò solo a lui doverosamente e leziosamente ossequiente.

Né si può trascurare che ha assecondato, legittimato, potenziato stili e comportamenti di cultura e di vita profondamente amorali, disvaloriali, dannosi all’educazione dei giovani e delle famiglie.

 

Certo, gli studiosi valuteranno tutto con serenità, ma non sarebbe onesto non prendere atto, accanto a qualche aspetto positivo, soprattutto dei danni ingenti compiuti all’Italia dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e poi dai molti – singoli e istituzioni – che, dentro e fuori la politica, l’hanno accolto, sostenuto, condiviso per interesse e lucro.

Lui in qualche modo si salverà; i danni dovremo pagarli per molti anni, noi cittadini.

——

Il futuro immediato:  Mentre  egli esce – finalmente! – da palazzo Chigi (resti a palazzo Grazioli- con i suoi pretoriani sconvolti nel dover perdere armi, bagagli e denari- a difendersi nei processi e a tutelare le sue imprese), noi ci sentiamo sostenuti dalla saggia e autorevolissima guida del Presidente della Repubblica che ci permette di guardare con qualche speranza al futuro. E che ha indicato nel prof. Mario Monti la persona adatta a reggere la difficilissima situazione, ad adottare misure pesanti, a ricuperare quella affidabilità in Europa (e nel mondo) che l’Italia ha avuto fino a un non lontano passato ed evitando un’impropria e inaccettabile diarchia franco-tedesca.

E’ tempo che tutti i partiti (anche l’Italia dei Valori) mostrino la saggezza di anteporre l’interesse generale (“prima, l’Italia”, ha detto Bersani) a quello del voto per la propria crescita elettorale, come ha stabilito anche il P.D.;

Le persone più avvedute del Pdl si impongano per condividere la soluzione di emergenza transitoria che si prospetta fino alle elezioni del 2013.

E il P.D. approfitti per essere promotore di proposte veramente riformatrici e innovatrici (non preoccupandosi se, alla luce dei criteri tradizionali possono apparire anche di destra), si dimostri il partito nuovo che voleva essere, ascolti Monti e gli lasci ampio spazio, non si preoccupi più di tanto di Vendola e della sinistra con il loro massimalismo ideologico e sostanziale conservatorismo, si impegni per la riduzione del debito, per la crescita economica e occupazionale, per  una lotta vera ed estesa all’evasione fiscale, per l’adozione di misure onerose prima di tutti per chi possiede patrimoni oltre certi valori, per la riforma della legge elettorale.

Però, prima di chiedere nuovi e pesanti sacrifici ai cittadini come sarà necessario, il P.D. si impegni subito per un atto che non è demagogico: faccia inserire nel programma di governo per approvarla subito, l’eliminazione “concreta e sostanziale” di vari benefici e privilegi oggi assegnati sia ai politici sia agli ex politici, senza difenderli con sofismi e arzigogoli dialettici! E si elimini subito pure quell’espansione fuor di misura che nell’ultimo decennio Camera, Senato, Presidenza del Consiglio, Ministeri hanno ottenuto in palazzi, personale, strutture, seppure a invarianza di ruoli e competenze. Affinchè si torni a guardare con rispetto al Parlamento.

Se così sarà, il tanto auspicato trasloco di San Martino 2011 potrà rivelarsi l’inizio di un cammino positivo, certamente arduo, duro e lungo, ma che inizierà a capovolgere il grave e allarmante declino nelle prospettive contingenti e a lungo termine della vita e dei legittimi progetti dei giovani, delle famiglie, dei cittadini d’Italia.

Dino Scantamburlo

 


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