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Il valore della vergogna

Da Mammacattiva

Il valore della vergogna

Marta Czok

Il giorno che capii fin dal profondo delle mie viscere di aver fatto una scelta sbagliata, una scelta che coinvolgeva la vita di una persona e il suo futuro, sprofondai nella vergogna, una vergogna così nera e totale che pensai che l'unico modo per uscirne fosse morire. Prendo le cose sempre molto seriamente e l'avergli detto "finché morte non ci separi" davanti a un capo della chiesa e magari anche davanti a Dio, alle istituzioni, ai miei genitori, a suo padre, a parenti ed amici mi sembrò un impegno serio, un giuramento che non potevo rinnegare. La soluzione sembrava poter essere solo auto-distruggersi, sparire dalla faccia della terra piuttosto che chiedere scusa o ammettere di essersi sbagliata.
Mi sono sempre interrogata sull'origine di un senso della responsabilità così forte, su cosa di quello che ci passano l'educazione, la morale, i geni, il caso combini un risultato così deciso. Per ognuno di noi esiste una frazione di secondo in cui ci si trova a scegliere tra il proprio bene e il proprio male. Come quella volta, a 16 anni, in vacanza, nella Francia della costa atlantica,  in cui mi ritrovai a una festa, con un gruppo di figli di papà, con la sola voglia di divertirmi e di sentirmi libera ma soprattutto bella e desiderata. C'era lo champagne, le ostriche della Bretagna e c'era anche la droga, una polvere bianca e inconsistente. Il tempo per dire sì o no era molto poco, il tempo per sentirsi dentro o fuori era ancora meno. Il mio non fu un atto di coraggio. Io non ero affatto coraggiosa o sicura di me, al contrario mi nascondevo dietro la scelta di affiancarmi a persone grandi e spregiudicate. Ma dissi di no, guardai negli occhi di quella persona e dissi più che altro a me stessa che potevo scegliere. Non pensai ai miei genitori, pensai a me stessa.
La scelta tra il bene e il male è per me un pensiero ossessivo. Ora poi che ho la responsabilità di due figli mi chiedo quotidianamente dove troveranno loro quel confine, lontani da me, dai miei occhi e dai miei permessi e dai miei divieti. Mi chiedo come sia possibile che io abbia provato vergogna per un matrimonio fallito e spesso per molto meno, mentre un uomo al vertice di uno stato, nell'esercizio delle sue funzioni pubbliche non abbia neanche un secondo di sussulto, neanche inconscio.
E allora mi chiedo se la vergogna non sia piuttosto un valore, se i sensi di colpa, quelli legati a scelte che provocano conseguenze tangibili, mutilanti sulla vita delle persone non siano auspicabili e terapeutici.
Noi madri che abbiamo generato la vita siamo qui a flagellarci per una poppata in meno, uno strillo in più, per il troppo lavoro, per il poco tempo trascorso con bambini che hanno già tutto e là fuori persone che speculano sui falsi sensi di colpa impoveriscono liberamente il nostro futuro. Hanno anche il coraggio di chiamarla libertà.

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