Tempo fa scrissi un pezzo sul fatto che disinstallare la propria vita virtuale non è possibile.
Ora un bell’articolo di Riccardo Staglianò, pubblicato su Repubblica.it, approfondisce l’argomento di “Web che non dimentica”, e che ci conosce meglio di nostra madre, di un nostro amico, del nostro psicanalista.
A tradimento Expedia mi chiede se voglio andare in vacanza con l’ex fidanzata. Non lo dice proprio così, ma mi suggerisce il suo nome per il secondo biglietto d’aereo. Se lo ricorda da un vecchio acquisto, l’impertinente sito di viaggi. Lo stesso fa Amazon per la consegna dei libri. Se li hai fatti spedire a un indirizzo che non frequenti più, lui insiste. Persino il sito delle contravvenzioni del comune di Roma prova a inchiodarti al passato. Vado a controllare una multa e, accanto al verbale, ora hanno messo la foto dell’infrazione. In bianco e nero, sgranata, ma ineluttabile: sono proprio io in sella. Con la compagna di allora. Dio perdona, Internet no (leggi l’articolo).
Se fai ricerche su Google, condividi su Facebook, commenti sui blog, esprimi la tua opinione su Twitter, il tuo ritratto digitale rimarrà per sempre impresso nella Rete.
Spesso non te ne rendi nemmeno conto ma tutti i servizi gratuiti che utilizzi online, dalla posta elettronica al social network alle mappe per creare percorsi al calendario, in realtà li paghi profumatamente, in termini di privacy.
Chi ad esempio come me utilizza la posta di GMail, si accorgerà che tutto ciò che scrive al suo interno viene utilizzato dal sistema per mostrargli pubblicità pertinenti, ad esempio un hotel a Venezia se ha nominato il festival del cinema.
Esistono anche compagnie specializzate in “Web listening”, in grado cioè di scandagliare la Rete alla ricerca di informazioni sul tuo conto, operazione che di solito viene svolta per le aziende, per capire che tipo di reputazione ha un brand o un prodotto.
Alcune sono in grado non solo di tracciare la tua biografia ma addirittura di ricavare il tuo profilo psicologico dalle parole che utilizzi, valutando se siano più o meno “emozionali” e a quale profilo corrispondano.
E’ la nostra vita 2.0 baby, e finché non veniamo immortalati da Google Street View mentre ci facciamo il bidè, possiamo solo essere contenti.