Magazine Lavoro

Impara a dire NO – 8° parte

Creato il 03 febbraio 2012 da Copywriter @copywritermilan

Impara a dire NO

Continua dalla settima parte

Ti ritrovi troppo spesso a fare cose che non vuoi fare solo perché non riesci a di NO?

Nella coppia, in famiglia, sul lavoro, nelle amicizie… L’autrice di questo, Silvia Minguzzi, grazie ai tantissimi seminari che tiene proprio su questo argomento, analizza a fondo il problema, fa chiarezza e ti offre risposte concrete, efficaci e sperimentate.
Leggerlo può davvero cambiarti la vita.

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Silvia Minguzzi è da anni un punto di riferimento in Italia e nel mondo nel campo della formazione e dello sviluppo personale, è coach, ha co-fondato dell’Accademia dell’Intelligenza Emotiva, èMaster Trainer AIE, docente e molto molto altro.

Se vuoi contattarla, approfondire con lei le tue esigenze, incontrarla e iniziare con lei il percorso di coaching a cui stai pensando, scrivi a [email protected] oppure, se preferisci parlarne a voce, chiama il 393.93.866.08

A che livello di Amore vuoi vivere le tue relazioni?

“Ritengo che nulla sia difficile per chi ama”   Cicerone

Il Prof. Marco Ferrini, Phd Psicology, uno dei più profondi conoscitori al mondo dei Veda (testi sacri dell’India antica che raccolgono la Suprema Conoscenza. Si ritiene che sia la raccolta di opere sacre più antica che sia pervenuta fino ad oggi) descrive la possibilità di una migliore comprensione e gestione pratica delle relazioni affettive di ogni genere. L’Amore viene distinto dall’Eros e da sentimenti dettati dall’egoistica ricerca di soddisfare i propri bisogni ( Cfr. “Dall’Eros all’Amore”, Marco Ferrini, Ed. Centro Studi Bhaktivedanta).
La comprensione di questa descrizione è utile indipendentemente dalla tradizione religiosa alla quale apparteniamo. Se ci comportiamo come se fosse “verità”, potremo ottenere dei risultati decisamente migliori nel rapporto con gli altri.
Secondo questa visione le persone possono sperimentare quattro livelli di Amore.
Osservando come si sviluppano le dinamiche affettive nelle relazioni che funzionano bene e in quelle che portano sofferenza, nell’amicizia come nella coppia, nel lavoro come nella vita privata, possiamo constatare che, più il livello è superficiale, più la relazione è problematica, poco duratura e fonte di sofferenza. Più si sale di livello e più essa è fonte di gioia, amore, serenità, equilibrio e crescita.

-    Il primo livello è il più superficiale: tutto avviene in base a ciò che è importante per il soggetto che lo sperimenta. L’ego manifesta una serie di esigenze e di bisogni principalmente sul piano fisico, in parte anche sul piano emozionale e minimamente sul piano intellettuale.
Si cerca una relazione in cui l’altro possa soddisfare i bisogni e le esigenze sentiti come urgenti, in modo consapevole o inconsapevole. Si tiene un accurato conteggio di tutto, come con una calcolatrice: quello che ci si aspetta che dovrebbe accadere e quello che invece accade. La persona valuta se riceve o no le azioni, parole, presenza, comportamenti che si aspetta, che ritiene giusto dover ottenere, sia per quantità che per qualità e tempi.
Nel caso in cui il partner non soddisfi i bisogni e le aspettative, ci si arrabbia, ci si lamenta, si soffre finchè la relazione si conclude. Si passerà quindi a cercare qualcun altro che possa darci quello che riteniamo sia giusto ricevere, pensando che solo quando l’altro ci darà ciò che desideriamo avremo trovato la persona “giusta”.
Le aspettative di questo genere innescano un ciclo che si ripete in tutti i primi tre livelli:

o    La persona ha dei bisogni fisici ed emozionali, consapevoli e inconsapevoli e pensa che l’altro, se gli vuole veramente bene, li deve soddisfare.
o    L’aspettativa crea un’idea mentale di come dovrebbero essere le cose secondo la persona.
o    L’idea generata non è reale ma immaginata dunque, non essendo realtà, stiamo parlando per definizione di un’illusione.
o    L’illusione è strettamente collegata con la delusione. Di fatto i modi che le persone hanno di manifestare i loro sentimenti sono infiniti e diversi per ciascuno. La fantasia di Dio, le possibilità offerte dall’Universo sono molto più varie di quello che chiunque possa immaginare.
o    Quindi l’altro farà qualcosa che delude rispetto all’aspettativa:  per difetto, per eccesso, per qualità, per tempi ecc. L’idea di decidere a priori come lui dovrebbe amarci porta inevitabilmente ad una delusione, come se il suo modo di amare fosse “sbagliato”. In realtà è solo diverso rispetto alla nostra aspettativa.
o    Questo crea un dolore che poi genera rabbia, rancore e risentimento.
o    In questa condizione si ha una caduta di intelligenza, cioè un momento nel dolore e nel rancore, in cui non si ha una visione chiara ma confusa.
o    In questa situazione la persona crea delle nuove aspettative. Queste a loro volta fanno nascere un’idea-illusione che genera una delusione e così il ciclo si ripete.  La sensazione è un po’ come quella di essere sulle montagne russe: all’inizio può essere molto emozionante, ma a lungo andare è insostenibile.
P. : “ci sono delle persone che, a volte, non hanno la capacità di recepire. Con quelle persone posso soltanto dire di no sperando che possano comprendere in seguito, perché al momento sono troppo concentrati sulle loro esigenze personali”

-    Il secondo livello di relazione coinvolge maggiormente la sfera sentimentale: ci si preoccupa dell’altro, impegnandosi a dare soddisfazione ai suoi sentimenti, aspettandosi che l’altro faccia poi qualcosa in cambio.
Nel primo livello non ci si preoccupa della soddisfazione emozionale dell’altro, tutta l’attenzione è volta a soddisfare le necessità del proprio ego. Al secondo livello invece ci si interessa di ciò che l’altro desidera, affinchè l’altro possa (e debba) ricambiare. Prima o poi ci saranno da fare un po’ di conti: alla fine della giornata, del mese, dell’anno … “io ho fatto questo e quest’altro.. e tu?”, “Dopo tutti i sacrifici che ho fatto per te, mi aspettavo almeno questo  e/o quest’altro!”.
Si torna all’aspettativa che crea un’idea illusoria, che non si verifica come, quando e quanto ci aspettiamo, quindi porta a una delusione, dolore, rabbia, risentimento e siamo di nuovo intrappolati nel circolo vizioso delle “montagne russe” descritte in precedenza.

coach

S: “Spesso vorrei dire di no ma non ci riesco. Una mia amica dice che gli altri se ne approfittano. Finisco spesso per risolvere i problemi degli altri, però quando mi serve aiuto non c’è nessuno. Io faccio ciò che loro mi chiedono e loro non sono disposti a fare ciò che chiedo io, questo non è giusto. Inoltre, quando provo a dire di no, se la prendono. Non voglio trovar da dire, deludere le persone o essere meno apprezzata. Per evitare che gli altri siano delusi dal mio comportamento, dico di si, poi regolarmente quando ho bisogno io gli altri mi deludono. Questo mi fa soffrire molto”.

R. : “Con gli amici ho paura di risultare poco sensibile nei confronti delle loro esigenze, dei loro progetti e delle loro idee. In effetti, nella mia cerchia di amici spesso sono io che chiedo a loro, magari sono abbastanza carismatico e quindi alla fine gli amici hanno voglia di aiutarmi. Quando invece sono loro a chiedermi qualcosa mi scatta questo meccanismo che e’ una sorta di senso di colpa. Mi stanno chiedendo una cosa, non ho voglia di farla però faccio la figura di quello che, quando deve affrontare delle sue cose chiede e quando sono gli altri che chiedono non c’è.
A una richiesta di un piacere, un favore, come faccio a dire di no?
A volte semplicemente non ho voglia di fare una cosa, però mi sento in colpa.
Avrei una brutta idea di me stesso se non fossi gentile nei confronti di una persona che e’ stata gentile con me, mi sento in debito.
Mi chiedo cosa mi costa farlo e cosa mi costa non farlo.
Mi chiedo se effettivamente riesco a farlo, non tanto se e’ giusto, se e’ meglio farlo per me e per l’altra persona,  se veramente desidero fare questa cosa o se sia meglio per entrambi che io lo faccia.
Una volta un mio amico mi ha detto di avere difficoltà ad organizzarsi per raggiungere un certo posto. Mi ha chiesto per favore di accompagnarlo. In realtà aveva tutte le risorse necessarie per andarci,  solo che era insicuro e convinto di non avere senso dell’orientamento, temeva di perdersi e che il posto fosse difficile da trovare.
Io ho pensato: -ce la posso fare?- Ho risposto di si.
Se analizzo la situazione mi rendo conto che si sentiva inefficiente senza motivo. Andandolo a prendere gli ho confermato la sua convinzione che da solo non sarebbe stato capace di organizzarsi. Non l’ho aiutato a diventare autonomo. Quindi  apparentemente gli ho fatto un favore, ma intanto ho rinforzato una sua convinzione limitante. Ho fatto una cosa contro voglia e ho investito del tempo per fare un’azione che in ultima analisi non ha aiutato nessuno dei due”.

Secondo un modo di pensare molto diffuso, dire di si alla richiesta di un favore e’ una buona azione. Questo non è sempre vero. A volte non ci domandiamo quali saranno le conseguenze della nostra azione nel lungo tempo. Stiamo rinforzando nell’altro una sua convinzione limitante? Oppure stiamo aiutandolo a crescere? Stiamo facendo una cosa positiva anche per le conseguenze che porterà?

In una sincera e disinteressata amicizia offri aiuto e il fatto stesso di poter essere utile alla persona amica ti ripaga completamente. Non offri aiuto con l’intento di ricevere qualcosa in cambio.
Questo può valere anche nella coppia, come in qualsiasi tipo di relazione.
Se si tratta di un tipo di rapporto affettivo dove c’è amore, amicizia, far piacere all’altro e aspettarsi qualcosa in cambio non porta buoni risultati. Questa, più che una relazione d’amore, è un baratto.
Se vuoi fare uno scambio con una persona puoi fare un contratto,  la relazione affettiva è a parte.
Dare aiuto aspettandosi di ricevere lo stesso in cambio di solito non funziona. Porta conseguenze sgradevoli anche perché abbiamo linguaggi e rappresentazioni mentali molto diversi l’uno dall’altro. Nella maggior parte dei casi l’idea che abbiamo di ciò che riceviamo e l’idea che abbiamo di quello che dovremmo dare in cambio è diversa dall’idea dell’altro di quello che ci sta dando e di ciò che sta ricevendo in cambio. Ciascuno ha il suo modo di voler bene e di vivere la relazione di amicizia, parentela o amore, il suo personale modo di manifestare quello che sente nel legame.
Quando in una relazione uno si comporta seguendo ciò che sente nel cuore per far felice l’altra persona, senza aspettative, prova gioia e soddisfazione. Questo profondo senso di appagamento, pienezza e contributo può ampiamente ripagare dell’azione compiuta.
Nei confronti dell’altra persona non abbiamo già deciso cosa dovrebbe fare o darci per dimostrare che tiene a noi, ma andiamo in esplorazione senza giudicare, con curiosità, per vedere come, nel suo modo, ci sta’ manifestando la sua personale maniera di darci ( o chiederci ) attenzione e amore.

Q. : “A me è capitato di trovarmi in un grosso guaio con un mio ex socio. Per vari motivi personali è dovuto uscire dalla società e mi ha lasciato un sacco di problemi da risolvere. Sul momento mi sono sentito tradito e ho pensato che non fosse giusto lasciargli il diritto di recedere dagli impegni presi, poi ho riflettuto e ho pensato: -Meglio per tutti e due. Voglio forse un socio che non vuole più stare in società con me? No. E’ meglio per lui se fa qualcos’altro ed è meglio per me trovare un altro socio che sia davvero motivato a portare avanti l’azienda-. Così ho fatto. Col mio ex socio siamo rimasti in ottimi rapporti, lui mi è grato per aver capito la sua situazione e siamo ancora buoni amici. Inoltre sono felice di come si sono risolte le cose sul lavoro, dopo un periodo di crisi ho trovato un altro socio molto più presente e adesso gli affari vanno meglio di prima”.

-    Al terzo livello non si ha soltanto un interesse nei confronti dell’altro perchè desideriamo essere felici insieme: abbiamo anche una progettualità con lui nel lungo tempo. Gli obiettivi che abbiamo insieme superano l’importanza della coppia in sé, del gruppo o del singolo. Quando si progetta una famiglia, ad esempio, da un certo punto in poi questa è più importante di ciò che succede a livello individuale. Per la famiglia e per i figli con gioia si tollerano cose e si fanno sacrifici che altrimenti sarebbero percepiti come insostenibili.
Quando si ha uno scopo in comune si è capaci di risolvere svariate situazioni difficili e di riconciliare relazioni tra soggetti che altrimenti sarebbero scarsamente compatibili.
Allo stesso modo si fanno progetti a lungo termine anche nel lavoro. Per portarli avanti il nel modo migliore ci si preoccupa maggiormente per il bene dell’altro e per il proprio.
L’amore per un obiettivo importante, che prevede un piano a lungo termine, aiuta a superare tanti ostacoli. Ci possono essere delle aspettative anche nei confronti delle cose che l’altro dovrebbe o non dovrebbe fare, secondo noi, per raggiungere lo scopo condiviso.
Le eventuali aspettative riportano al meccanismo delle montagne russe analizzato in precedenza, presente anche in questo livello ma in una modalità che consente cicli di alti e bassi con tempi più lunghi.
In questo tipo di relazioni è determinante la condivisione di un ideale, un obbiettivo che vogliamo raggiungere insieme. Riguardo a questo, se c’è qualcosa che un individuo fa o meno che, secondo l’altro, non va bene, si è molto più motivati a parlarne, a non trattenere. C’è una motivazione alta per risolvere gli eventuali problemi. Si pone meno l’attenzione sul piano di cosa l’uno deve fare per l’altro, c’è molta più libertà e le azioni non sono più vincolate dal timore dell’abbandono o del giudizio, perché lo scopo comune che abbiamo è così importante che ci si sente più sicuri della solidità del legame, c’è meno gelosia, meno possessività.

K. :“Mi sto impegnando a smettere di far pressione al mio compagno perché si comporti secondo ciò che io consideravo ‘l’unico modo giusto di amare’. Parliamo di più, sia dei nostri sentimenti che della nostra relazione. Adesso capisco molto meglio il suo modo di amarmi e di impegnarsi nel nostro rapporto, posso accettare serenamente i suoi no e capisco che è giusto che gli lasci questa libertà. Allo stesso modo anch’io mi sento più tranquilla quando decido di dirgli di no e riesco a spiegare le mie motivazioni con più sicurezza”

-    La relazione di quarto livello è la più solida e duratura, è molto rara non è basata su esigenze di carattere materiale. Le persone che amano al quarto livello hanno una propensione a lavorare sulla loro parte profonda, spirituale, trovano un buono stimolo nell’altro per aiutarsi reciprocamente a sviluppare le proprie qualità e la capacità di amare incondizionatamente. Riscoprono un profondo collegamento con gli altri, che fa parte della nostra natura eterna, c’è sempre stato, c’è tra tutte le creature anche se spesso, purtroppo, non viene percepito a causa di una serie di condizionamenti (Crf. “Pensiero, Azione, Destino” e “Yoga e Salute Olistica”, Marco Ferrini, Ed. Centro Studi Bhaktivedanta). Nel momento in cui le persone ritrovano questo collegamento con la vita, con l’Universo, con Dio, si rendono conto che la persona è solo temporaneamente in una “buccia” terrena: il corpo. Questo involucro materiale genera una serie di limiti che non appartengono alla nostra vera natura, che è spirituale. Nella relazione di quarto livello non c’è nè senso del giudizio nè calcolo, l’azione dell’altro è valutata tenendo conto delle sue buone intenzioni. Se la cosa migliore che l’altro riesce a fare in quel momento non porta buoni risultati, ci si rende conto che ha bisogno di aiuto , non di una critica o di un rimprovero. Ci si impegna al massimo delle proprie possibilità. Non ci sono aspettative nei confronti dell’altro, c’è fiducia nel fatto che non potrebbe fare meglio di quello che fa, per le possibilità e le risorse che ha a disposizione in quella circostanza. Da questo punto di vista non serve più usare la calcolatrice e considerare quanto l’altro ha fatto per noi, quanto noi abbiamo fatto per lui. Prevale il desiderio di rendersi reciprocamente felici e di aiutarsi a crescere. Questo è un amore incondizionato che lascia totalmente liberi.
M. chiede:  “Posso considerare che fermarsi a pensare a quanto si calcola possa essere un buon indicatore per misurare la qualità di una relazione?”.

Certamente questo è un indicatore rilevante. Può essere utile per individuare e ridurre i margini di miglioramento. Tuttavia sintonizzarsi in modo costante sul pensiero di ciò che non funziona non è vantaggioso. In questo modo focalizziamo l’attenzione su quanto stiamo sbagliando, cercando il difetto in ciò che facciamo. La nostra mente funziona in modo da trovare ciò che viene richiesto. Quando cerchiamo qualcosa di sbagliato nella relazione, lo troviamo e possiamo provare frustrazione o dolore. Quando invece pensiamo a quanto amiamo, a come lasciamo libera l’altra persona, a quanto riusciamo ad apprezzare quello che fa per noi, a modo suo, in questo modo cerchiamo ciò che funziona e ugualmente lo troviamo. Questo ci incoraggia e ci porta in uno stato emozionale positivo, lasciando aperto il canale di accesso alle nostre risorse interiori e ci aiuta maggiormente a tirar fuori la parte migliore sia in noi stessi che nell’altro.

E: “Ho sperimentato questo cambiamento nella relazione con i miei genitori:  avevo un sacco di aspettative e volevo che loro mi dimostrassero affetto nel modo che a me pareva giusto. Questo mi faceva soffrire poiché il loro modo di dimostrare amore, ai miei occhi, era invisibile: troppo diverso da ciò che mi aspettavo. Passando poi ad una relazione “sana”, mi sono accorta che loro erano i migliori genitori che potessi desiderare: avevano sempre fatto il massimo di quello che era nelle loro possibilità e continuano ancora adesso a farlo. Accettando il loro personale ed unico modo di dimostrarmi amore, adesso mi sento amata da loro e li amo senza porre condizioni, comprendendo che ciò che fanno è il meglio che riescono a fare per loro livello di coscienza e per le loro possibilità”.

F: “Nelle relazioni lavorative si rimane sempre tra il primo e il secondo livello?”

Io ritengo che sia meglio posizionarsi comunque al quarto livello, quantomeno fare del proprio meglio per avvicinarsi più possibile a questa condizione. Relazionarci con gli altri senza aspettative ci aiuta a sviluppare la parte migliore di noi e ci consente una qualità molto migliore di vita. Non necessariamente tutte le persone che ci circondano ci seguiranno in questo, bisogna saper prendere le distanze dalle situazioni dove i nostri interlocutori, non amando al quarto livello, possono essere “pericolosi”. E’ come se ci dovessimo avvicinare ad un animaletto ferito e spaventato che è in una situazione di paura, dolore e disagio tale per cui può fare cose pericolose per noi, come mordere o graffiare. Non è cattivo, è sofferente e impaurito. In questa condizione può farci male perché è condizionato dal dolore e dalla paura. Pur volendogli bene e comprendendo la sua situazione, manteniamo le distanze. Per questo stesso motivo anche nelle amicizie bisogna capire quali sono le compagnie utili da frequentare e quelle che invece è meglio mantenere a una certa distanza, nonostante gli vogliamo bene.
Attraverso l’esperienza, l’attenzione, l’approfondimento di conoscenze, di insegnamenti utili e l’esempio di persone che sono già abili in questo, si può sviluppare la capacità di riconoscere in quali situazioni è meglio amare da più lontano e quali invece ci consentono di avvicinarci serenamente.

“Il miglior amico è colui che tira fuori il meglio di me.”   Henry Ford

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