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Import/Export

Creato il 12 marzo 2014 da Frankviso
Import/ExportUlrich Seidl
Austria, 2007
135 minuti

Abbandonate le divagazioni sull'ultimo film di Sorrentino, rientriamo con soddisfazione nei binari che compongono la principale linea di transito per questo blog. Al suo quart'ultimo lungometraggio Ulrich Seidl sconfina dalla natia Austria, "esportando" e diffondendo le sue macerie sociali in direzione dell'est Europa. Cinema di transiti genuinamente europei, Import/Export, la cui arteria ferroviaria si snoda infatti tra Austria ed Ucraina (passando per la Slovacchia), generando un movimento bidirezionale che testimonia, però, una realtà collettiva, e mai come ora, preoccupante: la necessità di non soccombere al progressivo incremento della crisi (economica, politica, sociale) seguendo ogni possibile direzione per tentare di costruirsi un futuro meno incerto possibile. Binario uno, Ucraina: delusa dalla mancanza di prospettive nel suo paese, la giovane infermiera Olga lascia la madre e una bimba piccola per fuggire verso Ovest. Arrivata in Austria, viene assunta come donna delle pulizie presso un ospedale geriatrico.Binario due, Austria: a causa di un litigio Paul perde il suo lavoro di guardia giurata. Lasciatosi coinvolgere dal patrigno in un affare commerciale che prevede l'esportazione di macchine da gioco, decide di seguirlo in un viaggio verso Est, attraversando i paesi dell'ex-blocco sovietico (con tappa a Košice /Slovacchia), per arrivare infine ad Uzhhorod, in Ucraina.
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L'eccellente montaggio parallelo costruito da Seidl, offre l'opportunità di seguire contemporaneamente l'evolversi dei destini di questi due giovani, che viaggiano in direzioni opposte, ma che sono entrambi determinati a riformarsi attraverso un percorso che possa far loro riconquistare quella fiducia, che andava sgretolandosi, in una vita che sembrava non aver più nulla da offrire. Nonostante tutto (perfidie comprese, che i due subiscono in maniera alquanto costante), permane una propria etica morale da rispettare (lo dimostra Paul, nella discussione col patrigno al bar, più intento a soddisfare i suoi pruriti sessuali che non a concludere il lavoro prefissato). E infatti, a differenza dei film precedenti, affiora un aspetto interessante che risiede proprio nell'operato di Seidl (e in parte, tendente a ripetersi nella successiva trilogia del "paradiso", in particolar modo nel secondo capitolo: Paradise Glaube) il quale, qui, sembra affinarsi, non solo stilisticamente (oltre alle metodiche carrellate orizzontali, notevole è lo scenario atto a rappresentare le due condizioni esistenziali, alternate tra il rigore asettico dell'ambiente ospedaliero austriaco e il degrado delle periferie dell'est, popolate da un'umanità ridotta a scorie), ma anche, e soprattutto (o perlomeno, è l'impressione che ne emerge), mettendo in chiara luce una sorta di umanizzazione che nel suo cinema si agitava, certo, ma sempre dietro una maschera caricaturale che ne impediva il totale svelamento. Aspetto, che con molta probabilità edifica questo Import/Export a tassello più alto della sua filmografia. Sia chiaro, non che la pellicola sia priva dei consueti exploit pungenti, spesso contestati come eccessivamente provocatori (l'insistita esibizione dei corpi, mostrati nel loro ineluttabile decadimento fisico - una mostrazione del brutto che trova facile accostamento con il cinema di Reygadas - e la "violazione" degli stessi, comportante ad uno stato di abiezione, dell'essere umano) che contraddistinguono l'impronta espressiva dell'autore. Ma questa volta, sequenze come quella dell'albergo (cornice di fuggevoli giochi erotici) o le performance delle "operatrici" del peepshow, sono solo frammenti che perdono di quella forza caustica, rimanendo sepolti sotto il peso dei caseggiati fatiscenti avvolti nell'immutabile gelo e grigiore invernali (interessante a riguardo, pensare all'asfissiante "canicola" di Hundstage, 2001, che ne è il diretto contraltare) o semplicemente, destinati a svanire al diffondersi di quella "litania senile" dal quale Olga si astrae, osservandoci con gli occhi colmi di tenerezza e speranza. E alla fine, a dominare il tutto, in Import/Export restano proprio gli sguardi, le voci e i corpi, che arrivati alla soglia di uno schermo nero, chiedono solamente di non morire.
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