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In crociera con l’ebola: dal Texas ai Caraibi e ritorno

Creato il 19 ottobre 2014 da Eldorado

C’è una barca in mezzo al mar… o meglio c’è una nave da crociera dove le vacanze agognate si sono trasformate in un incubo. La notizia viene trattata con molta cautela, evitata dai principali mezzi di informazione, ma intanto chi ne ha parlato ha già ribattezzato la crociera ai Caraibi della Carnival Magic, la crociera dell’ebola. Colpa di una tecnica di laboratorio del Texas Health Presbyterian Hospital, che dopo aver trattato con il sangue ed i liquidi corporali di Thomas Eric Duncan, il paziente zero negli Stati Uniti, si è presa una vacanza con il consorte nei mari tropicali. Lo ha fatto a bordo di una nave assieme ad altre cinquemila persone, con cui è salpata dal porto di Galveston, in Texas, il 12 ottobre scorso, quattro giorni dopo la morte di Duncan.
La prima tappa è stata in Honduras, nella paradisiaca isola di Roatán, dove la turista è scesa ed ha fatto shopping. Tutto normale e nessun avviso di pericolo. L’allerta, però, scatta quando la Magic deve fare scalo in Belize. A bordo c’è qualcosa che non va e dopo essere stata ferma per varie ore al largo, al comandante viene detto che la sua nave non può attraccare. Tra Roatán ed il Belize, separate da poco più di cento miglia nautiche, è successo qualcosa. La dipendente del Texas Health Presbyterian Hospital è stata messa in quarantena con il marito ed il comandante, che spiega all’altoparlante l’inconveniente, non dice assolutamente nulla sulle condizioni della donna. Sulla nave, l’atmosfera diventa surreale. Coloro che sono riusciti a mettersi in contatto con i parenti, spiegano che tutti i servizi funzionano (piscine, sale da gioco, ristoranti, discoteche) ma che nessuno li usa. Tutti chiusi in cabina, segregati volontariamente per paura del contagio. Parlano e chattano a casa, almeno finché funziona internet. Poi, anche quella cade e le comunicazioni si fanno difficili.
Intanto, nemmeno le pressioni del Dipartimento di Stato Usa riescono a convincere Dean Barrow, il primo ministro del Belize, a lasciare attraccare la Magic in porto. Il protocollo suggerito è quello di trasportare la coppia in elicottero ad un aereo militare Usa per il rimpatrio. Ma dei famosi protocolli, quelli che dovevano arginare l’epidemia ed invece stanno facendo acqua da tutte le parti, Barrow non ne vuole nemmeno sentire parlare. Mentre il panico si impossessa dei viaggiatori della Magic, a Roatán la notizia viene presa con stupore. Nell’isola, sono scesi praticamente tutti e nessun turista aveva dichiarato malattie in corso. Gli honduregni, a questo punto, sono indignati con chi ha permesso lo sbarco, ma lo sdegno a questo punto serve a poco.
Intanto, la Magic punta verso Cozumel, in Messico. Anche qui stessa storia: alla richiesta di approdo, le autorità messicane rispondono con un secco rifiuto. La nave, insomma, deve tornare da dove è partita, a Galveston, in Texas, dove dovrebbe arrivare nel corso delle prossime ore. Secondo i dirigenti della linea Carnival, la signora sta bene e, in una lettera, offrono le scuse ai passeggeri. Alla loro maniera, naturalmente: 200 dollari di compensazione per i disagi provocati e il 50% di sconto sul biglietto per la prossima crociera. Tutto bene, quindi? I dubbi sorgono quando le autorità Usa dicono che la tecnica di laboratorio dovrà essere immediatamente trasportata al Center for Disease Control and Prevention di Atlanta. A fare cosa, se sta bene?
Intanto, in America Centrale, il Belize ha chiuso le sue frontiere per i viaggiatori provenienti dai paesi africani coinvolti nell’epidemia, mentre El Salvador obbliga alla quarantena chiunque voglia entrare nel paese ed abbia fatto tappa in Africa. E per Liberia, Costa Rica, aeroporto internazionale che accoglie migliaia di turisti direttamente dal freddo della East Coast all’afa dell’oceano Pacifico, si mette male: i viaggiatori lo evitano, perché pensano che la linea aerea li voglia lanciare nell’inferno di Monrovia.


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