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In culo al monossido di diidrogeno

Da Frogproduction

In culo al monossido di diidrogeno
Non so voi, a me fa una certa impressione. In più mi viene da pensare che sia meglio vivere così. Cerco di spiegarmi. Leggo un libro, Pane e bugie di Dario Bressanini, e a un certo punto c’è un capitolo scritto con un tono allarmistico che fa presa. Leggete questo estratto e poi tornate qua. Uno poi ci ride sopra, però è frustrante, perché io adesso vi ho consigliato un libro, magari qualcuno si fida e lo legge e ne sarà influenzato come lo sono stato io, e io non ho nessuna preparazione per sapere se ho dato un buon consiglio oppure no. Molto meglio consigliare l’ultimo disco o film uscito, al massimo faccio sprecare un download o un biglietto al cinema. Non sto parlando di qualità letteraria in questo caso, ma di divulgazione scientifica, di informazioni su fatti. Ed è spiacevole scoprirsi in balia degli altri. Poi certo in linea di massima su certe cose ci si fida, tipo che la Terra gira intorno al Sole ( e nessuno si azzardi a dire che bisogna considerare il sistema di riferimento, me ne frego! ), però poi su questioni che addirittura incidono sulla propria vita, come ad esempio la possibilità che un inceneritore sia costruito nel comune in cui si vive, non è uno scherzo. E ci butto dentro anche un po’ di politica, visto il periodo. Così per curiosità mi guardo su youtube un vecchio video di un tale, del 2006, che a un certo punto ( a un'ora e venti circa ) parla di inceneritori e di nano-particelle. Cita due ricercatori italiani che hanno “dimostrato” che dagli inceneritori di nuova generazione escono nano-particelle che provocano il cancro. Queste nano-particelle sono presenti inoltre in molti cibi, segue una lista di alimenti e dei loro marchi produttori. Poi costui aggiunge che lo strumento per effettuare queste ricerche è molto costoso e che i due ricercatori ne saranno privati per le loro scomode ricerche. Seguirà raccolta fondi e tutti vissero felici e contenti. Faccio un giro in rete e scopro, ma a questo punto di chi ti fidi?, che una giornalista, ( nello spazio commenti, la giornalista si chiama Valeria Rossi, gli articoli non li metto ché il punto è un altro ) volendo dare risalto alla notizia, accede a tutt’altra verità, ovvero che i due ricercatori hanno usato lo strumento per ricerche private e non hanno prodotto nessuno studio accreditato. Insomma è faticoso ogni volta stare a controllare, e poi dove ti fermi, quand’è che ti puoi ritenere soddisfatto? Mah. Di positivo c’è che la possibilità di cercare c’è, se uno vuole. Un altro aspetto da tenere in considerazione è la complessità delle cose. Me ne accorgo anche a scuola, al corso serale che sto facendo per il diploma di maturità. La prof spiega storia, è molto esauriente, ma ha poche ore, deve condensare l’essenziale, tenendo conto anche del fatto che stiamo al serale e che non si può pretendere troppo. In più non frega molto quasi a nessuno. Riceviamo nozioni su epoche varie in tre o quattro fotocopie. Certo, uno apprende che in un certo anno ci fu un evento chiamato Rivoluzione francese, ma poi ( uno scopre che c’è un’interpretazione dell’Illuminismo di Adorno e Horkheimer, alla quale la stessa prof si rifà, poi però gli capita di leggere Darnton che invece risponde “manco per il cazzo”, e che diamine )? Non è tanto e non solo il discorso sulla rete, il web, sulle potenzialità e sui rischi, è che proprio c’è una quantità di cose che richiedono una costante verifica che sovrastano le nostre possibilità, per non parlare del sapere specialistico degli scienziati. La morale della favola comunque è la condivisione del sapere ( è anche l’alibi che mi consente di giocare a fare lo strillone all’angolo della strada ), come scrive Jean-Marc Lévy-Leblond nel suo La velocità dell’ombra, libro che ho già consigliato e che tratta appunto di cosa significa sapere e di divulgazione scientifica. Va beh, il finale vorrebbe essere ottimistico. Poi cercherò notizie su La peste del linguaggio di Calvino e Uwe Pörksen.

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