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In direzione ostinata e contraria

Da Trentinowine
Vitamina K - Paola Attanasio

Vitamina K – Paola Attanasio

di Massarello - In direzione ostinata e contraria, cantava Fabrizio De André. Una musica che in salsa trentina rispedisce al mittente la denuncia di ogni ipocrisia permettendosi il vezzo d’infischiarsene anche della forza dissacrante dell’ironia. Ribaltata pure quella, altro che Charlie Hebdo. Ostinatamente, la minestra è sempre la stessa insipida zuppa continuamente riproposta con una protervia che giustifica più di un sospetto. Parliamo del mondo del vino trentino dietro le quinte, poiché di quello spedito sul palcoscenico non c’è traccia. Continua ad essere in letargo come gli orsi. E sì che ogni tanto dal letargo giunge qualche rantolo, un sussulto, forse una flatulenza. C’è puzza, infatti. Viene, manco a dirlo, dal Pinot grigio. Non quello veneziano che dorme sornione, ma quello nobile, pardon, ex nobile dal blasone svalutato, insomma quello Trentino DOC!

Negli anni ’70 quando nacque, gli avevano fissato un massimale per ettaro di 140 quintali perché a farne di più, allora che si era duri e puri, si sapeva che avrebbe perso le sue tenui caratteristiche qualitative. Per contro, a suo cugino Chardonnay furono riconosciuti i 150, sia perché il mercato li assorbiva tutti, ma anche perché la collina – suo luogo d’elezione – non permetteva di farne di più. Con l’occhio alla qualità, s’intende. Ora, dopo 40 e più anni, le cose sono cambiate e in peggio per sia la denominazione Trentino, sia per l’indicazione varietale Chardonnay, in meglio per l’indicazione Pinot grigio, ancorché non DOC. Sappiamo, infatti, che la performance del “grigio” non si può ascrivere nemmeno minimamente alla DOC Trentino, ma a quella dell’IGT di un territorio molto più vasto che è il “delle Venezie”.

Orbene, sic stanti bus rebus, sembrerebbe facile capire perché il Consorzio di Tutela (si fa per dire) preposto, nelle sue segrete stanze e con una riservatezza degna di più sofisticata strategia, abbia con un colpo di mano “rivisto al rialzo” la resa unitaria del Pinot grigio Trentino DOC, portando anch’essa ai fatidici 150 quintali. “Per poter pagare meglio le uve ai contadini”, è stata la giustificazione ufficiale. Ovviamente quella dei cooperatori, dato che per i vignaioli nulla cambia, se non in peggio. Infatti, debole e impacciata è stata la loro reazione visto che per una volta si son trovati accomunati al Consorzio di 2° grado. A favore, manco dirlo, le cantine di primo grado con Mezzacorona in testa. Bacchetta e spartito, del resto, sono in mani loro.

La decisione, invece, è funzionale a ben altri scenari: non solo perché alla cantina aumenta in proporzione anche la quota percentuale di “supero” tollerato come DOC che di fatto si attesta sui 180 q.li/ha, ma anche e soprattutto perché incide sulle future scelte vendemmiali. Non è infatti possibile il travaso da una varietà all’altra se quella di destinazione (P. grigio) ha una resa massima prevista dal disciplinare inferiore a quella di origine (Chardonnay). Il grande non può essere costretto nel piccolo, mentre l’inverso o l’equivalente, sì: questa è matematica, bellezza!

Tutto ciò premesso, e senza toccare gli altri scenari che pure si profilano all’orizzonte per il Pinot grigio, una qualche riflessione è inevitabile. In primis, quella che attiene alla denominazione di origine stessa, ossia alla DOC Trentino, la principale e coprente tutto il territorio. In questi ultimi lustri l’abbiamo vista andare alla deriva, il suo valore (che pure c’era) si è svaporato; si è puntato tutto su una varietà (P. grigio) con le altre damigelle varietali accompagnate da indicazioni di provenienza sovra-provinciale che più facevano comodo, a costo di drogare il sistema, purché in grado di assicurare redditi immediati. Insomma, non si è messo un mattone che sia uno né sulla DOC – nemmeno il Trentodoc che continua ad essere una bubbola – né su un’IGT. Solo brand aziendali a prezzo, con contorno. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Per stare in tema di Pinot grigio Trentino DOC, sfido chiunque a scendere in negozio o a sfogliare una carta dei vini a trovarne uno che sia uno!

Allora spiace ancor più, e questa è la seconda osservazione, perché si è persa l’occasione di dare un segnale d’inversione di tendenza: anziché a 150, il Trentino DOC Pinot grigio, visto lo scarso appeal, avrebbe dovuto essere ridotto a 130 selezionandone la qualità, tutelandola e valorizzandola per quello che d’intrinseco rappresenta. Direzione ostinata e contraria, si diceva.

Il regista teleguidato di tutte queste operazioni lascerà l’incarico a giorni. Aveva iniziato il suo mandato con uno strepito scomposto all’indirizzo di quelli delle brughiere di Franciacorta, ricordate? Finisce col capolavoro del Pinot grigio. Avanti un altro, purché sia della stessa pasta e che non parli al conducente, ora meno che mai, visto che il traffico si fa intenso sulle rotte del triveneto.


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