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In Italia per l’amianto morte 5 mila vittime all’anno. Solo il 2% del territorio è stato bonificato, oltre 34mila siti in attesa

Creato il 28 febbraio 2015 da Stivalepensante @StivalePensante

Di amianto si continua a morire in Italia. Le stime disponibili descrivono una lunga scia di decessi, da più di 4 mila fino a 5 mila l’anno per patologie asbesto-correlate. E il peggio, probabilmente, deve ancora arrivare: secondo le previsioni, infatti, il picco di casi per il principale tumore causato dall’esposizione alla fibra killer, il mesotelioma maligno pleurico, è atteso entro il 2020-2025. Sui dati dell’emergenza sono tutti concordi, dall’Iss all’Arpa a Legambiente. Si stima che nel Paese siano oltre 34 mila i siti ancora da bonificare, 380 ad alto rischio, per oltre 32 milioni di tonnellate di amianto in uso. Nel 14% dei penitenziari, inoltre, è presente costantemente l’amianto.

(roma.corriere.it)

(roma.corriere.it)

Il quadro critico della presenza di amianto in Italia. Che si continua a morire per la contaminazione dell’amianto è cosa nota, ma le stime parlano dai 4 alle 5 mila persone che hanno patologie asbesto-correlate. Secondo le previsioni, però, il picco arriverebbe tra il 2020 ed il 2025. Ma le operazioni di rimozione, “decontaminazione” delle aree inquinate e smaltimento delle fibre pericolose, vanno a rilento. Alcuni milioni di tonnellate di amianto friabile continuano a inquinare il territorio nazionale, si contano oltre 2 mila edifici scolastici non del tutto bonificati. E adesso si aggiunge il dato, emerso dalla mappatura in possesso dell’Adnkronos, secondo cui l’amianto è ancora presente nel 14% dei penitenziari della Penisola.

Dal 1992 bonificato solo il 2% di amianto presente sul territorio italiano. Dalla legge 257 del 1992 che ha sancito la messa al bando delle fibre “velenose”, solo 500 mila tonnellate di materiale killer sono state bonificate, in pratica il 2% di quello presente sul territorio. L’Italia è fra l’altro uno dei Paesi più esposti: è stato fino alla fine degli anni ’80 il secondo maggior produttore europeo di amianto dopo l’ex Unione Sovietica, nonché uno dei maggiori utilizzatori. Nel Belpaese sono anche presenti (e hanno causato esposizione umana) fibre asbestosimili, come la fluoro-edenite, una fibra di origine naturale presente nell’area etnea e capace di indurre anch’essa mesotelioma, e ancora la balangeroite, individuata in alcune rocce presenti nella miniera di Balangero (Torino). Sul fronte della lotta all’amianto lo stesso Iss che coordina il “Progetto amianto” ha più volte sottolineato le problematiche, tecniche e legate alla capacità di smaltimento a livello nazionale, della gestione del fine vita dei prodotti che contengono fibre.

Le malattie derivanti dall’amianto e la casistica. Oltre il mesotelioma – tumore polmonare per cui ancora oggi la sopravvivenza è molto bassa, meno del 20% a 5 anni – altre neoplasie sono collegate all’esposizione all’amianto: dalla laringe all’ovaio, dal colon retto all’esofago e allo stomaco. A rischiare sono da un lato gli esposti per motivi professionali (in cima alla lista operai che hanno lavorato anni a contatto con le fibre killer), dall’altro le vittime di esposizione ambientale o di altro tipo. Nella casistica del Registro nazionale mesoteliomi in circa l’8-10% dei casi per i quali sono state ricostruite le modalità pregresse di esposizione, questa è risultata legata a motivi ambientali (la residenza) o familiari (convivenza con parenti professionalmente esposti). Le Regioni più colpite dall’emergenza salute sono il Piemonte con il 18% dei casi di mesotelioma registrati in Italia dal ’93 al 2008, e la Lombardia con il 17,7%.

E sono proprio Piemonte e Lombardia il teatro delle più note vicende giudiziarie legate alle vittime lasciate sul terreno da industrie attive nel settore amianto. Dal processo Eternit (che si è celebrato a Torino ed è ora approdato in Cassazione) per i morti registrati nei 4 stabilimenti della multinazionale svizzero-belga, fino al processo Fibronit, fabbrica che a Broni, nel Pavese, fino al ’93 dava lavoro a oltre mille operai e si è trasformata negli anni successivi in un inferno di amianto, per il quale nelle aree circostanti si viaggia ancora al ritmo di 52 morti l’anno per mesotelioma secondo le stime più prudenti. La pericolosità dell’amianto è legata alla sua struttura fisica: le sue microscopiche fibre sono facilmente inalabili e possono depositarsi nei polmoni causando diverse malattie fra cui l’asbestosi (presenza di cicatrici nel tessuto polmonare), il tumore al polmone e, appunto, il mesotelioma.

In Italia anche gli scienziati si sono mobilitati per chiarire i meccanismi alla base della tossicità dell’amianto. Un’equipe di ricercatori di Elettra, dell’ospedale Burlo Garofolo e dell’Università di Trieste analizzando campioni di tessuto polmonare provenienti da pazienti esposti, ha messo in luce il ruolo fondamentale del ferro nello sviluppo del mesotelioma, conquistandosi le pagine di “Scientific Reports”, rivista del gruppo “Nature”.

L’amianto, infine, è presente anche nel 14% dei penitenziari italiani. Lo rivela una mappatura in possesso dell’Adnkronos. Dietro le sbarre con un killer silenzioso e il rischio, per i detenuti, di una doppia condanna. Sono 28 le carceri italiane dove è ancora presente l’asbesto, il minerale cancerogeno usato comunemente nelle costruzioni fino al 1992 quando una legge, la 257, lo ha bandito dal nostro Paese. Grondaie, tettoie, pannelli, cassoni, parti di impianti di depurazione, canne fumarie, manufatti all’interno dei vecchi penitenziari continuano a minacciare la salute di chi in galera sconta una pena e di chi ci lavora. Da Alessandria a Trapani sono tante le carceri dove è presente amianto. Ventotto secondo il ministero della Giustizia, di più stando alle segnalazioni che arrivano dai sindacati di polizia penitenziaria e che aggiungono altri istituti a quelli già presenti nell’elenco fornito dal ministero. (ADNKRONOS)


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