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In principio fu il metodo

Creato il 03 marzo 2016 da Faustotazzi
In principio fu il metodo
In principio fu il metodo, fino agli anni trenta fu la tattica più diffusa nel gioco del calcio. Inventato nei college di Cambridge e portato al successo dai Blackburn Rovers che nella notte dei tempi – i primi anni novanta dell'ottocento - vinsero cinque Coppe d'Inghilterra, il metodo fece fortuna intutto il mondo per oltre un trentennio. Vittorio Pozzo, allenatore della nazionale Italiana  negli anni tra le due guerre, ci vinse due Campionati del Mondo, l'Oro Olimpico e due Coppe Internazionali, metodista era quel Bologna che vincendo due Mitropa Cup   venne soprannominato "lo squadrone che tremar il mondo fa" e giocava con il metodo  pure la Juventus del Quinquennio d'Oro, cinque scudetti consecutivi dal ‘31 al '35. Il calcio giocato con il metodo era leggero e sublime, Il fulcro della squadra era il centromediano, il giocatore che piazzato davanti alla difesa leggeva, dirigeva e distribuiva il gioco con lanci precisi per i centrocampisti avanzati e da lì al centrattacco che finalizzava la manovra. Renato Olmi, di professione centromediano metodista, fu un protagonista del calcio italiano fra gli anni ’30 e ’40, uno dei migliori centromediani di sempre. Iniziò a giocare in prima divisione nel Crema, poi in serie B con Cremonese e Brescia finché venne acquistato dall’Ambrosiana-Inter di Giuseppe Meazza con cui vinse scudetti e coppe. Fu convocato in Nazionale da Vittorio Pozzo e con lui vinse i mondiali di Francia del 1938. Giocò anche nella Juventus, poi tornò all'Inter, alla Cremonese e al Crema. L’A.C. Crema gli ha dedicato la maglia numero 5 e gli ha intitolato la Curva Nord dello stadio. E’ ancora oggi considerato la leggenda del calcio cremasco.
Ed è ai tempi del metodo che risale la nostra storia, che come tutte le storie ha ormai sbiadito i suoi contorni tra realtà e fantasia, ricordo e mito. Erano i tempi d'oro del Calcio Crema, che con il suo metodo era arrivato fino alla Serie B. La gente dai paesi nella campagna circostante la domenica pomeriggio andava in città allo stadio per vedere giocare Olmi, il campione del mondo. Con lui c’erano Cadregari - un centrattacco di quelli che sapevano come si doveva andare in rete, Massa, Piloni, Boldizsàr... Quest’ultimo era il portiere che tirava i calci di rigore, era stato titolare della nazionale ungherese fino a che una notte se ne andò dal suo paese oltre la Cortina di Ferro e arrivò a Crema. Dal ‘43 al ‘45, durante la Repubblica di Salò, tutti i campionati sportivi nazionali vennero sospesi, in quegli anni si organizzavano delle vere e proprie sfide nelle campagne. Dalle nostre parti tutti conoscevano i giocatori del Calcio Crema che venivano spesso a giocare nei nostri prati la domenica. I ragazzi del paese partivano la mattina, ripulivano un grande prato dalle erbacce e dal letame che ci avevano sparso i contadini, poi piantavano i pali delle porte e tracciavano le righe del campo. Alle due del pomeriggio, quando arrivavano giocatori e pubblico, il campo da gioco era pronto. Ogni tanto arrivavano i Fascisti, allora si doveva mollare tutto e scappare per le campagne per sfuggire alla leva della Repubblica di Salò. Nelle sfide tra paesi si giocava contro Pandino, Ombriano, Casaletto. I calciatori che venivano ingaggiati per giocare per Trescore erano tutti ragazzi che avevano fatto la B e qualcuno anche la A. Anche Casaletto aveva una bella squadra a quei tempi: erano riusciti a trovare dei ragazzi del Torino che facevano il militare a Bergamo, tesserati per l'Atalanta. Li pagavano per giocare e vincere con loro: 10, 20 o 30 lire a partita. Il miglior calciatore di Trescore giocava in Serie C, era un portiere, un gran bel portiere. Una volta ci giocammo la finale di un torneo contro Ombriano, quell’anno anche loro avevano ingaggiato giocatori semiprofessionisti e avevano allestito una squadra davvero forte. Il nostro portiere si chiamava Mario, di soprannome Chiì, era un amico di mio padre poco più vecchio di lui, probabilmente del '17 o del '18. Prepararono dei documenti falsi, l’impiegato al Comune falsificò le carte d'identità e lo fecero tornare dal servizio militare per cinque giorni apposta per giocare la finale. Quel giorno Mario incassò sei gol, ogni volta che si andava in vantaggio quelli subito pareggiavano e alla fine si perse per 6 a 5. Era un portiere bravissimo... e si era venduto la partita. Qualche anno dopo, finita la guerra, la sua famiglia si trasferì a Milano dove aprirono un negozio di fiori che coltivavano qui in campagna. Era un gran bel ragazzone Mario, come pure bella era sua sorella Rina. Finirono entrambi con le gambe paralizzate, si dice fu un olio avariato, forse il fondo di una damigiana. Li misero entrambi in carrozzella.
Ecco, la nostra storia finisce qui. Poi arrivò il sistema, entrò in Italia sulle ali del Grande Torino che vinse cinque campionati consecutivi, l'ultimo dei quali assegnato d'ufficio dopo che il torneo che stavano dominando venne tragicamente sconvolto dal disastro aereo della collina di Superga. Il sistema era una nuova tattica, un gioco molto fisica che rafforzava la fase di difesa. Il centromediano veniva arretrato sulla linea dei difensori e le marcature si facevano più rigide, le due mezze ali pure si ritiravano a formare una sostanziosa cerniera a centrocampo e nel reparto avanzato rimanevano solo il centrattacco e le due ali. Negli anni '60 poi la Grande Inter di Helenio Herrera  aggiunse un ulteriore uomo in difesa e il sistema diventò catenaccio. Il calcio si fece battaglia, la partita strenua e logorante guerra di trincea, difesa e tenuta delle posizioni intervallata solo da sporadici contrattacchi a sorpresa, fulminei e brutali. Omar Sivori fu il campione scelto per testimonare quell’evoluzione, sulle sue gambe secche e nervose - arti nati in Argentina al tempo del metodo, gambe magre e storte fatte apposta per il dribbling – ogni stopper e ogni terzino ci incisero in maniera indelebile il manuale del nuovo sport nascente. Il mondo di Vittorio Pozzo, del metodo, delle partite nei prati non esisteva più ormai, giocavano tutti con il sistema. Soprattutto nelle serie minori le marcature diventarono feroci, si commettevano falli orribili. In inverno, con i campi intrisi di pioggia, il gioco si faceva ancora più duro e quelli tra i protagonisti della nostra storia che erano sopravvissuti alla guerra sospiravano nostalgici pensando ai bei tempi del metodo, dove quando i campi si facevano pesanti i giocatori volavano ancora più leggeri e i centravanti e le mezze ali sembravano ballerini nel fango. Il pubblico del Crema iniziò ad abbandonare lo stadio, alla fine la squadra retrocesse. Cadregari finì al Napoli, Della Frera al Novara, Massa all'Inter, Piloni al Monza. Boldizsàr finì la sua carriera a Parma, in Serie C, dove tirava ancora i calci di rigore. Il Crema retrocesse in serie C nella stagione ‘47-‘48, nei tre anni successivi si salvò senza troppe difficoltà poi nel ‘53 fini quattordicesimo e scese in Quarta Serie. Oggi gioca con alterne fortune nel Girone C dell’Eccellenza Lombarda.

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