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In viaggio con il convincente Marco Polo

Creato il 27 dicembre 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Il giudizio di Francesco Sciortino

Summary:

E’ stata rilasciata sulla piattaforma Netflix la serie Marco Polo e, come la maggior parte degli show, non mette d’accordo tutti. Per cominciare, questo prodotto dovremmo sentirlo un po’ “italiano” dal momento che presenta nel cast due italiani, Lorenzo Richelmy e Pierfrancesco Favino, rispettivamente nei panni di figlio e padre. E se per il secondo non c’è bisogno di alcuna presentazione, per il primo è doveroso aprire una parentesi. Il protagonista della serie targata Netflix è conosciuto nel mondo della fiction italiana per aver preso parte a due stagioni de I Liceali, interpretando il ruolo di Cesare Schifani. L’attore classe 1990, prima di essere ingaggiato per il ruolo di Marco Polo, ha recitato anche nel film di Carlo Verdone, Sotto una buona stella, vestendo i panni del figlio tormentato di Verdone. Ma la grande occasione gli viene data dal colosso americano di streaming online e la star nostrana sembra ripagare la fiducia mostratagli. Richelmy interpreta al meglio il mercante veneziano che si fece strada, grazie alla sua intraprendenza e astuzia, alla corte di Kubilai Khan, fondatore del primo Impero Cinese della dinastia Yuan. La prima stagione della serie è composta da 10 episodi dalla durata di 50 minuti ciascuno.

Marco Polo
Le vicende si svolgono inizialmente su due fronti, l’arrivo di Marco Polo, in compagnia del padre Niccolò (Pierfrancesco Favino), alla corte di Kubilai Khan (Benedict Wong); e il flashback che riporta all’inizio del viaggio e che racconta le avversità che Marco e il padre hanno affrontato per raggiungere il Catai. Durante il viaggio, Marco rivela al padre la sua paura più grande, che è quella di trascorrere una vita comune. Lui non si sente normale. Ha uno spirito avventuriero e desideroso di scoprire nuovi mondi. Quando il padre lo abbandona alla corte del Khan, per ricevere in cambio il permesso di commerciare lungo la Via della Seta, Marco dovrà adattarsi al nuovo mondo, non senza difficoltà. Tuttavia, Kubilai capirà subito chi ha davanti e il mercante entrerà subito nelle grazie del Khan. Ma torniamo all’analisi del prodotto. Netflix è riuscita a fare una serie validissima dal punto di vista tecnico. Le scenografie, i costumi e la fotografia sono da ammirare e ben curate. Il cast è molto credibile e ben selezionato.

E allora perché ci sono state critiche nei confronti della serie? L’errore di fondo sta nel considerare Marco Polo come una sorta di erede di Game of thrones. Marco Polo è stato paragonato subito, come genere e tematiche trattate, al tanto celebrato cult tratto dai libri di George R. R. Martin. E’ chiaro che citando la serie targata HBO chiamiamo in causa un mostro sacro della televisione, ineguagliabile al momento, e qualsiasi show ne uscirebbe con le ossa rotte al confronto. Marco Polo va visto con occhi diversi e in un contesto differente. E’ vero che ha diversi aspetti in comune con Game of thrones, ma sono sempre marginali. Vada perché entrambi sono prodotti in costume, vada per le scene di sesso e le lotte per il potere, ma lo show di Netflix affronta molti temi diversi rispetto a quelli di GOT. La serie con Richelmy sembra puntare molto sull’effetto visivo, mettere in risalto l’idea delle esplorazioni, la cultura mongola dei tempi e cosa comportò l’arrivo del mercante veneziano alla corte di Kubilai Khan. Marco Polo è una serie più storica e meno fantasy rispetto al Trono di Spade. Sicuramente ci sentiamo di promuoverla. Anche perché, con trascorrere delle puntate, la serie migliora ancora di più e i punti deboli cominciano a notarsi sempre meno. Tuttavia, solo il tempo ci dirà se siamo stati troppi generosi o no, ma la serie merita sicuramente un’occasione e magari una visione con occhi meno pretenziosi rispetto a quelli usati per guardare Game of Thrones.

Di Francesco Sciortino per Oggialcinema.net


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