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In viaggio con papà

Creato il 27 settembre 2013 da Valentina Orsini @Valent1naOrs1n1

In viaggio con papà
Non so dire con precisione cosa accada, quando sentiamo all'improvviso il bisogno di tornare su certi film. Forse avrà aiutato in questo senso il giochino di ieri, per il quale ho ripercorso in una mezza giornata, i film della mia vita, dal 1985 ad oggi. Il film di cui vorrei parlare oggi però in quella lista non c'è, causa "incongruenze anagrafiche".
E' del 1982 In viaggio con papà, uno dei quasi venti titoli che videro Alberto Sordi, non solo come interprete della commedia italiana, ma anche sceneggiatore e regista. Perché tornare su questo film, vi starete domandando...per me è molto più semplice di quanto possa sembrare. Due nomi, impressi e marchiati col fuoco nella mia vita, sommati a un pezzo di storia cinematografica e personale che segna il cosiddetto, fatidico, passaggio generazionale.
Sì, è vero, nel 1982 dovevo ancora nascere, ma la prima significativa prova della riuscita del film risiede proprio qui. Quando vidi In viaggio con papà, io avrò avuto dieci anni, più o meno. Quindi mettiamo fosse il 1995. Conoscevo Alberto Sordi perché in casa era come lo zio misterioso e avventuriero, che vagava per il mondo e portava a tutti la sua Arte. Lo conoscevo, ma ancora non capivo bene...Carlo Verdone invece mi era già entrato nel cuore, sapevo che quel viso buffo e quegli occhi a guardare il cielo, mi davano una serenità e una gioia tale per le quali io gli sarei stata eternamente grata. E così è stato.
Cristiano e Armando, rispettivamente Verdone e Sordi, un figlio e un padre. Il primo imbranato e fissato con l'ecologia (come dimenticare la sequenza sul Ponte Sisto?), soprattutto con i gabbiani. Il secondo uomo in affari, eterno Don Giovanni con un matrimonio alle spalle. I due si ritrovano ad affrontare il viaggio che avrebbe portato Cristiano in Corsica, a raggiungere il resto della comunità, e il padre dalla "figlia dell'ingegnere". Ovviamente Armando non sarà il tipico padre entusiasta della compagnia del figlio che vede solo di tanto in tanto, no. Dopo svariati tentativi di liberarsene, Armando sarà vittima di una grande beffa. La stessa che dà all'intero film poi, quel tocco di umanità e drammaticità che sa distinguerlo dalla tipica commediuola leggera e "volgarotta", come hanno sostenuto in molti.
In viaggio con papà
E proprio perché a me piace buttarmi "di testa" contro le critiche più insulse e inutili che, purtroppo, non riesco ad evitare, voglio ricordare con le stesse sensazioni di allora il film che vide insieme i due pilastri e rappresentanti della "mia" romanità e, di una buona parte del mio amore per il cinema. Chi legge saprà comprendere, forse, e capirà da dove arrivi questa esigenza di "tutelare", nel limite delle mie possibilità, una commedia piacevole e amara, che parla soprattutto di un padre e un figlio. Delle difficoltà nel relazionarsi, nonostante le divergenze etiche e morali e, generazionali. Il figlio un po' ritardato, che simula i versi di ogni specie di volatile e si turba, pensando al sesso o all'immagine di una donna nuda. Dall'altra parte un padre che cerca a tutti i costi, a modo suo, di spiegare al figlio che nella vita davvero, contano i soldi e il sesso. Mi vengono in mente diverse sequenze, in casa con la madre di Cristiano e il nuovo compagno (interpretato da un sempre grande Angelo Infanti), il cane sul letto nella sua vecchia cameretta. La governante di colore "che c'ha paura che tutti je toccano e zinne". Oppure la sorella che fa pipì con la porta del bagno aperta. E la nonna lasciata sotto il sole...
Chi parla di questo film come di una commedia volgare e inutile, e la disprezza, non ha capito nulla. Quando in macchina il figlio domanda al padre che fine abbiano fatto i valori di una volta, e Sordi sorridendo con viva comprensione, parla di una vita che è cambiata, che si è sfasciata. Cambiano le persone, gli affetti rimangono, ma con tanto di egoismo. Ci si arrangia, e alla fine quel papà distratto proverà a raccontarti una storia, quella della nonna in paese, e proverà a spiegarti la sua sul consumismo. Ma finisce che tu ti addormenti in macchina accanto a lui, quando poco prima gli gridavi il tuo ideale di comunicazione. Chi vede volgarità in questo, ha problemi...
Verdone con ingenuità e modestia si presta al ruolo del figlio-allievo, che fonde i caratteri che lo hanno reso in precedenza noto al pubblico. Un Ruggero e un Mimmo nel corpo di un bamboccione che viaggia con il padre e, lungo il cammino, ascolta e impara (o insegna?) la lezione più difficile. Non è cinema, è la vita. E questo viaggio lo abbiamo affrontato tutti, chi più chi meno.
Anche il Sig. Morandini...
"Armando, ricco e sottaniere, ha un figlio adulto, timido, introverso e con la passione per l'ecologia. Vanno in vacanza insieme. Quale dei due educherà l'altro? Per divertirsi a questo film bisogna essere un po' necrofili: è spettacolo della corruzione, putrefazione, suppurazione di ogni genere. Battute banali e volgari".(Da Il Morandini Zanichelli editore)
*A Morandì, io non so' necrofila, te lo posso garantì. Non vengo nemmeno pagata pe' scrive. Ma a vedè bene, a sentì bene, la puzza de corruzione e putrefazione, e la volgarità vera, tu dovresti sapè mejo de me, da dove proviene...basta che rimani 'ndo stai e lo capisci!!!


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