Il vento avava soffiato rabbiosamente tutta la notte attraverso le fessure della capanna e la pioggia aveva inzuppato le pareti; e ora serpeggiava a rigagnoli sul pavimento ineguale.
Josua cacciò la testa nel pagliericcio, imprecando fra i denti che battevano per il freddo e la fame.
Attraverso una fessura del tetto entravano gocce d'acqua che andavano a picchiettare sopra un relitto di pentola posta in bilico sulle tre pietre del focolare al centro della capanna.
Josua si voltò e si rivoltò fin che ebbe pazienza in pelle poi, quando l'esasperazione toccò il culmine della tolleranza, balzò giù dalla branda e, menando calci all'impazzata, fece volare quella maledetta pentola contro la porta, la quale si spalancò.
- Che vita maledetta ! Inferno dentro e fuori - urlò contro la pioggia che ora entrava di stravento nella capanna.
- Josua !- implorò sua madre dalla specie di tana attigua - chiudi la porta, i tuoi fratelli si pigliano un malanno.
- Per me nessuna pietà.Dov'è tuo marito? -urlò rabbiosamente.
- Tuo padre...- disse la donna tra i singhiozzi.
- Mio padre, sì, mio padre. Dov'è mio padre ? -rise come un pazzo.
-Lo sai che è a Nairobi
-...a tracannare la birra che baratta co il sangue tuo e dei tuoi figli; e noi qui beviamo acqua che cola dal tetto e dalle pareti. Vado fuori a bere.
- Josua, Josua...
Ma Josua era fuori sotto la pioggia e urlava a squarciagola nel buio mentre scendeva verso la strada. (pag.5-6)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)