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Incontri ravvicinati del terzo tipo: Emiliano, il poeta metropolitano.

Creato il 06 dicembre 2012 da Bens
Ieri pomeriggio, mentre stanca concedevo alla mia schiena la pace di un muretto di cemento in un deserta stazione della metropolitana romana e aprivo il mio libro, consueto compagno di traversate cittadine, notai con la coda dell'occhio avvicinarsi a me uno strano figuro dall'aria colorita. Assicuratami con la coda dell'altro occhio della totale assenza di vie di fuga, continuai a leggere consegnando la mia incolumità nelle mani del Fato birichino.
"Piacere signorina, mi chiamo Emiliano e sono il più grande poeta di Roma"
"Ah sì?"
"Sono il più grande poeta che la storia di Roma abbia mai conosciuto"
"Anche meglio di Gioacchino Belli?"
"Non lo conosco signorì, magari bazzica Ostia Lido".
Notando il mio libro, mi disse: "Vedo che preferisce la prosa ma io le lascio volentieri un foglio con le mie poesie in cambio di una sigaretta".
Gli regalai una sigaretta solo per il gusto di togliermelo dai piedi e dopo aver insistito che si tenesse anche le sue poesie essendo la mia solo un'offerta a fondo perduto, quasi risentito infilò il suo foglio tra le pagine del mio libro e pieno di gongolante sicurezza, come solo certi romani possiedono, sparì, risucchiato dalle scale mobili.
Adesso io voglio sottoporvi alcuni di questi strabilianti versi, perché Emiliano, il poeta metropolitano, merita di essere ricordato, se non come il più grande cantore di tutta Roma, quantomeno il più talentoso menestrello della linea Laurentina-Conca D'oro.
"Ardono nuvole nel cielo/ e il sangue bollente dilania l'osso del male/ in giacigli d'arcobaleno;/ già cadavere cuore/ in cimiteri mai estinti/ colori emana": io mi appello alla buon'anima trapassata e darkettona di Percy Shelley, che addirittura ispirasti il buon Carducci, dimmi se mai udisti simili melodiche assonanze del tutto scevre di un soggetto e di un predicato verbale! MERAVIGLIA, SIGNORI.
"Nutre incubi indelebili/ mentre morente giace/ intrappolata in bolle/ d'acini d'uva colme;/ figlia di lacrime tempesta/ che pianti nascose": qui invece, dove tutto trasuda classicismo romano e perverse pratiche sessuali con acini d'uva colmi di voluttuosi sensi, oh Muse, io invoco lo spirito elegante dell'immenso Titus Petronius Niger che tanto amato fu da quel matto di Nerone.
"Rumore privo di suono/ il vento tra ombre/ dilaniato dal mistero/ giace morente/ su teschi consumati/ dal cielo nel tempo": vi lascio con questi versi che qualsiasi poetastro strafatto di acidi nella California degli anni '70 avrebbe invidiato, perché tu Emiliano, poeta metropolitano, avresti mietuto le gelosie di Allen Ginsberg, perché Kerouac ti avrebbe infilato in qualche libraccio offuscando il tuo danzereccio talento; perché io ti ricorderò per sempre, anche quando finalmente di arresteranno per vagabondaggio, io parlerò in tuo nome Emiliano, affinché le tue poesie non vengano dimenticate. Non permetterò a nessun Lord Byron, a nessun Neal Cassady, a nessun Walt Whitman, a nessun LorenzoCherubiniJovanotti, di rubare a te ciò che le Muse Euterpe, Erato e Callipoe fecero dono: LA FACCIA TOSTA.

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