Magazine Cucina

Indice glicemico, Carico glicemico, Indice Insulinico e Carico insulinico

Da Gftl

L’insulina è un ormone, secreto dalle cellule del pancreas (precisamente dalle cellule B), ed è un messaggero chimico, il quale viene trasportato dal sangue verso altri organi, specialmente al fegato e ai muscoli. In queste sedi l’insulina, una volta legata a recettori specifici presenti sulle cellule, stimola la capacità delle stesse cellule ad utilizzare il glucosio come combustibile per il metabolismo. Quindi l’insulina regola il metabolismo dei glucidi, che poi non sono che i glicidi, ovvero parole strettamente scientifiche per identificare i carboidrati – che poi sono zuccheri.

Indice glicemico
L’indice glicemico (IG, oppure glycemic index, GI) è un concetto teorizzato da Jenkins et al. (1981), è stato ed è utilizzato per misurare la velocità di digestione e assorbimento dei cibi, che contengono carboidrati, e l’effetto sulla glicemia, il livello di glucosio nel sangue.

Un alimento con un IG elevato determina un picco elevato di glucosio nel sangue, mentre un cibo con un IG basso determina un innalzamento della glicemia più lento e quindi un picco relativamente più basso. In parole semplici, un IG alto porta il glucosio sulle montagne russe, mente un IG basso porta il glucosio in passeggiata, con qualche pendenza.

Come è stato calcolato l’IG?

L’IG indica

“la velocità con cui aumenta la glicemia due ore dopo l’assunzione di un quantitativo dell’alimento contenente 50 g di carboidrati”.

Il carboidrato di riferimento può essere il glucosio o il pane bianco, ai quali viene comunemente assegnato il valore 100, poiché l’IG è una percentuale.

images1
Esiste ovviamente una scala di valori per l’IG, che va da basso ad elevato, come si può osservare in figura: fino a 40 è molto basso, fino a 54 è basso, fino a 69 è moderato, da 70 in su è elevato.

Però, va detto che i cibi che contengono carboidrati sono soggetti a diverse variabili, che possono alterare il loro IG finale. Queste variabili possono essere:

  • il grado di maturazione, soprattutto nel caso della frutta;
  • il rapporto tra diversi carboidrati presenti nell’alimento (vedasi il rapporto glucosio/fruttosio per il miele, o il rapporto amilosio/amilopectina per l’amido);
  • la zona di coltivazione, perché la zona climatica di provenienza può influenzare l’IG;
  • la raffinazione;
  • il contenuto di altri macronutrienti, che poi influenza anche l’indice insulinico, che sarà descritto successivamente;
  • il contenuto in fibre;
  • il grado di idratazione;
  • la masticazione, paradossalmente un cibo masticato meno ha un IG inferiore allo stesso cibo masticato di più – uno dei primi consigli dietetici è quello di masticare a lungo per aumentare il senso di sazietà;
  • gli eventuali tempi di cottura, esempio classico la pasta al dente;
  • i pasti precedenti e gli orari.

Facciamo alcuni esempi di variabilità tra alimenti.

Le patate bollite hanno un IG pari a 80 ed il contenuto di carboidrati è del 20%, perciò per ottenere 50 grammi di carboidrati dalle patate bisogna considerare250 g delle medesime. Il riso bianco ha lo stesso IG delle patate bollite, però a crudo il contenuto di carboidrati è dell’80%, perciò per avere 50 g di carboidrati dal riso crudo si considerano 60 g dello stesso.

Sebbene l’IG sia stabilito in seguito alla cottura e all’idratazione, questo confronto ci fa capire che a parità di IG le cose possono cambiare notevolmente. Quindi, va bene scegliere alimenti che abbiano un basso IG, ma è fondamentale anche considerare il contenuto in carboidrati. Faccio un altro esempio: gli spaghetti hanno un IG intorno a 55, ma il contenuto in carboidrati è del 75% e quindi possono risultare iperglicemizzanti.

glycemic-index-vs-glycemic-load
Certo, è importante l’IG, ma è anche basilare considerare il carico glicemico (CG, glycemic load GL), cioè

“l’impatto sulla glicemia di un pasto glucidico in base al suo indice glicemico (IG) e la quantità di carboidrati contenuti al suo interno. Il carico glicemico combina la qualità e la quantità di carboidrati in un numero”.

Come si calcola il CG?

IG di un alimento x contenuto di carboidrati dello stesso/100

GLranges
Come per l’IG ci sono diverse tabelle anche per il CG. Come si osserva nella figura, fino a 10 il CG è basso, fino a 19 è moderato, da 20 in su è elevato.

Riprendo gli spaghetti come esempio: considerato il loro IG e il contenuto di carboidrati, per avere un CG moderato si possono consumare 40 g di spaghetti (pesati crudi). Per il riso bianco, in relazione al suo IG e al suo contenuto di carboidrati, la quantità di 30 g (peso a crudo) è il limite tra un CG moderato o alto. La situazione migliora se consumo il riso integrale, poiché 30 g (peso a crudo) hanno un CG moderato.

IL CG dipende anche dalla quantità in g dell’alimento consumato. Perciò, un basso CG, che deriva però da una fonte ad IG, come il glucosio o il riso bianco, non determina un processo di accumulo di grasso, poiché resta basso l’impatto sulla glicemia e la relativa produzione di insulina sarà bassa. Cosa cambia allora? La velocità con la quale viene raggiunto il livello di zuccheri nel sangue – montagne russe vs passeggiata, come scritto precedentemente.

Perciò, un basso CG, che deriva da una fonte alimentare a basso IG, fa sì che gli zuccheri entrino lentamente nel circolo ematico, parimenti sarà lento l’abbassamento degli zuccheri stessi nel sangue e l’intervento dell’insulina sarà più diluito. Questo determina una prolungata sensazione di sazietà (in relazione ai più lunghi processi digestivi, a una maggior permanenza del cibo nel tratto gastrico e ad altre cause ormonali e nervose) ed una disponibilità di zuccheri più sostenuta nel tempo

Controllare l’IG significa controllare i tempi di assimilazione, mentre controllare il CG permette un controllo teorico della glicemia e del conseguente livello di insulina.

L’iperglicemia non è dovuto all’elevato IG, ma all’elevato CG indipendentemente dal rapido o lento assorbimento.

Ecco perché è importante anche avere conoscenza dell’indice insulinico e del carico insulinico.

Insulin Word Cloud Concept in Red & Black
L’indice insulinico (II, insulin index o food insulin index FII) è una classificazione simile, più recente, che classifica il cibo in base al suo effetto sui livelli di insulina nel sangue, causato dai vari macronutrienti, soprattutto dai carboidrati e da alcuni amminoacidi presenti nel cibo. È stata riconosciuto negli anni ’80 (Ross et al.)

L’indice insulinico al contrario permette di valutare se un qualsiasi alimento, non necessariamente un carboidrato, sia in grado di provocare una risposta insulinica bassa, elevata o moderata.

“L’impatto dei macronutrienti sull’insulinemia è, del 90-100% per i carboidrati, del 50% per le proteine e del 10% per i grassi, e ciò conferma che non sono solo i carboidrati ad incidere sulla produzione insulinica, ma anche proteine in maniera moderata, e grassi in maniera molto blanda, cosa che l’indice glicemico non considera.”

Quindi, l’indice insulinico considera TUTTI i nutrienti, non solo i carboidrati; considera i macronutrienti in relazione alle calorie (kj, kilojoules).

Un grammo di grasso, qualsiasi sia la sua origine, fornisce 37 kj (9,4 kcal).

Un grammo di carboidrati, qualsiasi sia loro origine, fornisce 17 kj (4,1 kcal).

Un grammo di proteine, qualsiasi sia loro origine, fornisce 17 kj (4,1 kcal).

Un grammo di alcool, qualsiasi sia la sua origine, fornisce 29 kj (7 kcal).

Quindi, l’indice insulinico è definito come la quantità di alimento che apporta 1000 kj (293 kcal).

2
Sebbene ci sia correlazione con l’IG, non sempre alimenti con un basso IG hanno anche un basso II. Nel considerare l’II, va tenuto conto che la risposta insulinica può essere anche innalzata dai grassi e anche dalle proteine, in realtà dalla presenza nelle proteine di alcuni aminoacidi, che sono definiti insulinogenici, soprattutto arginina, leucina, valina e lisina. Però, va precisato anche che la stimolazione della produzione di insulina da parte di questi aminoacidi varia anche in funzione dei livelli di glucosio, presenti negli alimenti.

Perciò, è importante il concetto di carico insulinico (CI, insulin load IL), che determina l’impatto sul livello di insulina di un alimento, in relazione al suo II;

“il carico insulinico misura i livelli dell’insulinemia indotti da una specifica quantità dei cibi calorici in base al loro indice insulinico, cioè al potere dei cibi di stimolare l’insulina in termini assoluti sulla base della stessa quantità isocalorica standard, senza considerare però la quota di carboidrati contenuti al loro interno. Il carico insulinico viene calcolato moltiplicando i valori dell’indice insulinico per l’apporto calorico totale”.

Il CI si riferisce quindi alla quantità di insulina complessiva stimolata da un alimento in base al suo indice insulinico ed in relazione al suo apporto calorico.

Va detto che una dieta ricca di fibre, con apporti proteici e grandi quantità di acqua, con piccole porzioni può determinare una riduzione del CI di alimenti con un alto indice insulinico.

Sia l’II sia il CI sono importanti biomarcatori per test clinici e ricerche epidemiologiche.

L’insulina permette il trasporto degli aminoacidi nelle cellule dei muscoli. Quando ci si nutre di cibi proteici, il corpo produce e mette in circolo un’altra sostanza che ha un effetto contrastante rispetto all’insulina: il glucagone.

Il glucagone innalza la glicemia nel sangue e permette l’assorbimento degli aminoacidi nel fegato e quindi la loro successiva trasformazione in glucosio. Se le proteine innalzano la risposta insulinica, il glucagone mantiene la glicemia costante. Questo comporta che l’organismo non ha bisogno di ulteriori fonti di carboidrati, poiché quelli provenienti dai vegetali sono sufficienti a mantenere il sistema in equilibrio.

Questo è quanto accade in un organismo che non soffre di sindrome metabolica o diabete. Però, per chi soffre di diabete, il problema non è soltanto l’iperglicemia, ma anche il fatto che l’equilibrio glucagone-insulina sia purtroppo alterato.

6875150_f496
In conclusione, un organismo sano deve avere una dieta variata, senza escludere i carboidrati piuttosto che le proteine, tenendo sempre a mente questi concetti, proprio per avere una dieta sana che non comporti stress per il metabolismo e quindi per l’organismo.

Per chi soffre di sindrome metabolica o di diabete, il discorso è più complesso e quindi è importante considerare alimenti che abbiamo un basso IG, possibilmente anche un basso II e che quindi sia il carico glicemico sia quello insulinico siano moderati, in modo tale da non stressare ulteriormente l’organismo. Ovviamente, è assolutamente necessario farsi seguire da un medico, perché l’alimentazione coadiuva la cura della malattia, ma non è la cura.

Fonti bibliografiche e visive

Principi di Biochimica Lehninger, Zanichelli

it.wikipedia.org

en.wikipedia.org

http://lpi.oregonstate.edu/infocenter/foods/grains

http://www.glycemicindex.com/

Nutrients 2011, 3(4), 491-504

http://www.nutrientdataconf.org/

www.wellspringhumanenergy.com

breakingmuscle.com

www.drsarasolomon.com

www.secretsofhealthyeating.com

www.healthydietmentor.com

www.yourdietdiva.com

www.mendosa.com

travellingdietitian.com

Ross et al., 1987. American Journal of Clinical Nutrition

www.marksdailyapple.com

www.bodyandsoul.com.au

hubpages.com


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :