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Indonesia, il destino del francese Atlaoui è sospeso a un filo

Creato il 30 aprile 2015 da Jackfide

Dopo l’esecuzione di otto condannati avvenuta martedi’, Serge Atlaoui attende gli sviluppi del suo rinvio; ma il governo indonesiano non fa sconti sul traffico di droga. Le pressioni della Francia e dell’Onu su Jakarta continuano

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Un avvenire tormentoso e un presente precario; condizione vagamente flaubertiana per designare il filo sottile a cui è appesa la sorte di Serge Atlaoui, cinquantunenne francese arrestato nel 2005 nei pressi di un laboratorio clandestino impiegato per la produzione di ecstasy a Jakarta, città in cui si trovava per lavoro. Giudicato colpevole sia nel primo appello che durante il ricorso in cassazione, nel 2007 Atlaoui e altri nove indiziati coinvolti nell’indagine vengono condannati alla pena capitale.

Ipso iure, l’intransigenza della legge indonesiana sul traffico di droga è ben nota, a dispetto delle numerose iniziative, diplomatiche e civiche, che hanno preso luogo in Francia all’indomani della condanna. In tale quadro, si va dalla creazione delle associazioni contro la pena di morte – come “100 % Serge Atlaoui” – alla richiesta di grazia inviata dalla cantante franco – indonesiana Anggun al Presidente della Repubblica Joko Widodo, per arrivare alla solidarietà manifestata in campo dal FC Metz, squadra di calcio della città natale di Atlaoui. Negli ultimi dieci anni i rapporti tra Francia e Indonesia sono stati caratterizzati da sollecitazioni e tensioni internazionali che hanno portato all’intervento del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, il quale, due settimane fa, ha esortato il governo indonesiano a non procedere con l’esecuzione dei dieci condannati.

Vox clamanti in deserto, il 21 aprile la Corte costituzionale d’Intonesia ha rigettato l’ultimo ricorso per la riapertura del caso, confermando ad Atlaoui il capo d’accusa di distribuzione, trasferimento e vendita di eroina pura; una sentenza che ha visto l’intensificarsi delle reazioni diplomatiche dall’Esagono. Dall’appello unanime di Hollande e Valls contro la pena di morte alla convocazione da parte del ministro degli Esteri francese Laurent Fabius di un vertice con la presenza di Hotmangaradja Pandjaitan, ambasciatore della Repubblica d’Indonesia a Parigi, l’intero corpo istituzionale francese ha messo in guardia a più riprese il governo di Jakarta sulle possibili conseguenze che l’esecuzione di Atlaoui potrebbe avere sulle relazioni tra i due Paesi.

Per il momento le iniziative internazionali hanno registrato come esito positivo il rinvio provvisorio dell’esecuzione di Serge Atlaoui, che insieme alla cittadina filippina Mary Jane Veloso è stato risparmiato dalla fucilazione avvenuta martedi’ 28 aprile nelle prigioni dell’isola di Nuskambangan – conosciuta come l’Alcatraz indonesiana – che ha offerto la propria macabra cornice per l’uccisione degli otto condannati nell’inchiesta: due australiani, un brasiliano, quattro nigeriani e un indonesiano.  Ma il momentaneo ritiro di Atlaoui dalla lista della morte sarebbe dovuto ad un ricorso giudiziario richiesto dai suoi avvocati per l’assenza di motivazioni da parte del Presidente Joko Widodo nel corso del suo ultimo rifiuto di concedergli la grazia. De facto, il procutore generale d’Indonesia negli ultimi giorni ha smorzato le minime speranze accese in seguito al rinvio, ribadendo sui media che il detenuto francese sarà processato a breve. <<Una tortura psicologica che non lascia margini di resa al martirio di Serge>>, rimarca la moglie del condannato, Sabine, con la quale Atlaoui si è sposato in carcere nel 2007 e dalla quale ha avuto un figlio.

Del resto, in Indonesia il traffico di droga è considerato dalle autorità come un crimine ed è dunque passibile della pena capitale, come in altri Paesi del Sud Est asiatico. A fortiori, secondo un recente sondaggio, circa l’85 % degli indonesiani sosterrebbe tale posizione, corroborata dall’elezione in ottobre alla Presidenza della Repubblica di Joko Widodo, che della persecuzione ai trafficanti di eroina ne ha fatta una vera e propria bandiera. Se da una parte la Francia resta mobilizzata nel prodigare il proprio sforzo diplomatico, dall’altra l’Unione Europea si è dichiarata costernata alla notizia dell’esecuzione degli otto prigionieri. Attraverso le parole dell’Alto Rappresentante Federica Mogherini, l’UE ha pubblicamente richiesto a Jakarta di adottare una moratoria contro la pena di morte, che non puo’ rappresentare una risposta al traffico di droga. In tal senso, Bruxelles ha da tempo offerto il proprio aiuto strategico e pratico al governo indonesiano per combattere le attività criminali legate al commercio di stupefacenti. Ma nelle prossime ore l’attenzione dei media francesi sarà puntata sugli sviluppi provenienti dall’Isola di Nuskambangan. Ora il tempo sembra essere l’unica e ultima speranza.

Giacomo Fidelibus @JackFide
Tribuna Italia



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