Magazine Psicologia

Infanzia e psicopatologia del sonno

Da Psychomer
by Angela Sofo on ottobre 31, 2012

Il sonno del bambino si distingue da quello dell’adulto sotto vari aspetti, primo fra tutti la quantità di ore spese a dormire: un neonato dorme circa 16/17 ore al giorno in frazione di 3 ore mentre a tre mesi il sonno si riduce dormendo meno, circa 15 ore, per lo più spalmate nel corso della notte. La quantità di sonno totale tende a diminuire poi in maniera progressiva con il crescere dell’età. Anche gli infanti presentano diverse patologie del sonno il cui significato diverge e varia in funzione della sua gravità. Già nel primo anno di vita l’insonnia precoce può essere un’alterazione abbastanza frequente; quella comune può dipendere da condizioni inadeguate per una corretta igiene del sonno, come l’eccesso d’alimentazione o un orario dei pasti eccessivamente rigido, in questo caso il problema migliora quando migliorano le condizioni sfavorevoli. L’insonnia precoce severa si distingue invece in insonnia agitata e in insonnia calma. La prima ha luogo quando il bambino urla e si agita ed è solitamente accompagnata da movimenti violenti e condotte autoaggressive; nel caso invece dell’insonnia calma il bambino rimane a letto con gli occhi spalancati sia durante il giorno sia durante la notte. Questo tipo di insonnie sono abbastanza rare e, da un punto di vista psicodinamico, sembrano riflettere la difficoltà della madre ad assumere il ruolo di “protettrice  del sonno” del suo bambino.

Meno problematiche e tipiche dell’età sono invece le difficoltà d’addormentamento che si verificano fra i 2 e i 6 anni. In questa fase dello sviluppo il bambino si oppone ad andare a letto instaurando spesso dei rituali; a volte richiede un oggetto controfobico come la luce accesa o il pupazzo preferito. Le manifestazioni cliniche possono differire da un vero e proprio rifiuto di andare a dormire, in cui il bambino si agita e urla addormentandosi esausto soltanto dopo una lunga lotta con i genitori; ai rituali pre-addormentamento molto frequenti tra i 3 e i 6 anni in cui il bambino vuole che i suoi oggetti preferiti siano sistemati in un certo modo prima di accettare di andare a letto, richiede la ripetizione della stessa fiaba oppure mette in atto alcune condotte che hanno l’effetto di “calmare” il momento vissuto come angosciante di abbandonarsi al sonno.

Un’altra manifestazione clinica riguarda i cosiddetti fenomeni ipnagogici che si osservano solitamente dopo i 6 anni; trattasi di sensazioni cenestesiche come soprassalti o scariche elettriche, visive come immagini contorte e sfumate o acustiche. A causa del loro carattere angosciante questi fenomeni possono risvegliare il bambino e provocare ulteriori difficoltà ad addormentarsi.

La vera e propria fobia dell’andare a letto raggiunge a volte un’intensità tale da suscitare nel bambino uno stato di panico nell’istante in cui sente di essere sul punto di addormentarsi; questa condizione può presentarsi dopo diverse notti segnate da incubi o da episodi di terrore notturno. Quest’ultimo si riferisce ad una condotta allucinatoria che avviene durante il sonno e che provoca il risveglio ansimante del bambino; durante tali episodi l’infante urla disperato non riconoscendo chi gli sta intorno. La crisi dura qualche minuto per poi placarsi gradualmente. Se da un punto di vista elettrofisiologico il terrore notturno è visto come un risveglio dissociato con attivazione neurovegetativa, sul piano psicopatologico la comparsa di questo fenomeno sembra coincidere con l’ingresso nella fase edipica e con l’impossibilità del bambino di elaborare difese psichiche più mature.

Un’altra condotta patologica che accompagna il sonno è il sogno d’angoscia che si può verificare al secondo anno di età. Se segue un evento traumatico riflette la messa in atto dei principali meccanismi di difesa mentre se tende a verificarsi con più frequenza può, a livello dinamico, indicare un’organizzazione nevrotica o psicotica. Il risveglio ansioso infine, si colloca a metà strada tra il terrore notturno e il sogno d’angoscia; il bambino si sveglia agitato ma non presenta allucinazioni e per riaddormentarsi richiede l’intervento dei genitori pretendendo di coricarsi nel letto insieme a loro.

Il trattamento in questi casi può variare; raramente si fa ricorso ad una cura farmacologica mentre più spesso si richiede di indagare le abitudini instaurate nella fase di pre-addormentamento e di esplorare le dinamiche relazionali tra il bambino e i genitori. L’aspetto fondamentale rimane però quello di capire se si tratti di un problema rientrante nella sfera dei disturbi del sonno, valutando se vi è una qualche anomalia di tipo neurologico o se si tratti più semplicemente di una problematica notturna circostanziata e tipica dell’età.

Bibliografia

 Daniel Marcelli, Psicopatologia del bambino. Biblioteca medica Masson, Elsevier Ed., Milano 1999


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :