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Infiammazione cronica latente, una minaccia poco considerata

Creato il 21 aprile 2015 da Michelotto
Infiammazione cronica latente, una minaccia poco considerata Se avete in programma di sottoporvi ad un esame del sangue fareste bene a farvi controllare anche il livello della cosiddetta "proteina C reattiva", un marcatore degli stati infiammatori, una condizione che, come pochi ancora sanno, è spesso l' anticamera di molte gravi patologie.
Per capire il nesso però bisogna far luce su alcune differenze, giacchè si pensa sempre all' infiammazione come a qualcosa di negativo, di anomalo e da sopprimere quanto prima  e ad ogni costo, condizionati come siamo dalla visione meccanicistica e afinalistica della medicina moderna che vede in ogni manifestazione allarmante del nostro corpo un nemico da eliminare.
Bisogna sapere infatti che l' infiammazione in sè è un processo provvidenziale nella sua funzionalità in quanto finalizzato a  limitare,  circoscrivere e riparare un danno da agenti fisici, chimici o biologici (batteri, virus o parassiti), ossia qualsiasi pericolo per l' integrità e la sopravvivenza dell' individuo che ne è interessato. Questo  è almeno quanto avviene nei processi acuti, quando tutto si risolve nel giro di ore o giorni con l' eliminazione dell' aggressore e il ripristino della funzionalità dei tessuti danneggiati. Se invece la causa persiste, o l' organismo non ha abbastanza risorse per debellarla, l' infiammazione si cronicizza e tutta la faccenda prende un' altra piega per le conseguenze devastanti che arreca. Nelle malattie autoimmuni ad esempio, dove c'è un sistema immunitario che funziona in modo anomalo, si verifica un costante danneggiamento di determinati tessuti che costringe l' organismo  a reagire di continuo finchè dura lo stimolo.
Infiammazione cronica latente, una minaccia poco considerata In   questa seconda evenienza però il fenomeno infiammatorio di solito non si rende manifesto, consistendo spesso in piccoli focolai subclinici che, superata la fase acuta, non danno più luogo ai classici segni (rossore, gonfiore e dolore) che la contraddistinguono, per cui il soggetto non è cosciente di quanto stia avvenendo dentro di sè.
Tali focolai silenti si possono verificare dappertutto, ma più frequentemente nelle pareti intestinali allorchè vi si formino depositi di muco e tossine  da cui prendono facilmente origine, come pure nelle pareti arteriose, dove danno luogo ai ben noti processi degenerativi che esitano nella formazione di placche arteriosclerotiche. A questo proposito è bene ripetere che il colesterolo, pur essendo implicato, non è la causa della sclerotizzazione  vascolare, bensì lo stato infiammatorio che innesca una serie di reazioni a cascata. Questo significa che non serve ridurre il colesterolo se non si interviene a spegnere i suddetti focolai.
Per fortuna però oggi è possibile scovarli grazie al rilevamento nel sangue della proteina C reattiva, come dicevo, che risulta sempre elevata negli stati infiammatori.
E si capisce subito l' importanza del suo monitoraggio se si considera che oggi i fenomeni di natura flogistica sono più che mai comuni: basta considerare la crescente diffusione, ormai a livello epidemico, di allergie, asma, artrite e malattie autoimmuni,  tutte condizioni che hanno appunto in comune uno stato infiammatorio. Non a caso è proprio lo stile di vita moderno, direi, che a vario titolo sembra fatto apposta per favorire questa condizione, che purtroppo può instaurarsi e prosperare anche in modo asintomatico.
 

Infiammazione cronica latente, una minaccia poco considerata

Morbo di Crohn e Colite Ulcerosa, due malattie autoimmini

 
I principali agenti sono innanzitutto l' alimentazione ricca di zucchero e cereali raffinati: l' iperglicemia che ne risulta, oltre a favorire la resistenza insulinica (una condizione che prelude a gravi patologie e che a sua volta promuove l' infiammazione), è responsabile del fenomeno della glicazione delle proteine, un processo di denaturazione delle proteine che diventano materiale inerte e inutilizzabile soggetto pertanto ad infiammazione quando questo si viene ad accumulare in seno a cellule e tessuti.
L' alimentazione gioca un ruolo cruciale anche per il rapporto fra le due serie di acidi grassi essenziali omega6/omega3, che nelle diete moderne è fortemente sbilanciato a favore degli omega6 a causa dell' eccesso di cibo animale, di margarine, grassi idrogenati e oli di semi industriali, tutti straricchi di omega6 (compreso l' ac. arachidonico, presente solo nei cibi animali), che porta tale valore a superare spesso le 20 parti di omega6 per una parte di omega3, mentre l' ideale dovrebbe aggirarsi su 2, massimo 4 a 1.
Il motivo della loro importanza è che questi acidi grassi sono precursori di importanti sostanze simil-ormonali, gli eicosanoidi, come le prostaglandine, i trombossani e i leucotrieni, che possono avere (fra tante altre funzioni e semplificando) effetto pro-infiammatorio, nel caso degli omega6, o anti-infiammatorio, nel caso degli omega3.
Inoltre, come abbiamo visto, allergie e altre forme di ipersensibilità possono essere all' origine di questi stati infiammatori silenti, come pure condizioni stressanti, scarsa attività fisica, fumo, alcolismo, droghe, pregresse infezioni che si credevano debellate e inquinanti ambientali, come ad esempio metalli pesanti.
Tutto ciò mette il sistema immunitario sotto stress continuo, e di conseguenza il sistema nervoso centrale e quello ormonale, dato che il nostro organismo non è a compartimenti stagni, perciò con ripercussioni che possono coinvolgere qualsiasi parte del corpo. E le malattie correlate a queste situazioni sono significativamente tutte quelle cronico-degenerative tipicamente moderne, come cancro, patologie cardiovascolari, diabete tipo 2, obesità, autismo, malattia di Alzheimer e altri deficit cognitivi, depressione, sindrome da stanchezza cronica, invecchiamento precoce, osteoporosi ecc.
Il cancro in particolare sembra trarre molto vantaggio da un terreno infiammatorio per potersi sviluppare, come ci spiega il nostro Prof. Berrino.
Purtroppo l' approccio della medicina moderna a queste problematiche è prettamente sintomatico, e i farmaci utilizzati non sono nemmeno immuni da effetti collaterali. E' noto ad esempio che i farmaci una volta più usati, gli antinfiammatori non steroidei (FANS), come il Voltaren ad esempio, agiscano inibendo la ciclossigenasi 2 (COX-2), l' enzima che catalizza la sintesi dei cosiddetti eicosanoidi (prostaglandine, trombossani e leucotrieni) infiammatori, ma allo stesso tempo anche la coclossigenasi 1 (COX-1), l' enzima che  invece produce gli eicosanoidi "buoni" (antinfiammatori e anticoagulanti più altre funzioni), favorendo gravi effetti indesiderati. Per questo in tempi più recenti sono stati messi a punto farmaci più selettivi che inibiscono solo l' enzima pro-infiammatorio, ma anche questi s'è visto in seguito che non sono scevri di gravi effetti collaterali a medio-lungo termine, oltre ad essere costosi.
Infiammazione cronica latente, una minaccia poco considerata

E' molto interessante invece conoscere le alternative naturali rivelatesi di gran lunga più efficaci e vantaggiose, come le ficocianine, dei fitocomposti contenuti in alcuni cianobatteri meglio conosciuti come micro-alghe verde-azzurre. Questi composti hanno dimostrato straordinarie proprietà antiossidanti e antinfiammatorie, dovute queste ultime alla loro capacità di inibire selettivamente la ciclossigenasi 2 (COX-2), enzima pro-infiammatorio, come abbiamo visto, ma senza effetti collaterali.
In uno studio le ficocianine sono state messe a confronto con i due principali farmaci inibitori selettivi della COX-2, il Colecoxib e il Rofecoxib, dimostrando una capacità inibitrice superiore del 30% rispetto al primo e addirittura doppia rispetto al secondo, e naturalmente senza alcun effetto collaterale.
Un altro ottimo rimedio naturale adatto a tutti i problemi a carico del tubo digerente a sfondo infiammatorio è il kuzu, una fecola ottenuta da una radice selvatica originaria del Giappone. Si prende sotto forma di gelatina dopo averlo sciolto in acqua e portato ad ebollizione.
La cosa più importante è però la prevenzione, che consiste principalmente nel tenere sotto controllo il rapporto omega6/omega3, riducendo al minimo gli alimenti ricchi di omega6, come indicato più su, e incrementando quelli a maggior contenuto di omega3. Questi ultimi sono i pesci grassi dei mari freddi come salmone, aringa, sgombro, alici, sarde ecc., che contengono grandi quantità di EPA e DHA, due importanti omega3 preformati e pronti all' uso: altrimenti, per chi non consuma pesce, assicurarsi l' assunzione regolare di semi di lino crudi macinati o pestati, per il loro contenuto di acido alfa-linolenico (ALA), importante precursore dei suddetti e di difficile reperimento nei vegetali.
Tutto questo senza dimenticare l' importanza dei probiotici, dato che la disbiosi intestinale gioca un ruolo importante anche nei fenomeni flogistici.
Michele Nardella
N.B.
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