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Infrastrutture, strategie dell’Inu: i progetti paese nel dettaglio

Creato il 23 luglio 2012 da Ediltecnicoit @EdiltecnicoIT
Infrastrutture, strategie dell'Inu: i progetti paese nel dettaglio

Proseguiamo l’analisi delle infrastrutture necessarie attraverso il docomento a cura dell’Inu. Abbiamo pubblicato in precedenza “Infrastrutture, le strategie dell’Inu: cosa serve per la crescita” (che tratta del rapporto tra infrastrutture e territorio, città e politica) e “Infrastrutture, le strategie dell’Inu: i progetti paese” (questioni metodologio-politiche e “progetti paese” delle due macroregioni nord e centro). Con il terzo e ultimo articolo a cura della Commissione nazionale delle Politiche infrastrutturali, di seguito vediamo nel dettaglio i “progetti paese” Sud, Alta Velocita, Milano e Roma.

8. Il “progetto paese” della macroregione del sud
8.1 Premessa

La proposta di un progetto paese per il sud parte dalla considerazione della dimensione e delle caratteristiche del differenziale di efficienza fra:
a) i sistemi dei trasporti del Mezzogiorno e del resto d’Italia e d’Europa;
b) gli interventi attraverso i quali si può cercare di porvi urgentemente rimedio.

Lo scopo è tentare di capire quale sia l’articolazione di reti e servizi più adatta a sorreggere lo sviluppo economico che oggi, con la chiusura dei residui cofinanziamenti del QCS 2000-2006, e delle rimodulazioni dei FAS nel Fondo per lo sviluppo e coesione [1], ma anche con il Piano di Azione-Coesione [2] (per quanto riguarda sia “ferrovie” che “agenda digitale”) si sta perseguendo.
Altro obiettivo è  verificare se quel che viene realizzato va nella direzione voluta.
Ci si domanda, inoltre se, effettivamente le differenze regionali e l’autonomia delle rispettive amministrazioni siano ragioni sufficienti per giustificare interventi che talvolta si mostrano ripetitivi (fra Nord e Sud e fra le stesse regioni del Sud), più che cooperativi, con i rischi di nuovi squilibri, il permanere di ritardi cronici, la diluizione degli effetti sperati.

Si cercherà di capire inoltre se siano intervenute riallocazioni significative di risorse finanziarie da un settore (di trasporto) a un altro, in attuazione di quell’obiettivo di riequilibrio modale accettato e perseguito da tutte le regioni del paese.
Se l’obiettivo è lo sviluppo – e le carenze nei trasporti ne sono talvolta freno – importante è non perdere tempo e recuperare lo svantaggio, tenendo conto delle proprie capacità, senza rinunciare alla forza trainante delle sfide, prefigurando gli esiti dei passi che si susseguono e riducendo così il rischio della realizzazione di opere incompiute; rischio del quale soffrono, peraltro, non solo le opere singole, ma in modo non meno grave la stessa programmazione.

Il Progetto-Paese per l’Italia del Mezzogiorno può essere definito, pertanto, come un insieme sistematico di interventi finalizzati ad una sufficiente interconnessione fra:
- sistema portuale e logistico del Sud ‘esteso’ (Olbia, Cagliari, Napoli, Salerno, Bari, Brindisi, Taranto, Gioia Tauro, Messina, augusta, Pozzallo, Termini Imerese, Palermo, Porto Empedocle), in connessione alla programmazione MOS (MOtorways of the Sea) da intendere come asse portante delle scelte prioritarie sulle infrastrutture di trasporto a sud della fascia Napoli-Bari;
- sistema aeroportuale da collegare ai principali sistemi urbani-metropolitani e che necessita di innovazione gestionale soprattutto per la valorizzazione (soprattutto tramite i ‘turismi’) dei territori del Mezzogiorno considerando anche i successi dei voli low cost nonostante la gravissima crisi attuale [3];
- rete ferroviaria nazionale di Alta Velocità, che comprende i poli principali della Penisola (Milano, Bologna, Firenze, Roma) che congiunge tutto il sud raggiungendo Napoli;
- le reti ferroviarie che si estendono fino ai principali terminali siciliani di Messina, Catania e Palermo (in coerenza con quanto definito nel citato Piano di Azione-Coesione per le ferrovie);
- il completamento delle principali reti autostradali in Calabria ed in Sicilia;
- la manutenzione del sistema ferroviario ed autostradale del Mezzogiorno.

8.2. Scenari possibili
La identificazione di uno scenario possibile e praticabile per il sud dovrebbe poggiare sui seguenti caposaldi:

1. Considerando lo spostamento temporale se non l’abbandono definitivo del Corridoio Palermo-Berlino per il tratto a sud di Napoli, sfruttando la programmazione delle Autostrade del Mare ancora in essere e da difendere a qualsiasi costo, i sistemi portuali con le città e la logistica integrata,  costituiranno, a media e lunga scadenza, la prospettiva di potenziamento sistemico con più alta priorità per il trasporto merci e il sostegno alle produzioni locali.
Questo accadrà in un quadro di competitività, nel Mediterraneo, sempre più accentuato e sfavorevole ai porti del Mezzogiorno che si trovano a contrastare la migliore offerta dei porti della sponda sud del Mediterraneo (soprattutto: Damietta, Port Said, Marsaxlokk, Algeciras). Le opportunità da cogliere possono essere: concentrazione di attori-istituzioni per accordi selettivi e mirati, attrazione di investimenti in sistemi di rete integrati di porti-interporti-logistica, integrazione dei modi mare-terra, gestione interconnessioni ferroviarie tra porti-autostrade-stazioni-aeroporti.
Tali opportunità costituiscono le basi utili alla definizione di politiche mirate e poggiano, ancora una volta sulla centralità del Sud Italia nel Mediterraneo (con enfasi sulle sponde ioniche ed adriatiche) poiché ancora resiste ed aumenta l’importanza della rotta Suez-Gibilterra per effetto dei flussi di merci che viaggiano dalla Cina e India verso la sponda atlantica dove si concentra la portualità e la logistica nordeuropea (Amburgo, Bremenhaven, Rotterdam, Anversa, Zeebrugge).

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Il grafico riporta la rete TEN-T e la rete MoS

Nel grafico che riporta sia la rete TEN-T che la rete MoS è evidenziato il tratto a sud del Corridoio Palermo-Berlino che resta una prospettiva di lunghissimo termine nei programmi di infrastrutturazione sia comunitarie che nazionali. Questo cambiamento di programma assegna priorità alle autostrade del Mare piuttosto che al completamento del corridoio 1 a sud di Napoli. La linea tratteggiata in giallo rappresenta l’opportunità di potenziamento della connessione del Corridoio 1 con il mediterraneo orientale [4]. Fonte del grafico di base: Shortsea Promotion Centre-Italy [5].

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Collegamenti marittimi Ro-Ro e Ro-Pax afferenti ai vari Archi portuali [6

2. Finora, le dinamiche evolutive hanno evidenziato lo spostamento di popolazione e di ricchezze produttive verso le fasce costiere con conseguenti danni ambientali a cui ora si stenta a trovare una soluzione. Sarà necessario adottare uno scenario prospettico in cui venga delineata l’integrazione tra una nuova portualità integrata alla logistica e territori interni anche come freno alla deindustrializzazione manifatturiera. Le amministrazioni comunali e le autorità portuali non sono ancora orientate a fronteggiare la sfida dell’integrazione interna per la competizione sui mercati esterni. Speculare a questo tema è la questione dei waterfront ovvero della riqualificazione dei paesaggi urbani costieri, dell’innalzamento dei livelli di qualità dell’abitare e naturalmente dell’utilizzo sostenibile a fini turistici delle coste.

3. Le dinamiche territoriali centrate sui medi e grandi centri costieri, si dovranno connettere alle aree dell’entroterra in modo non residuale, ossia mediante una produzione innovativa di beni e servizi, una progettualità creativa, specifica e aperta alla dimensione internazionale (vedi rapporti Svimez). Il problema dell’accessibilità ai territori interni nel Mezzogiorno non si supera solo con il completamento delle reti autostradali (che comunque avrebbe un valore storico) ma anche con una innovazione sostanziale del trasporto di merci e passeggeri che dovrà essere attualizzato su standard di servizio nettamente più elevati. Questo necessita della creazione di processi di concertazione e partecipazione in modo da evitare iniquità territoriali in un periodo in cui l’innalzamento del costo dei carburanti ha prodotto un rincaro dei costi di trasporto per i pendolari oramai giunto ai limiti di sopportabilità. Nuovi protagonismi dell’impresa privata dovranno svilupparsi in chiave solidale senza impossibili coperture di tipo assistenzialistico.

4. La produzione rurale biologica, il turismo culturale e sostenibile, il contatto prudente con le reti ecologiche (ecc.), il tutto messo in connessione con le aree costiere pregiate mediante strategie di connessione appropriate (mobilità dolce ad es.), costituiscono un insieme di territori a macchia di leopardo dove si concentra la specificità competitiva e l’identità stessa del Mezzogiorno. Questi ecosistemi complessi, fragilissimi e preziosi, sono serviti da flussi capillari che devono ancora (in tanti punti del sud) essere agganciati alla mobilità regionale. Tali aree interne, se da un lato risultano ‘protette’ dal consumo di suolo per effetto della loro scarsa accessibilità e per il trend storicizzato di abbandono, da un altro lato pongono problemi di costi pubblici non più sostenibili per il loro sostentamento.
Tali problemi richiedono la costruzione di nuovi accordi delle PA con gestori privati che, in prospettiva, potrebbero non essere più né locali, né nazionali. Le aree interne del Mezzogiorno pongono la sfida del mantenimento locale del valore aggiunto eventualmente prodotto dalla loro valorizzazione sostenibile (condizione basilare di una supposta crescita al sud) e i trasporti costituiranno una componente fondamentale di tali strategie regionali di riequilibrio territoriale.

5. Ai fini del potenziamento dei poli logistici esistenti nel Mezzogiorno, se saranno trovate nuove risorse  finanziarie attualmente in fase di esaurimento progressivo, si dovrà tener conto delle compatibilità tra sistemi insediativi policentrici distribuiti su fasce territoriali coincidenti alle coste, e quindi dotate di pregiati sistemi ambientali, e centralità storico-culturali di pregio assoluto (a partire dai siti UNESCO).

6. I progetti ministeriali dei ‘territorio snodo’ già avviati ed avanzati,  pur costituendo una punta avanzata del processo di innovazione dei rapporti tra Stato ed enti locali, potrebbero perdere il loro stesso ruolo di nodi-snodi delle politiche di sviluppo urbano se abbandonati alla loro riduttiva e limitativa   funzione immobiliare (urban renewal) di scala locale. Questi potenziali progetti possono invece diventare vere e proprie cerniere di co-creatività se, attraverso una forte regia territoriale, sia possibile concentrare in questi nuovi luoghi gli incubatori d’impresa economica (produzione) e sociale (solidarietà) fondamentali per rallentare i processi degenerativi (ad es., la fuga dei cervelli). Questa dimensione dovrà trovare utili spunti di contatto sia con la programmazione Europa 2020 sia, da subito, sfruttando l’occasione offerta dal Piano di Azione Coesione.

7. Nella sempre più probabile prospettiva dell’abbandono dell’Alta Velocità a sud di Napoli-Bari e del definitivo accantonamento del Ponte (almeno fino a quando non si tornerà a parlar di un collegamento diretto tra Sicilia e Tunisia), il completamento della rete autostradale (sicuramente la Salerno-Reggio Calabria e ad esempio il tracciato centrale Nord–Sud in Sicilia), assumerà valore decisivo per la soluzione del problema dell’accessibilità ai territori del Mezzogiorno, storicamente caratterizzati da una quota rilevante di aree sostanzialmente sconnesse dal resto d’Europa.

8.3. Linee di un progetto paese
In ultima analisi, uno scenario auspicabile, inteso come scenario della crescita, dipende, come è stato ben individuato anche dall’ultimo contributo Svimez, almeno dai seguenti fattori eterogenei che devono convergere tra di loro:

1. la ritrovata centralità del Mediterraneo (un’affermazione che se non viene rapidamente riempita di contenuti rischia di  diventare un logoro slogan);

2. l’integrazione tra città (e aree costiere) ed i territori interni, come freno alla de-industrializzazione manifatturiera e per consentire maggiore accessibilità ai mercati turistico-culturali ed alle produzioni agricole di qualità;

3. l’urgenza di una politica industriale attiva che sappia interpretare le vocazioni del Sud verso uno sviluppo centrato su logistica, fonti energetiche (alternative e tradizionali) e su una dotazione di risorse ambientali nettamente superiore a quella del resto del Paese;

4. completamento delle reti autostradali (che comunque avrebbe un valore storico) ma anche con una innovazione sostanziale del trasporto merci e passeggeri (centrale, da questo punto di vista, il trasporto aereo low cost) che dovrà essere attualizzato su standard di servizio nettamente più elevati.

Rispetto allo scenario auspicabile, i tre punti centrali delle politiche pubbliche, a sostegno dello sviluppo, dovrebbero essere:
1. le progettualità realizzabili grazie alle risorse ed alle modalità di gestione indicate nel piano di azione coesione promosso dal Ministro Barca e che comprenda anche l’integrazione (in termini di programmazione finanziaria dello Stato di concerto con le Regioni) con i settori dell’istruzione, dell’occupazione, dell’agenda digitale e delle ferrovie;
2. il completamento della messa in rete territoriale dei progetti di “territori snodo” della Dicoter avviati nel Mezzogiorno insieme a tutti gli altri progetti che si muovono nell’ambito della accessibilità territoriale e non solo del mero potenziamento infrastrutturale;
3. la creazione di una società con il fine di realizzare e gestire una effettiva rete dei trasporti nel Mezzogiorno, con una propria gestione capace di rispondere in termini aziendali; ciò in modo da creare un vantaggio per la collettività, e mettendo in luce quale potrebbe essere l’interesse per il paese e quale la scommessa per il futuro.

8.4. Le priorità
Il modello di progetto-paese che si è inteso rappresentare per il Mezzogiorno è costituito da una sorta di cornice fatta di:
a) nuove infrastrutture, di potenziamento e (a volte soprattutto) manutenzione, di quelle esistenti;
b) politiche distrettuali per le aree interne;
c) nuove forme di governance per garantire la disponibilità delle informazioni per le decisioni, di decisioni per lo sblocco degli interventi prioritari, di accordi per le sinergie e le complementarità. Tale cornice ha come motore l’integrazione territoriale orientata alla crescita e sviluppo del capitale fisso sociale, del valore aggiunto per le imprese locali e come volano di atterraggio per le forze esterne non ostili. Quello che serve in sintesi è puntare alla massima apertura sostenibile dei mercati (Autostrade del Mare) ed alla massima selezione e concentrazione dei valori identitari mediante politiche per le aree urbane e interne (distretti produttivi, logistica integrata, culturali, turistici).

Se questo modello a cornice può risultare convincente in un quadro euromediterraneo che è, ogni giorno che passa, sempre più incerto, la competitività potrà sopravvivere solo in un quadro di relazionale di tipo solidale: quando e se le Autostrade del Mare diverranno una realtà, serviranno accordi tra le autorità portuali delle due sponde del Mediterraneo per gestire l’occasione storica di far diventare il canale d’Africa e molto probabilmente anche l’Adriatico, dei macro bacini della logistica che intercetta e valorizza i flussi di materie prime e prodotti che attraversano i nostri mari da Suez a Gibilterra.

Abbiamo in precedenza accennato ad alcuni scenari dando per acquisita la conoscenza delle questioni dei nodi progettuali per le infrastrutture dei trasporti e delle loro implicazioni urbane e territoriali puntuali già affrontate e presentate a Matera, a Venezia e a Genova. Il quadro di queste progettualità va sfrondato in funzione dell’obiettivo della Commissione di individuare e proporre le priorità per i Progetti Paese. Nel modello a cornice appena tratteggiato, solo le Autostrade del Mare possono essere l’ambito operativo ottimale per un Progetto Paese vero e proprio. Ciò perché le politiche distrettuali e per le aree interne sono da ‘sistema locale di sviluppo’ e/o di tipo diffusivo (di livello regionale o sovraregionale)[7] e non possono determinarsi senza una esclusiva autocandidatura dei territori (e delle loro economie) reali.

In questo senso, tutte le progettualità e le politiche in essere per i trasporti e l’accessibilità territoriale nel Mezzogiorno sono da sostenere. Ma a ben guardare gli scenari ‘volontaristi’ descritti in precedenza hanno punti di coagulo necessari che, se non realizzati, bloccherebbero gli effetti moltiplicatori degli investimenti pubblico-privati al sud. Per i motivi detti, che vedono nelle Autostrade del Mare la base per ogni crescita futura al Sud, in più documenti ed elaborazioni emergono almeno due priorità:
- la questione di Gioia Tauro (in prima istanza);
- di Priolo-Augusta (in subordine).

Queste due priorità sono da considerare come ambiti di progettualità e di politiche che devono ricevere impulso decisionale nel tempo più immediato. Queste due portualità appaiono senza dubbio gli hub delle AdM che inducono, rispetto al quadro complessivo delle dinamiche di trasformazione infrastrutturale dei territori, i primi momenti di attenzione per i Progetti Paese al Sud.

Per Gioia Tauro, sempre in connessione a Taranto, la priorità è assegnata all’intera visione per cui questo porto acquisti, in modo durevole, la dimensione di Hub nelle AdM. Ciò può essere raggiunto sia: a) guardando alla necessità di espandere il transhipment; che b) esaltando i flussi ro-ro ed espandendo ed integrando i tessuti retroportuali; nonché c) attraverso tavoli di negoziazione, concertazione ed anche partecipazione tra amministrazioni comunali, autorità portuali e liner. Questi ultimi saranno il motore di ogni trasformazione locale perché sono loro i depositari dei modi per realizzare obiettivi di competitività e perché anche obbligati a far funzionare bene i porti anche affrontando i costi di manutenzione e gestione i modo diretto. Il problema è che se le compagnie private agiscono (se vorranno farlo), le due componenti pubbliche non potranno stare a guardare. Questa ricerca di ruoli, sinergie, complementarità e modi di cooperazione, se conquistati, potranno fare da base agli accordi di livello mediterraneo tra le portualità del Mediterraneo cui prima si accennava.

Mentre Gioia tauro è una realtà da trasformare e qualificare, l’Hub di Priolo-Augusta[8] è invece oggi solo una previsione che le norme comunitarie sugli aiuti di stato potrebbero vanificare. Confermando tutto quello che si è detto per Gioia Tauro, la possibilità di avere un hub più a sud di Gioia Tauro, in una posizione assolutamente perfetta per attirare i flussi di merci provenienti da Suez, significa cogliere l’ultima occasione di dotare la frontiera a sud d’Europa di un nodo di scambio ottimale per la valorizzazione soprattutto dei ro-ro per la presenza di un’area retroportuale di tipo industriale (settore oil) molto più integrata di quella di Gioia Tauro. Da Priolo-Augusta il punto di appoggio per le rotte sud-nord tirreniche ed adriatiche potrebbe essere una realtà. Quindi oltre ai tre obiettivi per Gioia Tauro (trovare una integrazione tra transhipment, ro-ro e tavoli di governance) qui dobbiamo intendere per priorità massima la realizzazione dell’accordo di programma del 2008 cui ora si deve aggiungere la volontà politica di risolvere i nodi normativi dei regolamenti comunitari che devono essere rivisti per risolvere la situazione di stallo in cui si potrebbero trovare tutti i cantieri al sud se fossero intesi come ‘aiuti di stato’. Strettamente connesso a questo scenario di sviluppo della portualità è l’integrazione di esso con ciò che sta promuovendo la città di Siracusa (Smart City-Ibm[9] e del ‘Piano Città [10]), finalmente ‘toccata’ dall’autostrada che la collega a Catania (si è creato finalmente un bipolo urbano –metropolitano che ha come baricentro l’area industriale di Priolo-Melilli che deve essere totalmente ripensata in chiave sostenibile) che si sta ponendo come una delle punte avanzate della sperimentazione di nuove forme di governo delle trasformazioni urbane nell’estremo sud del Paese.

L’adozione del modello di apertura-concentrazione a cornice animata tra coste ed aree interne, insieme all’impulso per i due progetti paese accennati prima potrebbero rendere meno separati ed occasionali tutti gli altri grandi interventi del sud che si stano faticosamente delineando e riproponendo ‘grazie’ alla crisi ed alla necessità di delineare una visione complessiva di crescita. Pur trattandosi di aspetti diversissimi, devono però essere trattati unitariamente in modo integrato. E’ una sfida che oggi pare difficilissima ma non v’è altra strada e, per questa strada, per quello che esprime il dibattito e anche l’opinione comune, passa la crescita dell’impresa oggi e domani al Sud. Stiamo parlando di politiche di sviluppo centrate sull’accessibilità territoriale che, sia pur concentrate geograficamente, potrebbero incidere decisamente segnando l’aggancio del Sud alle catene del valore dell’economia globale.

9. Il “progetto paese” dell’Alta velocità e delle reti di città
Questo progetto riguarda l’intero paese e propone uno sviluppo infrastrutturale italiano teso ad integrare la esistente rete AV/AC con la aree metropolitane a sostegno di un assetto policentrico del paese alla scala nazionale ed a quella regionale. Il progetto deve avere due assi di lavoro strettamente coordinati:
1. Asse destinato a collegare le stazioni esistenti e previste della rete di AV/AC, alle aree metropolitane, con corse frequenti e veloci, sia per ampliare i bacini di utenza del sistema di AV sia per diffonderne i benefici nei territori regionali.

2. Asse delle conseguenti trasformazioni territoriali regionali e macroregionali con particolare attenzione a due fenomeni, il primo di natura urbanistico‐territoriale, il secondo di natura trasportistica:
- formazione e consolidamento di sistemi urbani di secondo livello già riconosciuti all’interno delle otto aree metropolitane in questione (Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli);
- integrazione funzionale, su scala macroregionale, tra coppie di aree metropolitane adiacenti (Torino‐Milano, Bologna‐Firenze, Roma‐Napoli) come prima integrazione di un processo che, a breve, potrebbe coinvolgere anche le altre aree metropolitane rese più vicine dalla riduzione dei tempi di viaggio consentita dall’AV/AC.

Il progetto dovrebbe portare alla realizzazione di una rete ferroviaria primaria a servizio delle otto aree metropolitane, basata sulla direttrice dell’alta velocità e reti regionali ad “alta frequentazione” con prestazioni adeguate per consentire collegamenti giornalieri tra tutti i maggiori centri (le città egemoni, i centri dei sistemi di secondo livello e le maggiori tra le città medie).

Il progetto è in linea:
- con una politica dei trasporti nazionale e locale che voglia privilegiare il trasporto su ferro rispetto a quello su gomma alla scala intercomunale e sulle medie distanze;
- con una politica economica di sviluppo dell’Italia per uscire dalla crisi attuale che abbia nella costruzione di infrastrutture un asse portante;
- con la strategia della rete TEN‐T dell’UE .

La realizzazione della rete consisterebbe prevalentemente in una molteplicità di progetti di medie dimensioni, con cantieri diffusi sul territorio interessato, prevalentemente fondati sul riuso dell’esistente: non linee nuove, quindi, ma raccordi, connessioni, tecnologia, materiale rotabile ecc. Offrirebbe l’occasione per l’innesco di operazioni di trasformazione territoriale con investimenti privati in attività immobiliari sulle aree dismesse nei dintorni delle stazioni ferroviarie e, in particolare, sulle aree di impianti ferroviari obsoleti.

10. Il “progetto paese” Milano e Roma
Se  osserviamo l’Italia a partire dai due punti del territorio nazionale (Milano e Roma) dove più elevata è la produzione di ricchezza e dove oggi è più elevato anche il PIL pro capite, anche l’osservazione del resto del territorio nazionale ci guadagna, in chiarezza, se non altro. Si può osservare, infatti, che le tre macroregioni del nord centro e sud, qualora vengano escluse Roma e Milano, sono macroregioni meno distanti fra di loro, meno ricche ovviamente e con meno interscambi fra di loro, gli interscambi essendo soprattutto fra Milano e Roma.

Non c’è alcun dubbio, infatti, che, all’interno del Paese, le relazioni più fitte siano proprio fra il maggiore centro economico e finanziario di affari del Paese (Milano) e il maggiore centro della politica (Roma), ovvero fra il luogo di massima produzione del reddito nei servizi e nelle produzioni avanzate (Milano) e la sede  dell’intermediazione: hanno notevoli flussi fra di loro ma soprattutto raccolgono la maggior parte delle relazioni a livello pubblico (e para-pubblico, Roma) ed a livello privato (o para-privato, Milano).

Dunque, considerare separatamente Milano e Roma, o escluderle da una geografia nazionale, non ha senso se si accerta che le due metropoli possano avere scambi di mercato fra di loro molto intensi (e i flussi aerei e i flussi ferroviari fra Roma e Milano appunto lo stanno a dimostrare).

E’ peraltro probabile che i nostri unici poli di rango europeo non solo non siano facilmente separabili, ma producano anche ricchezza con una procedura che potremmo definire analoga: come Roma produce servizi vendibili o da cedere gratuitamente all’intero Paese, così fa Milano. Se guardiamo infatti agli scambi di tecnologie (brevetti, marchi, prestazioni specialistiche di formazione) si osserva un rapporto privilegiato di Milano con il resto dell’Europa per tutto ciò che si colloca alla frontiera delle tecnologie e della ricerca ai confini della ricerca.

In altre parole se Roma è il centro erogatore di alcuni servizi pubblici di rango elevato a livello nazionale, simmetricamente anche i servizi avanzati privati si comportano allo stesso modo, trovando in Milano un unico “centro” nazionale, che non appartiene né alla Lombardia, né al Nord né al Centro-nord ma solo all’Italia intera cui sono destinati.
Milano e Roma costituiscono in sostanza la piattaforma di una parte significativa dell’economia dei servizi, i luoghi in cui si creano le risorse, dove si coagula creatività e innovazione, agganciandosi ai contesti esterni.

A partire da questa considerazione, non solo viene meno ogni vecchia logica di dualismo tra le due “capitali” del Paese, ma emerge con evidenza la necessità di attrezzarle al meglio per contemperare, per quanto possibile, la loro inevitabile doppia dimensione: quello di essere i luoghi di massima concentrazione sia di funzioni e flussi sovralocali, che di gravitazione di popolazione residente/utente.

Non si tratta di contraddire una giusta politica di sviluppo del policentrismo, ma di guardare con realismo ad un quadro europeo in cui le nostre due grandi città sono comunque in difficoltà, oggi, nello svolgere un ruolo di rango soprannazionale.

A ben guardare, il grave deficit di “abitabilità” che, in modo diverso, penalizza entrambe, rappresenta la cartina di tornasole di una permanente difficoltà ad attuare strategie che riescano a dare risposte efficaci su tutti e due i temi (ruolo sovralocale e qualità urbana), a fronte di cambiamenti rilevanti in cui da un lato le relazioni sono sempre più globali e dall’altro la città, in senso stretto, rappresenta soltanto il cuore centrale di una ben più vasta regione urbana.

Rientra quindi tra le priorità dei prossimi anni colmare almeno in parte il gap con altri poli di rango europeo anche dal punto di vista infrastrutturale, legando il rafforzamento della funzione di Milano e Roma come poli e snodi nazionali/internazionali (si pensi nel caso romano all’ampliamento di Fiumicino, all’ultimazione del Centro congressi, o nel caso milanese alla Fiera e ad Expo 2015), con investimenti tesi a recuperare il gap con gli altri poli di rango europeo sul terreno della mobilità sostenibile.

Questo tema è fondamentale per fare delle due città non solo  delle “porte” del sistema nazionale, ma anche luoghi efficienti-accoglienti-abitabili nel quotidiano esercizio del loro ordinario funzionamento che non riguarda tanto e solo i residenti ma soprattutto e drammaticamente pendolari, city users ecc., penalizzati da divari rilevanti in termini di accessibilità, servizi, e quindi qualità insediativa (come dimostrano i divari dei valori immobiliari).

 

A cura della Commissione nazionale Politiche Infrastrutturali


[1] Decreto Legislativo 31 maggio 2011, n. 88. “Disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, a norma dell’articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42”. Art. 4 Fondo per lo sviluppo e la coesione. 1. Il Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all’articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, assume la denominazione di Fondo per lo sviluppo e la coesione, di seguito denominato: “Fondo”. Il Fondo è finalizzato a dare unità programmatica e finanziaria all’insieme degli interventi aggiuntivi a finanziamento nazionale, che sono rivolti al riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese. 2. Il Fondo ha carattere pluriennale in coerenza con l’articolazione temporale della programmazione dei Fondi strutturali dell’Unione europea, garantendo l’unitarietà e la complementarità delle procedure di attivazione delle relative risorse con quelle previste per i fondi strutturali dell’Unione europea. 3. Il Fondo e’ destinato a finanziare interventi speciali dello Stato e l’erogazione di contributi speciali, secondo le modalità stabilite dal presente decreto. L’intervento del Fondo e’ finalizzato al finanziamento di progetti strategici, sia di carattere infrastrutturale sia di carattere immateriale, di rilievo nazionale, interregionale e regionale, aventi natura di grandi progetti o di investimenti articolati in singoli interventi di consistenza progettuale ovvero realizzativa tra loro funzionalmente connessi, in relazione a obiettivi e risultati quantificabili e misurabili, anche per quanto attiene al profilo temporale. La programmazione degli interventi finanziati a carico del Fondo di cui al presente articolo e’ realizzata tenendo conto della programmazione degli interventi di carattere ordinario.

[2] Il Piano di Azione Coesione è stato inviato il 15 novembre dello scorso anno dal Ministro per i Rapporti con le Regioni e per la Coesione Territoriale al Commissario Europeo per la Politica Regionale. L’ obiettivo è, il rilancio dei programmi in grave ritardo attraverso la concentrazione delle risorse su precise priorità: istruzione, agenda digitale, occupazione e ferrovie. Per ciascuna di queste priorità, con il documento “Piano di Azione Coesione: risultati attesi e azioni da intraprendere”, inviato al Commissario europeo per la Politica Regionale (15/12/2011), sono state individuate le azioni a favore delle quali vengono trasferite e concentrate le risorse derivanti dalla revisione dei programmi cofinanziati, ovvero dalla riduzione mirata del cofinanziamento nazionale, con ciò anticipando l’attuazione degli indirizzi del Consiglio europeo del 30 gennaio 2012. La nota cita alcuni brani tratti dal documento del PAC, Aggiornamento n.1, 3 febbraio 2012.

[3] La Banca d’Italia ha di recente stilato un rapporto sullo sviluppo della Sicilia affermando che solo il turismo è un settore in crescita, malgrado quest’ultimo abbia un valore in percentuale del PIL regionale molto basso.

[4] Corridoio Helsinki-La Valletta. Per informazioni vedi: cantieri.mit.gov.it

[5] grafico tratto da: Autostrade del Mare: Il Masterplan nazionale (2005). Infrastrutture, Rete Autostrade Mediterranee Spa, Sviluppo Italia; disponibile su web: www.ramspa.it

[6] Vedi nota precedente.

[7] Per queste definizioni di concentrazione, sistemi locali di sviluppo e di tipo diffusivo il riferimento alla matrice risorse territorio inserita nelle linee guida del DPS per Agenda 2000 (www.dps.tesoro.it) che per molti aspetti è ancora attuale.

[8]Vedi: www.minambiente.it.

[9] Vedi: www.comune.siracusa.it.

[10]Vedi: governo.it e pagine de La Repubblica lunedì25 giugno 2012.


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