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Ingroia, più Guatemala di questo dove lo trovi?

Creato il 11 settembre 2012 da Albertocapece

Ingroia, più Guatemala di questo dove lo trovi?Licia Satirico per il Simplicissimus

Si inaspriscono i toni tra Antonio Ingroia e vertici della magistratura: la partecipazione trionfale del pubblico ministero, insieme a Nino Di Matteo e a Giancarlo Caselli, alla festa del “Fatto quotidiano” è stata definita “politica” dall’Associazione Nazionale Magistrati. Durante la manifestazione Ingroia ha detto che, per conoscere la verità sulla trattativa Stato-mafia, «serve un’altra classe dirigente»: parole interpretate, in rapporto al grado di diffidenza verso il loro autore, ora come inopportune, ora come strumentali a nuovi orizzonti del pubblico ministero palermitano. Mentre Ingroia rinvia a un generico “secondo momento” un impegno politico attivo, riceve 157.000 firme a sostegno della procura di Palermo raccolte dal “Fatto”.
Duro il presidente dell’ANM Rodolfo Maria Sabelli: «i magistrati, soprattutto quelli titolari di indagini delicate che hanno provocato accese discussioni sul piano politico, dovrebbero cercare di evitare comportamenti, atteggiamenti e dichiarazioni di natura oggettivamente politica che possano avere ripercussioni sulla loro immagine di imparzialità». Sabelli ha criticato aspramente, in particolare, il silenzio delle toghe presenti al dibattito di Marina di Pietrasanta «sulla manifestazione plateale di dissenso nei confronti del Capo dello Stato». In una situazione del genere, un magistrato idealtipico dovrebbe dissociarsi e allontanarsi. Pare che nessuno richieda altrettanta imparzialità al Capo dello Stato, negli ultimi tempi.

Ingroia si difende con una lunga intervista su Repubblica. La sua analisi, dice, non era politica ma storico-sociologica, investendo in generale le strategie di lotta alla mafia dall’unità d’Italia a oggi. Il pm palermitano riafferma tanto il suo rispetto per Napolitano che il diritto di partecipare a dibattiti, da chiunque organizzati, in cui si discute di cose che non abbiano a che fare con la sua attività di magistrato.
Ma il punto è proprio questo. Già definito, con varie frecciate, come un giudice “esorbitante” da un Napolitano ancora lontano dalla querelle sulle intercettazioni, l’Ingroia mediatico delle ultime settimane dilaga su tv e carta stampata, sorridente come un gatto del Cheshire: dà l’impressione di voler lanciare un messaggio (sociologico?) prima della singolare partenza per il Guatemala nel bel mezzo di un’inchiesta cruciale, dagli esiti potenzialmente sconvolgenti. Mentre il Paese si divide sul difficile confine tra frasi oggettivamente e soggettivamente politiche, qualche perplessità questa volta sorge.

La prima riguarda proprio il ventilato impegno politico futuro e incerto del dottor Ingroia, che ha di recente rifiutato la candidatura a presidente della Regione Sicilia senza però escludere in teoria un cambio di rotta e di mestiere: questo è quanto è emerso, qualche giorno fa, da un dialogo quasi idilliaco tra il magistrato e Maurizio Belpietro durante una puntata della trasmissione “Piazza pulita” su La7. Come interpretare le parole di Ingroia? Prese alla lettera sono troppo banali, lette in chiave sociologica sono una maliziosa provocazione. In ogni caso, l’eccesso di esposizione mediatica rischia di fare il gioco di chi vede in Ingroia il prototipo del magistrato politicizzato, che ora appare in video come uno dei suoi più celebri indagati. Un conto è dirsi partigiani della Costituzione, un altro flirtare col direttore di Libero sotto gli occhi impotenti di milioni di telespettatori.

Il secondo dubbio riguarda l’opportunità stessa di una futura candidatura politica di Ingroia: in un Paese in cui c’è chi dopo Monti vede solo Monti, è sconfortante insistere nella ricerca di nuovi uomini-simbolo, portatori di una super-moralità in grado, di per sé sola, di porre rimedio alla crisi etico-istituzionale delle ultime legislature. Occorre recuperare una cultura della legalità, abolire l’idea stessa delle leggi ad personam, ristabilire il corretto equilibrio tra responsabilità politica e (ir)responsabilità penale. Qui Ingroia ha ragione: occorre cambiare in toto la nostra classe dirigente. Nel frattempo, però, sarebbe indispensabile scoprire finalmente la verità sui rapporti Stato-mafia, con coraggio e determinazione: andare fino in fondo in silenzio e senza distrazioni, rinunciando a prendere l’aereo per il Guatemala.


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