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Innocenti bugie

Creato il 05 ottobre 2010 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

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James Mangold stavolta non centra il bersaglio. In una manciata di titoli ha sorpreso tutti, pubblico e critica. Identità (2003) e Quando l’amore brucia l’anima (2005) sono i suoi film migliori. La sua, del resto, è una filmografia per tutti i gusti e tutte le età. Questo Innocenti bugie, invece, con la ritrovata coppia Cruise /Diaz dopo il notevole Vanilla sky (2001) di Cameron Crowe, scivola presto nel profondo calderone delle commedie d’azione già viste. Non tutto è da buttare, intendiamoci. Ma i nomi e i mezzi sono da blockbuster e confrontato a quel gioiello di True lies (1994) di James Cameron non fa di certo una bellissima figura. Anche se la coppia, decisamente la cosa migliore del film, è affiatata e si muove con disinvoltura. Una spanna sopra a Mr. & Mrs. Smith (2005) con Pitt/Jolie.

All’aeroporto di Wichita, nel Kansas, Roy Miller (Tom Cruise), un agente segreto della Cia, si scontra con la bionda June Havens (Cameron Diaz) prima di un volo per Boston. Sull’aereo, però, ne succedono di tutti i colori. Mentre June è al bagno, Roy fa fuori tutti gli agenti in incognito, compreso il pilota, che vogliono prendergli un importante oggetto di cui è in possesso, una batteria inesauribile inventata da un giovane nerd. Nello specifico si tratta del prezioso esemplare di un’invenzione capace di fornire luce a intere città e quindi di dare un potere incredibile in termini economici a chiunque ne dovesse entrare in possesso. Roy la vuole difendere da un collega della Cia intenzionato a venderla a un boss spagnolo, avendo già incastrato Roy agli occhi dei suoi superiori. June quindi è solo, inizialmente, un diversivo. Ma inevitabilmente, giunta a Boston e seguita dai federali, deve affidarsi incredula a Roy, finendo coinvolta in una serie di incredibili avventure in giro per il globo.

Il finale è telefonato, ma gran parte delle scene d’azione sono missioni impossibili che, seppur girate con grandi mezzi e tanta inventiva, lasciano insoddisfatto lo spettatore. Sarà perché il paragone con “Ethan Hunt” Cruise è inevitabile. Oppure sarà perché è poco sfruttata in termini d’azione la “Charlie’s Angles” Diaz. In fin dei conti insieme i due funzionano, ma il film non emoziona.

Giacomo Ioannisci


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