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Inside Out

Creato il 28 settembre 2015 da Arpio

Inside-Out-Movie-Review-Image-1-e1434808371228Per quanto mi riguarda, anche avendo sorpassato i 30 anni, sono sempre convinto che l’interno del nostro corpo funzioni come ci veniva mostra su “siamo fatti così”, il bellissimo cartone educativo sul funzionamento del corpo umano. Ebbene sì, sono convinto che le piastrine che fanno cicatrizzare le ferite siano vestite da cowboy, che gli anticorpi siano dei poliziotti ciccioni vestiti di bianco e che quando invio un impulso dal mio cervello alla mia mano per scrivere al computer, parta una sorta di ibrido da Majin Bu e un puffo con una pergamena in mano. Potete dire quello che volete: per me il corpo funziona così, dopotutto lo diceva anche il titolo.

Ma ecco che a circa 20 anni di distanza da quelle immagini, la Disney Pixar tenta di replicare il successo dando di nuovo forma all’interno del nostro corpo. Più precisamente al nostro cervello: comandato dalle cinque emozioni principali (Gioia, Disgusto, Rabbia, Tristezza e Paura) chiuse in una sorta di centro operativo – praticamente lo stesso posto dove stava il vecchio con la barba del cartone di prima – che a seconda della loro influenza ci spingono a fare questa o quest’altra cosa. Protagonista della pellicola è la piccola Riley e le sue cinque emozioni, capeggiate da Gioia che vuole sempre che la sua piccola sia felice. Un’impresa difficile in un mondo non sempre ricco di spunti per la felicità. Alcune situazioni “interne” poi fanno scoprire a Gioia e Tristezza il mondo all’esterno della loro control room, fatto di ricordi archiviati o gettati, immaginazione e pensiero. Per giungere, infine, a una nuova consapevolezza di quello che possono davvero fare le emozioni per gli essere umani…o gli altri esseri viventi.

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Un film decisamente poco adatto a un pubblico infantile, che magari potrà divertirsi un poco con le piccole disavventure delle emozioni, ma che difficilmente riuscirà a capire appieno il significato della storia che ci viene raccontata. L’allegoria di base è un pretesto che spinge lo spettatore a guardare oltre, comprendendo, come faranno poi gli stessi personaggi, che la percezione del mondo e dei sentimenti è data non solo dal punto di vista con cui li si osserva, ma anche dal momento in cui li si percepisce, li si analizza e magari ci si ripensa e che, soprattutto, non si può vivere di emozioni assolute e stagne, ma occorre sperimentare, capire, emozionalmente “creare”. Inside Out, infine, è un ottimo film, mi spingerei quasi a chiamarlo capolavoro, ma non vorrei esagerare. Pregevole non solo per la sua fattura – non so quanti hanno notato che le emozioni, soprattutto Gioia, hanno dei contorni non molto marcati, quasi indefiniti, per aggiungere un significato piuttosto concettuale – ma anche per l’esperienza che riesce a creare per lo spettatore ed al modo in cui in esso, nel bene o nel male, lascerà certamente un segno. Un film animato in cui c’è ovviamente spazio per la risata, per la battuta, ma anche per la riflessione fulgida sul lavoro che svolge la mente umana in base alle emozioni che proviamo durante un particolare momento o mentre ripensiamo ad esso.



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