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Inside Out: è tutto normale

Da Gynepraio @valeria_fiore

Perchè io sia uscita dal cinema scodinzolante come un maialino nel fango, dopo aver visto Inside Out, è abbastanza facile capirlo: è un viaggio immaginifico nel mondo della mente umana. Ci stanno dentro tutte le mie ossessioni: i ricordi, i sogni, la memoria (e la paura di dimenticare), l’infanzia, la famiglia, e soprattutto la convinzione che dentro la mia mente ci sia un team di persone che, obbedendo ciascuna alla propria inclinazione, m’aiutano a infilare le collane di cazzate che faccio quotidianamente. E adesso che la Pixar mi ha dato ragione, finalmente SO di essere nel giusto*.

Per minimizzare l’effetto spolier, diciamo che Inside Out racconta come per la prima volta Riley-la-bambina-sempre-allegra dovrà affrontare una situazione difficile che le farà provare emozioni forti e contrastanti. A raccontare la vicenda non è Riley, ma proprio le emozioni, antropomorfizzate e dotate di una loro personalità.

inside out

Le 5 Emozioni (ma nell’idea degli autori dovevano essere 22!)

Gioia, Rabbia, Paura e Disgusto, osservano da una sorta cruscotto di comando quello che accade alla loro beniamina e la aiutano a reagire, consentendole, rispettivamente, di sorridere nelle avversità, affermare la propria identità, proteggersi dai pericoli, respingere ciò che le repelle. Il quintetto è completato da Tristezza, una creatura maldestra che con il suo velo cupo tinge di blue-da-ba-di-da-ba-da qualsiasi cosa tocchi. Le altre emozioni la prendono bonariamente in giro e stanno ben attenti a non darle troppe responsabilità visto l’effetto-spleen che è solita provocare: poichè la loro priorità è mantenere Riley felice, sana e lontana dalle brutture della vita, non devono permettere a Tristezza di prendere il sopravvento e pertanto la portano in giro come una sorellina grassa e tontolona. Sarà però grazie a Tristezza che la bambina riuscirà a uscire da un momento difficile, rivelando quella che è la sua utilità: toccare il fondo per risalire e lanciare un grido d’aiuto.

Inside out offre una rappresentazione grafica della mente umana incredibilmente empirica e scientifica insieme, in cui vengono rappresentati con guizzi geniali dei “concetti” altrimenti difficili da comunicare: il pensiero astratto, il processo decisionale, la memoria a lungo e breve termine, gli affetti, i valori, i ricordi essenziali, persino gli amici immaginari (io ovviamente, dopo 3 secondi ero innamorata di Bing Bong: scemo come le pietre, con la proboscide a cuore e la coda dello Stregatto ♥)

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Bing Bong

Cosa dice Inside Out di veramente rivoluzionario? Beh, almeno 3 cose. La prima è che le emozioni, anche le peggiori, hanno una funzione essenziale e che respingerne sistematicamente una -cito a caso, la tristezza- significa essere emotivamente monchi. La seconda è che le emozioni non sono in guerra tra di loro, ma collaborano, contrattano il da farsi e si dividono i compiti: ogni scelta è frutto di compromessi in cui tutte possono dire la loro. La terza è che noi siamo i beniamini delle nostre emozioni quindi esse, lungi dal remare contro di noi, in verità giocano nella nostra squadra: è quindi una saggia idea lasciarle fare il loro sporco lavoro senza opporsi, almeno ogni tanto.

Perchè farei vedere Inside Out a un bambino, se ce l’avessi? Perchè -nonostante in questo film preveda una rappresentazione schizofrenica, esaltata, spezzata, ansiogena della mente umana- promuove una bellissima idea di fondo: ragazzi, è tutto assolutamente normale. E’ normale avere un amico immaginario, è normale non ricordarsi neppure di averlo avuto, è normale che un vecchio jingle pubblicitario si riproponga alla mente nei momenti più inopportuni, è normale avere attacchi di risa convulsi e totalmente immotivati. E’ normale ogni tanto detestare chi si ama, sognare cose brutte e ricordarsele anni dopo, è normale cambiare rapidamente umore e pensare cose diversissime tutte in contemporanea. La cosa straordinaria è riuscire, nonostante tutto, a essere felici.

*Fuori dal cinema, ho notato che le spettatrici erano entusiaste e gli spettatori un po’ meno (per dire, voi-sapete-chi si è addomentato a più riprese, cosa che non gli accade mai, nemmeno davanti ai film uzbeki privi di sottotitoli). Credo che molte signore si siano sentite sollevate all’idea che nel cervello c’è davvero un marasma, non ce lo stiamo immaginando.


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