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Intermezzo: di lontananze (forse) necessarie e Sencha bentornato

Da Lasere

09 mar 2013 @ 11:36

dal Giappone, tè verde

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Dedicato a F., che si possa tornar qui tra dieci anni almeno e domandarci, leggendo:
«Ma l’avresti mai detto, te, che non ci saremmo (quasi) mai più lasciati, da allora?»
«No, mai, ettù?»
«Maissimo!».
Eppure :-)

~

In tazza un radioso Sencha Wazuka proveniente dalla Selezione di Acilia; lo assaggiammo la prima volta qui, ormai quasi tre anni fa, in un giorno benedetto da parole luminose.

Era, ed è tutt’ora, un tè tezumi*: foglie scelte dalla mano dell’uomo anziché dalla solerzia indiscriminata di una macchina; e un asamushi*: la “cottura al vapore” essendo particolarmente breve, mantiene foglie terse e chiarità di gusto e di liquore.
Lo guardi e dici: ti riconosco.

Quella in posa è la quinta infusione: eterea, soffusa, bisbigliante, eppure ha qualcosa ancora da dirmi, qualcosa che ha l’azzurrina lontananza di un ricordo; e io, che dei ricordi ho un culto maledetto, non posso fare a meno d’ascoltare.

sencha_wazuka_24-02-2013

Da mesi non bevevo Sencha, pur essendo tè da sempre tra i miei favoriti; risentirne l’aroma dopo tanto m’ha inebriata: il soffio vispo, la scossa gentile di fiori di campo e fieno che sale dalla bustina socchiusa, come spalanco di finestra su un fuori verde e largo, stordito di primavera; poi la dolcezza spessa di verdura bollita mista ad ammicchi sapidi di mare, non appena le foglie s’arrendono all’argilla riscaldata.

In bocca appaga come tornare a dire “noi”, e resta a lungo sulla lingua una frescura di minuscole polle d’acqua sorgiva; tra naso e gola c’è aroma di sedano, se ascolto: quasi ne avessi da poco addentata una costa succosa; poi dalla terza infusione è citrino di trifoglio o di pàmpino di vite – ne avete mai morsicchiati?

Da giorni non bevo altro al mattino, e ogni tazza è un rinnovato abbraccio di reciproco “bentornato”, grato e festante.

Forse così deve andare, talvolta: lontananze si rendono necessarie come cure, per poi gioire il doppio dell’intimità recuperata; cosicché tra un sorso e l’altro pensi io senza di te non ci voglio stare più. Più.

Fedeli al duro accordo
non ci cerchiamo più

Così i bambini giocano
a non ridere per primi
guardandosi negli occhi
e alcuni sono così bravi
che diventano tristi
per la vita intera

(Michele Mari, in Cento poesie d’amore a Ladyhawke, Einaudi)

Bello è quando si leggono poesie come fossero pericoli scampati, scandendo sorsi indulgenti e complici; bello è guardarsi seri e poi ridere per primi, così felici di aver perso soli, poi vinto in due.

~

Come son solita prepararlo: dopo averlo opportunamente scaldato, riempio il kyusu* con una quantità di foglie pari a due cucchiaini rasi (5 grammi circa); mi prendo il tempo d’aspirarne il verdissimissimo effluvio, poi le ricopro delicatamente con circa 130-150 ml d’acqua a 70°, lasciando in infusione per 1 minuto. Stessa temperatura per la seconda infusione, ma tempi pressoché istantanei: giusto il tempo di versare l’acqua, mettere il coperchio e riporre il bollitore, e subito verso in tazza.; per la terza salgo a 75°, per 30”; quarta di nuovo 1 minuto; quinta 80° per 1,30”; poi forse anche basta ;-) E voi, come vi regolate di solito?


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