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Internet: a scuola con la Polizia Postale

Creato il 29 maggio 2014 da Alessandro Zorco @alessandrozorco

Li chiamano “nativi digitali” perché sono praticamente venuti al mondo con il cellulare in mano per connettersi ad internet. Eppure i ragazzi nati dopo il 2000, abituati sin da piccolissimi a navigare in Rete, non hanno alcuna conoscenza informatica, non percepiscono internet come una risorsa per il loro futuro ma ne vedono soltanto la parte consumistica e commerciale. Usano la XBox o la Play station per giocare online con persone che non conoscono. Vorrebbero cambiare continuamente il telefonino (nel 2013 sono stati venduti nel mondo 250 milioni di smartphone), ma lo usano solo per chattare su facebook, guardare video su You Tube, scattarsi i selfie e postarli su whatsapp o altri social network. Quel che è peggio, non sono abbastanza coscienti degli enormi pericoli che internet può nascondere: adescamenti, pedopornografia, cyberbullismo, cyberstalking, phishing e truffe di ogni tipo. Peggio di loro siamo messi noi genitori. I tecnici ci chiamano “immigrati digitali” perché, pur provenendo da un mondo analogico, ci siamo dovuti adattare ad internet. Alcuni con titubanza, altri con un entusiasmo tale da rasentare la dipendenza. Al contrario dei “tardivi digitali”, per la verità sempre meno, che per la loro avanzata età sono ormai fuori dai giochi di internet.

Le insidie del web sono state al centro di un istruttivo incontro che l’ispettore capo della Polizia Postale di Cagliari Roberto Manca, coadiuvato dal suo collega Manuel Giugnini, ha tenuto all’istituto Salesiano Don Bosco di Cagliari.

La lezione faceva parte di un ciclo di incontri nelle scuole portati avanti dalla Polpost cagliaritana nell’ambito del progetto “Una vita da social” che la Polizia di Stato ha avviato lo scorso gennaio a livello nazionale: preziose istruzioni per l’uso destinate ai ragazzi, agli insegnanti e ai genitori, spesso totalmente ignari dei pericoli della Rete.

Garanti della sicurezza su internet

Polizia postale internetIn ottemperanza all’articolo 15 della  Costituzione Italiana, la Polizia Postale garantisce “la segretezza della corrispondenza e la libertà di qualsiasi forma di comunicazione dei cittadini”. Con sedi dislocate in ogni provincia (ma una politica miope vorrebbe tagliare molti di questi importantissimi presidi sul territorio), la Polpost consta tra l’altro di un Centro nazionale di contrasto alla pedopornografia (che opera in coordinamento con gli altri centri internazionali) e di un Centro nazionale anticrimine informatico che si occupa della protezione delle infrastrutture critiche (ad esempio le grandi reti energetiche o delle telecomunicazioni).

Tra le prerogative della Polizia Postale, oltre al monitoraggio costante di internet e una capillare azione contro la pedopornografia online, gli illeciti amministrativi, i reati postali  e le frodi telematiche e telefoniche, c’è infatti anche la prevenzione dei reati attraverso progetti educativi nelle scuole, allargati, come in questo caso, anche ai genitori.

«Internet è una risorsa eccezionale che ci sta proiettando verso il futuro»,  ha premesso l’ispettore Manca rivolto a una affollata platea di genitori molto interessati e un po’ allarmati, «ma – ha avvertito – bisogna imparare ad usare la tecnologia senza essere usati».

I pericoli della rivoluzione digitale

Con quasi tre miliardi utenti collegati quotidianamente alla Rete nel 2014, internet ha completamente modificato le nostre abitudini. Il giornalismo, seppur lentamente, sta diventando digitale, le operazioni bancarie, gli acquisti, le prenotazioni di viaggi e vacanze si fanno sempre più spesso online, quasi tutti frequentiamo ormai abitualmente social network come facebook, twitter o google+. Eppure questo mondo virtuale, alla portata di chiunque abbia una connessione internet e un dispositivo elettronico, presenta rischi enormi.

La Polizia Postale quotidianamente ha a che fare con il grooming, cioè l’adescamento di  minori in rete, la pedopornografia. All’ordine del giorno anche gli episodi di cyberbullismo e cyberstalking, perché sempre più spesso i malintenzionati si nascondono dietro una tastiera e un nickname anonimo. E poi gioco d’azzardo, spaccio di droga online, ricatti, estorsioni e phishing, ovvero truffe e furti di dati sensibili.

Esistono siti, a volte gestiti dagli stessi ragazzini di tredici o quattordici anni, che istigano i coetanei all’anoressia, al satanismo, al suicidio. Oppure siti, spesso sponsorizzati persino dalla tv di Stato, in cui i ragazzi minorenni possono tranquillamente giocare d’azzardo.

Dai selfie al cyberbullismo

Su internet anche comportamenti apparentemente innocui come un selfie, cioè un autoscatto col telefonino, possono diventare reati. Dall’innocente autoritratto si passa con molta facilità al selfie sex o al selfie bridge (a seconda delle parti intime ritratte): immagini pedopornografiche, spesso incoscientemente autoprodotte da ragazzini di 11-14 anni, fanno il giro della Rete, passano di cellulare in cellulare, accompagnate da commenti sempre più pesanti sui social network.

Con una facilità incredibile il minorenne, da protagonista e autore dell’immagine, diventa vittima di cyberbullismo e cyberstalking. Viene additato a scuola, diffamato, insultato, denigrato, inondato di commenti negativi sui social network, con epiloghi spesso drammatici, come putroppo raccontano le cronache.

Episodi nati per gioco, magari per una “innocente” richiesta del fidanzatino o della fidanzatina, diventano veri e propri reati: produzione, detenzione o diffusione di materiale pedopornografico.

I ragazzi, hanno spiegato i rappresentanti della Polizia Postale, considerano alla stregua di semplici “scherzi” anche l’hackeraggio dell’account di un professore per rubargli l’identità online. O l’insulto al docente su facebook. Anche il bullismo rientra in alcune gravi fattispecie penali: a seconda della gravità dei fatti può trattarsi  di ingiuria, minaccia, atti persecutori. Se fisico, di percosse o violenza privata.

E non si pensi che questi atti non abbiano conseguenze penali per i ragazzi: a 14 anni un minore è infatti già perseguibile dalla legge.

Dai 18 ai 14 anni una persona è “semi imputabile”, cioè risponde personalmente delle proprie azioni salvo sia incapace di intendere e di volere. E anche i genitori, nei casi più gravi, vengono segnalati all’autorità giudiziaria.

Il coordinamento tra famiglia e scuola

Partendo da un episodio realmente accaduto nella Penisola (un docente sequestra ad uno studente un cellulare contenente immagini pornografiche e, per tutta risposta, la mamma arriva a scuola con l’avvocato per contestare il sequestro), i rappresentanti della Polizia Postale cagliaritana hanno evidenziato la necessità di una strettissima collaborazione tra scuola e famiglia per la prevenzione di questi episodi.

Per chi volesse approfondire questo tema, la norma di riferimento è il cosiddetto Statuto degli studenti e delle studentesse, approvato con DPR 249/98, successivamente modificato dal DPR 235/2007 (e conseguente circolare esplicativa del marzo 2007) che, in buona sostanza, sancisce un Patto sociale di corresponsabilità e vigilanza tra la scuola e le famiglie che, contrariamente a quanto avviene spesso, devono collaborare tra loro per l’educazione dei ragazzi.

In base a queste norme:

  1.  i genitori devono essere sempre informati dei comportamenti scorretti messi in atto dai propri figli in orario scolastico e resi partecipi di misure punitive e/o riabilitative;
  2. la scuola deve poter intervenire in collaborazione con la famiglia per trasmettere ai ragazzi i valori di una condotta “civica”;
  3. in caso di gravi mancanze gli studenti possono essere puniti dalla scuola con “comportamenti attivi di natura risarcitoria e riparatoria volti al perseguimento di una finalità educativa”;
  4. i dirigenti scolastici e i docenti hanno l’obbligo di denunciare all’Autorita giudiziaria eventuali reati gravi senza nascondere i fatti solo per tutelare il buon nome dell’istituto scolastico.

E in famiglia?

L’incontro con i rappresentanti della Polizia Postale ha evidenziato alcuni comportamenti virtuosi e non sempre attuati dai genitori:

  1. parlare di più con i figli, ascoltarli e capire i problemi che stanno vivendo, in quanto i segnali disagio che portano a comportamenti devianti hanno la radice per lo più all’interno della famiglia;
  2. abbandonare tabù e timidezze e parlare nel giusto modo ai figli della sessualità senza delegare questo aspetto agli amici o, peggio, ad internet;
  3. non permettere l’uso di facebook prima dei 13 anni, in quanto a quell’età un ragazzino è ancora vulnerabile e non ha la capacità di gestire i social network.
  4. possibilmente affidare ai minori dispositivi muniti di software per limitare la navigazione su internet in determinati siti.

Poi, dove proprio non arriva la prevenzione della famiglia e della scuola arriva la punizione dei comportamenti ai danni dei minorenni.

La Convenzione per la Protezione dei minori sul web, firmata nel 2007 nell’isola di Lanzarote (nelle Canarie) e approvata dal Parlamento italiano con legge n° 172 del 1° ottobre 2012 ha rafforzato le tutele dei minori con l’inserimento nel nostro Codice Penale di due importanti norme: l’articolo 414 bis che introduce nel nostro ordinamento il reato di “Istigazione a pratiche di pedofilia e pedopornografia” e l’articolo 609 undecies che prevede la fattispecie dell’”Adescamento di minori dei 16 anni” attraverso atti volti a carpire la fiducia di un minore con “artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione”.

Dunque in fin dei conti internet, oltre che una risorsa eccezionale è anche uno strumento molto pericoloso. Non solo per i nostri ragazzi ma anche per noi adulti. Il web crea dipendenza e, se utilizzato male, rischia di far perdere del tutto alle persone il controllo della realtà. Tutto quel che si scrive o si fa in rete, inoltre, non può essere cancellato. La rete non dimentica. Scheda, registra. E come è stato illustrato in maniera anche abbastanza esplicita dai rappresentanti della Polizia Postale, tutto quel che è stato scritto o fatto su internet può essere usato contro gli autori. Anche con ricatti e estorsioni.

Su internet si è quasi sempre tracciabili attraverso l’indirizzo IP. Ecco perché è suggerito non solo di USARE RESPONSABILMENTE LA RETE, ma anche, per evitare guai, di PROTEGGERE SEMPRE CON UNA PASSWORD LA PROPRIA RETE WI-FI in modo da evitare che vi si colleghino liberamente persone malintenzionate. Insomma, internet va saputo usare: il pericolo è sempre a portata di mouse.

Cliccando uno dei seguenti pulsanti sociali è possibile vedere la presentazione di Rosario Fiorello al progetto “Una vita da social” della Polizia di Stato.

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